Rai3, #NicolaGratteri sulla scia di #GiovanniFalcone, MassimoGramellini ricorda #Capaci e le stragi di #Mafia

28 anni dopo la Strage di Capaci, RAI3 chiama il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri per ricordare Giovanni Falcone, e Gratteri non esita a riconoscere: “Falcone? Un fuoriclasse assoluto.”

di Pino Nano
Domenica 24 Maggio 2020
Roma - 24 mag 2020 (Prima Pagina News)

28 anni dopo la Strage di Capaci, RAI3 chiama il procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri per ricordare Giovanni Falcone, e Gratteri non esita a riconoscere: “Falcone? Un fuoriclasse assoluto.”

Serata formale e per certi versi solenne, quella di ieri sera su rai3, interamente dedicata al ricordo della Strage di Capaci e alla morte di Giovanni Falcone. Sono le 21 in punto quando il conduttore presenta il suo nuovo ospite: “Ed ora colleghiamoci con un magistrato che si muove sulla scia di Giovanni Falcone, e che si chiama Nicola Gratteri…”. Massimo Gramellini, editorialista del Corriere della Sera, ma soprattutto scrittore di grande talento e volto noto della TV di Stato, nel corso di “Le parole della settimana”, in onda ieri sera su RAI3, presenta e ringrazia Gratteri per la sua partecipazione al programma come una “persona speciale”, un numero-uno in senso assoluto, e soprattutto come il magistrato italiano che a giudizio del grande giornalista può ricordare nella maniera migliore possibile l’impegno di Giovanni Falcone, ma anche il ruolo, le battaglie la solitudine e il sacrificio che alla fine di un lungo percorso portarono poi alla strage di quel 23 maggio 1992, a Capaci, alle porte di Punta Raisi, proprio di fronte l’isola delle Femmine. Perché non dirlo? È sempre più raro ormai assistere in televisione a tanto garbo istituzionale, ma ieri sera già il modo in cui Massimo Gramellini ringrazia il procuratore Gratteri per la sua partecipazione al programma, in collegamento via Skype dalla stanza di lavoro di casa sua, la dice lunga sul “sentiment” generale di ammirazione e di rispetto che il mondo mediatico ha ormai per il magistrato calabrese. Ma lui, Nicola Gratteri, per la verità non si smentisce neanche in questa occasione. Si mostra anche leggermente impacciato, soprattutto all’inizio. Riesce a dire a mala pena “buona sera”, ed è anche stranamente molto elegante, con questa sua giacca di lino chiara e una camicia bianca appena inamidata, cosa davvero rara per la nevrosi e le corse che giornalmente l’uomo vive a palazzo di giustizia. La prima cosa che Nicola Gratteri dice, rispolverando immediatamente la sua solita determinazione, riguarda proprio Giovanni Falcone: “Non facciamo confusione, per favore. Giovanni Falcone era un uomo che guardava in avanti, che viveva avanti di vent’anni. Un fuoriclasse nella vita, nessun paragone con nessun altro”. Come dire? Giovanni Falcone rimarrà per sempre un pezzo fondamentale della nostra storia passata presente e futura. Inimitabile, e a suo modo anche irraggiungibile. Massimo Gramellini prova allora a portare Nicola Gratteri su uno dei terreni di gioco più “scottanti” del momento, la crisi del sistema-giustizia-Paese, lo tsunami prodotto dal Caso-Palamara, anche se mai citato in trasmissione, la guerra intestina tra magistrati di varie procure, e infine il concetto sostanziale di “invidia”, che quando si insinua anche nei gangli dello Stato può diventare davvero letale. Ma Nicola Gratteri se ne tiene debitamente lontano. In pubblico, da che noi lo conosciamo, Nicola Gratteri non parla mai di colleghi, di magistrati, di inchieste in corso, o di vicende in qualche modo comunque legate al mondo della giustizia. Peggio ancora se si parla di polemiche istituzionali. Ogni qualvolta gli capita qualche “incursione” come questa di ieri sera, assolutamente legittima e quasi innocente da parte di Massimo Gramellini, lui usa sempre toni molto riservati e rispettosissimi verso tutti. Si limita invece ad un solo commento, lapidario, fulminante, emblematico, ma dentro ci sta probabilmente tutto lui, e tutto quello che pensa ma non può dire: “E’ vero, l’invidia è una brutta bestia”. Del resto, lo si è visto con Giovanni Falcone, più che con altri. Odiato a morte da Cosa Nostra, braccato e inseguito dalle mafie dominanti del tempo, nemico dichiarato di Totò Riina, alla fine Falcone era riuscito a trovare nemici anche altrove, non solo a Palermo ma anche a Roma, nel cuore pulsante dello Stato-padrone, forse apparati deviati, forse altro ancora, e quando Cosa Nostra intuì che anche ai massimi livelli istituzionali Falcone era rimasto completamente solo, o peggio ancora continuava ad essere un personaggio scomodo, mal sopportato e mai amato dal potere dominante, allora lo eliminarono senza colpo ferire. Ci sono poi voluti 28 lunghi anni per farne un eroe nazionale. Ci dispiace molto dissentire, questa volta, con il procuratore Nicola Gratteri, ma ha ragione da vendere Massimo Gramellini quando nel presentarlo al suo pubblico sottolinea che “Sulla scia di Giovanni Falcone oggi c’è anche Nicola Gratteri”, un uomo che come Falcone , o come Paolo Borsellino, non conosce vita privata, che da trenta ininterrotti lunghi anni della sua vita si muove sotto scorta e sfida le cosche più potenti del Paese, che non conosce un momento di pausa, non sa cosa sia una vacanza normale, non vede un film al cinema da quando era ancora studente universitario a Catania, non fa una passeggiata sul lungomare di Locri da quando ancora ragazzo faceva la corte a quella che sarebbe poi diventata la madre dei suoi figli, una vita difficile, quasi infernale, a sprazzi schizofrenica, interamente dedicata e “venduta” alla sua mission di grande investigatore, magistrato integerrimo, serenità zero, rinunce dietro rinunce, e intanto gli anni sono volati via, impossibili da recuperare sotto tutti i profili, anni di interminabile solitudine, ma a cui era stato ben educato da ragazzo dai suoi genitori. A Massimo Gramellini, con la sua tradizionale e proverbiale semplicità di sempre, ma che dà il senso autentico dell’uomo-Gratteri, il procuratore di Catanzaro racconta della sua infanzia a Locri quando: “Tornavamo da scuola, e ci toglievamo le scarpe per non consumarle, e man mano che io crescevo i miei pantaloni passavamo a mio fratello più piccolo, e lo stesso si faceva con i cappotti e le scarpe. Eppure, noi non eravamo così poveri. I veri poveri, ricordo, mangiavano una volta al giorno, noi invece riuscivamo a mangiare anche tre volte al giorno”. Massimo Gramellini gli chiede poi “Si ricorda dove era lei il giorno in cui Falcone venne ucciso? “Ero a lavoro -risponde Nicola Gratteri-, ero a Bologna in carcere, avevo degli interrogatori da fare, e ricordo che ad un certo punto sentii un rumore inconfondibile, il tintinnio delle sbarre delle celle che venivano battute da qualcuno. Chiesi alle guardie carcerarie cosa stesse succedendo, e mi risposero che era arrivata tra i detenuti la notizia dell’Attentato di Capaci e della morte di Giovanni Falcone. Un giorno tristissimo per tutti”. Massimo Gramellini insiste: “Giovanni Falcone non faceva che ripetere “Follow the Money”, “Segui il denaro…e troverai Cosa nostra”. Vale ancora oggi tutto questo? Gratteri non ha dubbi, la sua risposta è quasi allarmante. “Non basta più seguire il denaro. Vent’anni dopo la morte di Giovanni Falcone è molto più importante e utile inseguire e indagare i paradisi fiscali. Perché è lì che le mafie investono il loro patrimoni. Le mafie hanno soldi all’infinito, nascosti dovunque, sottoterra o nei bidoni dell’olio. Devono poterli utilizzare in qualunque momento, e allora cercano i paradisi fiscali migliori. Depositano cinque milioni di dollari, o di euro, poi si presentano in una qualunque banca di New York e prelevano tutto quello che gli serve, forti della garanzia del deposito già effettuato nei paradisi fiscali prescelti”. Questo su un versante. Su un versante invece diametralmente opposto, e qui la grande contraddizione dei tempi, un padrino riconosciuto o un boss della mafia magari miliardario perché smercia la droga colombiana in Europa e in Italia, trova anche il tempo per presentare la sua brava domanda di reddito di cittadinanza. Come si può spiegare questo “assurdo”? Gratteri sorride, ma si capisce lontano un miglio che nessuno meglio di lui conosce questo mondo e questo fenomeno come le sue tasche, e a un Massimo Gramellini quasi spaesato offre su un piatto d’argento una riposta da filosofo “Sa, l’ingordigia non ha limiti”. Ecco forse il grande vero limite della mafia moderna. Che da una parte conquista e gestisce i veri paradisi fiscali del mondo, ma dall’altra parte rimane visceralmente attaccata al vecchio principio contadino che “nulla va buttato”. E quindi, ben venga per tutti anche il reddito di cittadinanza. Cosa che forse né Beppe Grillo, né il giovane ministro Luigi Di Maio avrebbero mai potuto immaginare quando, insieme a Gianroberto Casaleggio, pensarono per la prima volta ad un sussidio da elargire ai più poveri del Paese.


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