Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
“Reggio Calabria, 50 anni dopo la Rivolta nulla è cambiato”.Parte da questa considerazione di fondo l’analisi impietosa e severa che ne fa Alfredo Iorio, leader e padre spirituale del Movimento “Calabria prima di tutto”, e secondo il quale a Reggio Calabria per esempio, 50 anni dopo la famosa Rivolta nulla è davvero cambiato. In segno di protesta il laeder del Movimento proclama lo sciopero della fame.
“Reggio Calabria, 50 anni dopo la Rivolta nulla è cambiato”.Parte da questa considerazione di fondo l’analisi impietosa e severa che ne fa Alfredo Iorio, leader e padre spirituale del Movimento “Calabria prima di tutto”, e secondo il quale a Reggio Calabria per esempio, 50 anni dopo la famosa Rivolta nulla è davvero cambiato. In segno di protesta il laeder del Movimento proclama lo sciopero della fame.
“Il 14 luglio 1970 a Reggio Calabria iniziava la prima e solo rivolta identitaria e popolare che la storia del nostro Paese abbia mai conosciuto, eppure a cinquant’anni di distanza nulla è cambiato perché le questioni che hanno generato la protesta non sono mai state affrontate dai governi che si sono succeduti”: è questo, in sintesi, il messaggio forte di Alfredo Iorio (Calabria prima di tutto), che nell’anniversario della rivolta ha iniziato una nuova protesta. Diversa nelle forme – Iorio ha iniziato uno sciopero della fame ad oltranza – ma non negli obiettivi: fare luce sulle problematiche di sviluppo della Calabria e chiamare al confronto il governo centrale, colpevole di averla abbandonata al suo destino di povertà e sottosviluppo. “In cinquant’anni nulla è cambiato, al limite è peggiorato: almeno nel 1970 la Democrazia Cristiana e il Partito Socialista ci promisero posti di lavoro e ci lasciarono, come contentino, un polo industriale e siderurgico, che oggi non crea neanche più occupazione, ma porta solo inquinamento e danni alla salute. Qui si muore come a Taranto, solo che di Gioia Tauro neanche se ne parla. La Calabria è scomparsa dalle colonne dei giornali nazionali così come da tutti i programmi di investimento del governo: mentre da Roma a Torino e Milano si viaggia da anni ad alta velocità, qui salutiamo come un successo l’inizio della progettazione della rete veloce, mentre sulla linea jonica si viaggia ancora su un solo binario non elettrificato. Per non parlare della statale 106, la “strada della morte” mai ammodernata…” È lungo il cahier de doléances stilato da Iorio, che lo ha spinto ad iniziare uno sciopero della fame, a cinquant’anni esatti da quel primo sciopero generale indetto a Reggio Calabria il 14 luglio 1970, con l’obiettivo di mettere il governo di fronte alle sue responsabilità in merito al mancato sviluppo di questa regione. “Sono cinquant’anni che le sorti della Calabria vengono decise a Roma da una classe politica che ha lasciato dietro di sé il deserto: non è un caso che siamo in testa a tutte le classifiche di spopolamento, con almeno 5.000 emigrati all’anno. Se l’obiettivo della politica romana è quello di impoverire il popolo per meglio controllarlo o quello di rendere la Calabria una landa disabitata da riempire con i nuovi schiavi portati da fuori, c’è ancora qualcuno che vuole tenere la testa alta. Questa è una terra di briganti e i briganti, si sa, sono come le serpi: finché non le stuzzichi, non ti mordono. Sono cinquant’anni che ci stuzzicano”. “La Calabria rischia di diventare un deserto economico, sociale e culturale, se il Sole della politica continua a guardare altrove e a non illuminarla”: sono le parole di Alfredo Iorio (Calabria prima di tutto), al secondo giorno di sciopero della fame nel cinquantennale dei moti di Reggio Calabria. “E’ necessaria una rivoluzione copernicana, perché questa terra e tutto il Meridione non siano più la periferia dell’impero, dimenticata e bistratta dai nostri governanti, ma il centro di un rinnovato sistema politico. Chiedo per questo che il governo Conte metta in campo un concreto piano di rilancio per il Sud e investa nelle infrastrutture del Mezzogiorno i fondi europei in discussione in queste ore”. “Per questi motivi abbiamo scelto il girasole come simbolo di questa protesta pacifica, un fiore capace di girare la sua corolla per intercettare i raggi del sole: le cose possono cambiare, possiamo girare in nostro favore questo periodo di crisi e la Calabria, terra del sole per eccellenza, può tornare a fiorire e prosperare. Ma le parole non bastano, ci vogliono e pretendiamo azioni concrete”. Ma chi è in realtà Alfredo Iorio? Nato in Calabria, praticamente vive a Roma i suoi anni più importanti, nel Collegio di San Giuseppe De Merode in Piazza di Spagna, la Scuola Cattolica diretta dai Fratelli delle Scuole Cristiane, congregazione di religiosi fondata nel 1680 da s. Jean Baptiste de La Salle e presente in oltre 80 nazioni, con istituti che vanno dalle università alle scuole primarie e materne. “E’ nel 1978 che mi trasferisco a Roma per studiare al San Giuseppe,ci teneva moltissimo mio padre, noto avvocato calabrese.Ma il trasferimento è stato solo parziale. Come tutti i calabresi –confessa- ho lasciato una parte del cuore nella mia terra e il sogno di fare qualcosa per il suo sviluppo si è poi sempre scontrato con la realtà. Ma oggi tutto è cambiato. Quella povertà economica culturale infrastrutturale del meridione si è un pò estesa in tutta Italia. E possiamo non solo sognare ma attuare un riequilibrio necessario ad un ripartenza generale”. Già lo scorso anno – aggiunge ancora Alfredo Iorio- “con l’elezione di un figlio di emigranti al parlamento europeo, Vincenzo Sofo, si era capito che ci sono i margini di un cambiamento. Con lui ci siamo messi al lavoro per progettare una rinascita del sud. Immaginiamo di realizzare un’ Agenzia per la tutela dei beni archeologici Europea in Calabria, di promuovere una televisione per le minoranze linguistiche greco albanesi che sia da ponte per l’Albania in Europa, di istituire la festa regionale dei calabresi con la nuova giunta Santelli, sono questi secondo noi i mezzi per creare una rinascita della Calabria”. E’quanto basta,insomma, per intuire che la sfida è molto alta, ma che questa volta le probabilità di successo potrebbero essere assai diverse e migliori per tutti rispetto al passato.(b.n.)