Franco Califano, “Dieci anni senza di te? Proverò a raccontarli, ma dopo di te… “tutto il resto è noia…noia”

Dieci anni fa, il 30 marzo 2013  moriva uno dei più grandi poeti e protagonista della musica italiana, Franco Califano. Questo è il ricordo personalissimo che ne fa il direttore di PPN News, che per lunghi anni ha collaborato con lui.

di Maurizio Pizzuto
Giovedì 30 Marzo 2023
Roma - 30 mar 2023 (Prima Pagina News)

Dieci anni fa, il 30 marzo 2013  moriva uno dei più grandi poeti e protagonista della musica italiana, Franco Califano. Questo è il ricordo personalissimo che ne fa il direttore di PPN News, che per lunghi anni ha collaborato con lui.

20 milioni di copie di dischi venduti, 32 album pubblicati, migliaia tra opere varie, poesie, scritture e testi musicali. Franco era semplicemente un genio, come tale sregolato, affascinante, avvolgente, conturbante, istrione, guascone, eternamente innamorato della vita.

Una vita, la sua, piena di bellissime donne e di dame di corte, le amava tutte allo stesso modo, con passione immensa e poi le lasciava al loro destino, per riprendere da dove aveva lasciato. Poeta maledetto e sublime insieme, attratto e avvinghiato ai piaceri del lusso, alle tentazioni più sfrenate, lo ricordo eternamente melanconico e fiero della sua solitudine, e anche quando la vita lo portò in carcere per vicende giudiziarie legate alla droga, anche lì in carcere, Franco lasciò il segno della sua presenza e della sua enorme bontà d’animo.

Persino i detenuti più temuti lo chiamavano “Maestro” e lo trattavano con immenso rispetto, come facevano del resto tutti noi che gli stavano accanto. Califfo di nome e di fatto, tale era Franco Califano. Principe e artista insieme, clochard e borghese nell’anima, la sua casa sembrava una reggia incantata, tu ci entravi e ne uscivi estasiato, perché Franco era capace di farti sentire una principessa vera, se eri donna, un re ancora più vero, se eri invece uomo.

Aveva una sola parola d’ordine nella vita, ed era “rispetta i tuoi amici come te stesso”, “ama i tuoi amici come te stesso”, “servi i tuoi amici come spereresti di essere servito dai tuoi genitori”.

Meraviglioso protagonista del mondo dello spettacolo e straordinario bohemienne d’altri tempi, Franco era tutto e il contrario di tutto, rosso e nero nello stesso istante della sua vita, certezza e disperazione, solare e d’improvviso drammaticamente folle, felicità e dissapore insieme, sbruffone, spavaldo, fiero della sua onnipotenza, considerava il palcoscenico l’unica certezza della sua breve esistenza, dominava la scena come nessun altro sapeva farlo, e quando incominciava a cantare veniva fuori la sua anima vera, che era anche anima eletta e maledetta insieme, il suo cuore infiammato da mille passioni, la sua voglia di starti vicino come nessun altro avrebbe saputo fare.

È morto povero, Franco. Ma perché tutto quello che aveva era anche degli altri, degli amici che frequentavano la sua casa, dei conoscenti che andavano a trovarlo per chiedergli aiuto, dei poveri che bussavano alla sua porta senza mai uscirne a mani vuote.

Meraviglioso e indimenticabile chansonnier, amato e odiato insieme, perché era bello e impossibile, statuario e fisicamente onnipotente, ma solo lui con questo suo modo di camminare, di ancheggiare, di dondolare su sé stesso, eternamente vestito di bianco, candido come un angelo, solo lui sapeva conquistare il mondo con una facilità senza pari.

Franco Califano pareva avesse tutto a portata di mano, e quando stavi con lui ti dava la sensazione assoluta e palpabile di essere come lui, imprendibile e superbo come solo lui sapeva esserlo, califfi tra califfi, poeti tra poeti, cantautori tra cantautori.

Mai un lamento, mai una protesta, mai un segno di rancore, mai un dubbio, mai una incertezza, mai una paura, mai un sospiro di noia, eppure passerà alla storia per essere stato il cantore della noia, “tutto il resto è noia…”. Franco era davvero padrone del mondo, padrone della sua intelligenza, bizzarra volitiva a volte schizofrenica, spesso maniacale ma eternamente brillante e sprizzante. Amava lo champagne, ma era lui che pareva fatto di champagne, uomo pieno di bollicine di vita e di entusiasmo, sempre stracarico di emozioni nuove e di sentimenti ossessivi.

Bastava chiedergli chi fossero i suoi amici più cari, e ti sommergeva di ricordi, di aneddoti, di situazioni, di storie e di luoghi vissuti in ogni angolo del mondo, perché nessuno più di Franco si sentiva davvero cittadino del mondo. Ogni qualvolta tornava a casa da un lungo viaggio, o da una tournee all’estero, stracarico di stanchezza di stress e di successi inenarrabili, allora mi cercava, mi chiamava, e mi raccontava le meraviglie incredibili che aveva avuto la fortuna di vivere.

Nella sua esistenza vi è entrato di tutto, nessuno meglio di te, gli ripetevo in continuazione, potrebbe essere chiamato il “frullatore dell’anima”, donne, uomini, angeli e demoni, tutta la sua vita era stata piena di angeli e demoni, amici e nemici, amore e invidia, passione e struggente debolezza psichica, c’era di tutto nel suo piccolo mondo antico, e forse è stato proprio questo tourbillon di emozioni forti che lo ha poi portato inevitabilmente sulla via della disperazione finale e della droga. Non ne parlavamo mai di questo quando stavamo insieme, ma una macchina come la sua, una macchina umana che andava a cento all’ora, il giorno in cui rallentava per un momento e allora lo mandava in tilt, e forse la droga lo aiutava a ritrovare il peso specifico dei giorni felici, portandolo però, alla fine, alla morte dell’anima.

Autore e interprete superbo e insuperabile oggi Franco Califano lascia il ricordo di musiche e di canzoni che hanno segnato la vita e la storia di intere generazioni come la mia, “Tutto il resto è noia”, Me 'nnammoro de te”, “Bimba Mia”, “Avventura con un travestito”, ma ci lascia anche i libri che per un certo periodo della sua vita lo hanno anche immaginato scrittore e romanziere, “Ti perdo, diario di un uomo da strada”, “Il cuore nel sesso”, “Sesso e sentimento” e Calisutra, storie di vita e casi dell'amore raccontati dal maestro”.

Ora vi faccio sorridere, ma ogni qualvolta gli chiedevo chi fossero i cantanti che più gli piacevano, e che più amava fra tutti, non faceva altro che ripetermi un lungo elenco di nomi. All’inizio pensavo mi prendesse in giro, ma lui non si smentiva mai, e ripartiva sempre daccapo, con questo scodellarmi in continuazione i nomi degli artisti che più gli piacevano e che più amava, da Mino Reitano a Peppino di Capri, per arrivare a tutti gli altri, Ornella Vanoni, Gabriella Ferri, Caterina Caselli, Mina, Loretta Goggi, Toto Cutugno, Mia Martini, Donatella Rettore, Iva Zanicchi, Gianluca Grignani, Renato Zero, Edoardo Vianello, Vasco Rossi, Claudio Baglioni, Wilma Goich, , Ricchi e Poveri, Stefano Rosso, Jo Chiarello, Umberto Bindi, Giampiero Artegiani, Michele Pecora, Francesco Nuti, Pippo Franco, Frank Del Giudice, Federico Zampaglione dei Tiromancino . E quando finiva di farmi questo lungo elenco, che ho registrato mille volte mille nella sua casa di Primavalle, perché lui voleva che restasse traccia di questa sua testimonianza viva, allora mi chiedeva in maniera disarmante e con lo sguardo smarrito di un bimbo impaurito “Maurizio, ma credi che io abbia dimenticato qualcuno? Ci sono tutti? “Non vorrei andarmene e aver dimenticato qualcuno”.

Oggi voglio ricordare qui solo alcuni dei suoi successi più clamorosi e a cui lo stesso Franco era fortemente legato, sono brani e canzoni scritte anche per alcuni dei suoi amici più cari, e che oggi fanno parte della storia della grande musica italiana. In testa per tutti Mia Martini “La nevicata del '56” e “Il guerriero”; Ornella Vanoni “La musica è finita”, “Una ragione di più”, “Quando arrivi tu”, “Sto con lui” ; Mina “Amanti di valore”; “Un grande amore e niente più” con cui Peppino Di capri che vinse il Festival di Sanremo 1973); Bruno Martino “E la chiamano estate”; Edoardo Vianello e Wilma Goich con “Semo gente de borgata”, e “Da molto lontano”; Caterina Caselli e “Le ali della gioventù”, prima e poi “Che strano amore” e “Un po' di te”; i Ricchi e Poveri con “In questa città”; Alice con "La festa mia", Loretta Goggi e “Le notti d'agosto”, “Ce stanno altre cose”, “M'ama non m'ama”; Daniela Goggi e “Tu e l'estate”; Patty Pravo “Io so amare così” (2019).

Ma di Franco Califano è anche il testo di “Un'estate fa”, versione italiana di “Une belle histoire”, del cantante francese Michel Fugain scritta per gli Homo Sapiens che l’hanno cantata nel 1972 e riprodotta in chiave moderna nel 1993. Caro Franco, che dirti di più?

Dieci anni senza di te non sono stati più quelli di prima, e quelli che verranno saranno forse peggio.

Di te mi resta dentro sempre il tuo sorriso e la tua stretta di mano, i tuoi abbracci, forti, possenti, come se ci si salutasse sempre per l’ultima volta, ed è stato bello starti vicino, anche nei momenti peggiori della tua vita, ma tu per me continuavi ad essere il Califfo anche con quello sguardo perso e ormai senza più luce.

Arrivederci caro Franco. Prima o poi ci ritroveremo insieme, da qualche parte, e quando ci rivedremo ti prometto, ti porterò il libro che volevi che io scrivessi per te e su di te. Non l’ho dimenticato. Sono quasi alla fine e pronto per darlo alle stampe. Sarà il mio regalo personale per tutto quello che mi hai insegnato.


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