Il successo di Conte è aleatorio. Rocco Turi: “ In Europa chi ha vinto davvero è solo il premier ungherese Orbàn”
Impietosa e durissima contro il Governo Conte la lettura sociologica del Prof. Rocco Turi che da Berlino ci spiega come “La verità è che l’Ungheria, diversamente dall’Italia, ha avuto il grande merito di non accettare a scatola chiusa ciò che l’Unione Europea propina al nostro Governo senza il rispetto delle identità nazionali”.
di Rocco Turi
Domenica 13 Dicembre 2020
Roma - 13 dic 2020 (Prima Pagina News)
Impietosa e durissima contro il Governo Conte la lettura sociologica del Prof. Rocco Turi che da Berlino ci spiega come “La verità è che l’Ungheria, diversamente dall’Italia, ha avuto il grande merito di non accettare a scatola chiusa ciò che l’Unione Europea propina al nostro Governo senza il rispetto delle identità nazionali”.
Il “Fondo Next Generation EU” è stato finalmente approvato perché il premier ungherese Viktor Orbán e il polacco Mateusz Morawiechi hanno tolto il veto, questo è il succo. La differenza con la classe politica italiana al governo è che Orbán e Morawiechi svolgono il loro mandato in difesa degli obiettivi più favorevoli al Paese che rappresentano e ai loro interessi politici, evidentemente.

Tralascio le cause che hanno indotto la Polonia a ritirare il veto perché conosco meno la situazione polacca, ma Orbán ha dimostrato ancora una volta di essere uno dei maggiori strateghi europei. In Italia non si impiega molto tempo a definire “statista” chiunque calchi lo scenario europeo; è stato fatto anche questa volta, e Conte ha avuto la possibilità di affermare che il “Recovery Fund” sarebbe stato approvato “senza rinunciare ai nostri principi”.

Quali fossero tali principi irrinunciabili non è dato sapere, dal momento che, al guinzaglio dell’Unione Europea, il nostro governo, pur essendo in “stallo politico”, aspettava da tempo la sua approvazione per impellenti necessità di utilizzare ben 209 miliardi; non è dato ancora sapere in che modo.

La vera notizia per giungere alla decisione finale è consistita nell’intervento di Angela Merkel che sulla scorta degli ottimi rapporti con i due “oppositori”, soprattutto con Orbán, è riuscita a concludere un accordo che li soddisfa ampiamente nel difendere gli interessi delle rispettive nazioni.

In Ungheria si dava per scontato il voto favorevole di Orbán già tre giorni prima. Lo si capiva da quanto veniva scritto, la cui traduzione letterale era pressappoco questa: “Orbán ha spinto giù la Merkel”.

Già tre giorni prima il succo del discorso era il seguente: “La richiesta più importante di Orbán sembra essere soddisfatta, laddove lo Stato di diritto non lo danneggia perché non può essere applicato immediatamente.

Orbán aveva bisogno di due anni e gli sono stati accordati”. Oggi invece ci si esprime così: “Il vero vincitore è stato Orbán perché da una posizione quasi completamente sfavorevole ha realizzato un capolavoro”. Certo, la piccola opposizione interna ungherese attribuisce responsabilità alla Merkel e al rapporto di amicizia che ha con Viktor, perché con il suo accordo, “chiudendo gli occhi per due anni può dare, indirettamente, un enorme contributo alla vittoria di Orbán nel 2022”.

Già, perché il problema di Orbán era quello di “non essere disturbato in casa” esattamente per almeno due anni, allo scopo di affrontare la campagna elettorale e le elezioni che già da ora si delineano come un nuovo trionfo. La minoranza politica interna è quasi rassegnata e si augura che l’egemonia della Merkel nella politica europea finisca quanto prima, affinché anche Orbán ridimensioni la sua forza.

Nel frattempo, l’Ungheria può continuare a ricevere finanziamenti e l'attuale situazione relativa al prestito di bilancio sarà favorevole per almeno 7 anni.

Quale migliore soluzione? Orbán festeggia ed è il solo a poter dichiarare che il “Next Generation EU” è stato approvato “senza rinunciare ai nostri principi”. Ecco perché, senza pronunciare la locuzione “statista” (che è tutt’altra cosa dall’interpretazione italiana, alla quale prima o poi dedicherò un nuovo intervento) Orbán può essere realmente definito uno dei maggiori strateghi nella politica Europa, laddove gli italiani si fanno tenere per mano e guidare come incapaci. 

Pensare che un Paese di appena dieci milioni di abitanti abbia tanto peso nello scacchiere europeo la dice lunga sull’ostilità che molto spesso giunge attraverso la stampa italiana, poco libera perché finanziata dallo Stato, che a priori, senza vergogna e senza conoscere l’Ungheria e la sua storia, attacca Orbán per la sua presunta politica contro i diritti umani, per la xenofobia e il razzismo.

Niente vero, ovviamente. Infatti, la deputata europea Enikő Győri ha recentemente tenuto a dichiarare in una intervista che il suo Paese, l’Ungheria, esalta i valori cristiani ed è contro l’immigrazione illegale che gran parte della stampa italiana difende.

Quale eresia sarebbe in Ungheria? Oltre a essere uno Stato con una Costituzione rinnovata e rispettata, l’Ungheria è un Paese profondamente cattolico, ma in onore della solidarietà non è disponibile a violare qualsiasi illegalità anche sulle orme di Re Stefano.

Oltre a fondare lo Stato e la Chiesa ungherese, Re Stefano fu eletto ad onore degli altari, divenne il primo Re Santo e il suo spirito ha continuato ad essere attuale per oltre mille anni. L’eredità storica del Paese risulta essere sempre legata a quei valori cristiani, che si rispecchiano in una precisa e inequivocabile identità costituzionale in cui anche il matrimonio fra uomo e donna è imprescindibile dalle moderne interpretazioni progressiste.

Chi dubita di tutto ciò va oltre i valori cristiani originari, per inoltrarsi inevitabilmente in politica. Per approvare la sua Costituzione, l’Ungheria ha lavorato ben due legislature affrontando tutti gli aspetti della società e ogni passaggio è stato valutato anche nelle virgole, approvato attraverso lunghi dibattiti popolari; ma tutto ciò vale in ogni Paese ed è questione interna che esclude interferenze.

Quindi l’Ungheria è un Paese libero che accetta le differenze maturate in altri, ma nessuno dovrebbe pretendere, ad esempio, di sindacare nel diritto di famiglia che è prerogativa nazionale, così come nessuno ha l’autorità di imporre l’eliminazione del burka nei Paesi in cui esso è obbligatorio.

Il popolo ungherese è profondamente legato alla sua storia e la classe politica di ogni tempo ha sempre condiviso gli stessi obiettivi senza dimenticare il mandato ricevuto o agire indipendentemente dalla volontà popolare.

Questo è il motivo per cui Orbán gode ancora di tanta popolarità interna. Se quindi i giornali italiana, ad esempio “Il Fatto quotidiano”, accusano Orbán di essere ultraconservatore solo perché difende la famiglia nella sua essenza e di essere “intollerante verso Lgbt, contrario al matrimonio fra gay e nemico persino della marijuana”, sarebbe necessario farsi una ragione perché è questione interna al Paese; e sulle questioni interne la classe politica ungherese non agirà mai in antitesi alla maggioranza della volontà popolare.

Ancora una volta ho chiara convinzione dei motivi per cui il giornalismo italiano gode di pessima reputazione mondiale. In Italia non si perde occasione di attaccare l’Ungheria su un cliscé fatto di balle inventate e non ho mai visto sui giornali italiani un’analisi seria sul Paese danubiano il quale, nonostante sia stato ingiustamente penalizzato dal Trattato del Trianon, ha saputo affrontare a testa alta le avversità politiche ed oggi anche l’ostilità strisciante di una classe politica e mediatica europea che poco sa dell’Ungheria, ma ha l’obiettivo di snaturare la sua storia, la sua cultura e la sua etica.

Qualche anno fa, addirittura, in un documento, l’Ambasciata ungherese in Italia si sentì costretta a dare una lezione alla stampa del nostro Paese, chiarendo tutti gli errori commessi dal giornalismo italiano nell’interpretare la politica ungherese. Da allora niente è cambiato perché in Italia si ragiona per partito preso, per destra e sinistra.

Il semplice fatto che Viktor Orbán sia saldamente posizionato a guidare il suo Governo viene osservato come aspetto negativo; ma sappiamo bene in che modo il confronto viene fatto con il nostro Paese, in cui ci si illude che la conflittualità interna sia sinonimo di democrazia e non di becero interesse personale. Ma la democrazia ungherese ha radici antiche; Re Mattia Corvino, detto “Il Giusto”, ad esempio, era abituato a viaggiare per il Paese camuffandosi tra i cittadini allo scopo di capire quali fossero i problemi e in che modo risolverli: tutto ciò è rimasto vivo ancora oggi e l’attuale Governo incarna la continuità storica dello spirito ungherese. Questo è il motivo per cui Orbán gode ancora di tanto consenso.

La verità è che l’Ungheria, diversamente dall’Italia, ha il merito di non accettare a scatola chiusa ciò che l’Unione Europea propina senza il rispetto delle identità nazionali. Tutto questo è potuto accadere in Italia in cui c’è un’interessata classe politica esterofila ed antitaliana per cui ogni cosa debba essere approvata indipendentemente dai risvolti negativi.

Un esempio è l’Accordo di Dublino in cui il governo italiano non ha avuto il coraggio di porre un veto ed è causa dell’invasione di tanti profughi. A pessima scusante dell’Italia è che quell’Accordo fu molto probabilmente votato senza che nessuno abbia letto preventivamente i contenuti. Ci sarebbe da scommettere. La diversità con l’Ungheria è che il suo Governo è capace di porre un veto a ciò che è contro gli interessi nazionali, anche se a volte è disponibile ad assecondare le esigenze dei Paesi europei in difficoltà.

Un esempio è proprio il “Recovery Fund”, per sostenere i Paesi europei a seguito della pandemia. Bene, l’Ungheria ha letto il contenuto dello strumento di ripresa temporanea; il deputato europeo Enikő Győri aveva ben spiegato che nel documento non c’era chiarezza e l’Ungheria non accettava le regole esterne che avrebbero interferito sul funzionamento dello Stato.

Il Governo ungherese ha ora accettato di votare favorevolmente anche per dare una mano agli Stati meridionali, come l’Italia, a rischio di default e succube dell’Unione Europea a causa del suo debito.

Ma l’Ungheria è consapevole che l’Unione Europea ha una visione politica priva di futuro in cui i Paesi continueranno ad essere uno contro altro. In questa prospettiva, e nonostante il voto favorevole di oggi, per l’Unione Europea non c’è ancora un futuro stabile.

Sospendendo il veto e offrendo la solidarietà a favore del “Fondo Next Generation EU”, l’Ungheria ha dato una mano e viaggia a testa alta. Se la stampa italiana fosse più libera e non scegliesse i suoi interlocutori con una semplice telefonata ad amici per confermare le proprie tesi, già scritte, capirebbe forse qualcosa in più sulla società e sulla politica ungherese.

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