Un Governo di salute pubblica per salvare l’Italia e far rialzare il Paese da una crisi che neanche la guerra…

Emergenza Covid-19.

di Mario Nanni
Martedì 10 Marzo 2020
Roma - 10 mar 2020 (Prima Pagina News)

Emergenza Covid-19.

Un temporale estivo, nella Milano del ‘600 aggredita dalla peste, fu il segnale, anche simbolico, che la furia del morbo si era placata e che la salvezza era vicina. Così ci narra Manzoni nei ‘’Promessi Sposi’’. Nell’Italia flagellata dal coronavirus, l’estate è ancora lontana e un temporale oggi proprio non servirebbe.

Allora, davanti all’infuriare del virus venuto dalla Cina che sta mettendo in ginocchio l’Italia, qual è l’avvenimento che potrebbe essere l’equivalente simbolico e non solo simbolico del temporale liberatore?

Non è un giochino intellettuale, del resto non è proprio aria.

Ma un ragionamento politico e civico. E’ un po’ lungo, necessariamente, con qualche pezza d’appoggio, ma anticipo subito la conclusione: l’Italia ha oggi bisogno di un governo di salute pubblica. No, non pensate alle solite formule politichesi già logore e logorate dal tempo: governo di larghe intese, governo di solidarietà nazionale, vecchi refrain che oggi stonerebbero.

No, proprio un governo di salute pubblica, anche in senso letterale, perché riguarda le tasche, i beni, il futuro degli italiani, ma soprattutto la pelle, la salute, la loro vita.

C’è una situazione inimmaginabile e nessuno è in grado di dire dove ci porterà, se escludiamo la legione di esperti, virologi in guerra tra di loro, futurologi della domenica, che rimbalzano noiosamente da un salotto televisivo a un altro o scorrazzano nel brulicante mondo dei social, finendo per aumentare la confusione che è già tanta sotto il cielo.

E le cose, a differenza di quanto diceva Mao, non vanno affatto bene.( Il leader cinese che giocava con il paradosso diceva: ‘’Grande è il disordine sotto il cielo, perciò le cose vanno bene’’).

C’è qualcuno che parla di coprifuoco o di tempo di guerra. Ma qualche anziano obietta: è peggio dei tempi di guerra, perché allora le scuole continuavano a funzionare, la gente si incontrava, continuava a vivere e a godersi la vita, sia pure nelle circostanze date, o insieme correva ai rifugi durante i bombardamenti. Soprattutto, la vita sociale era ridotta ma non spezzata e colpita al cuore, come ora. ‘’Nessun uomo è un’isola’’, diceva il poeta inglese John Donne.

Ma il coronavirus ci sta riducendo a tante piccole, minuscole isole umane, a tante monadi, dove il metro, metro e ottanta che deve separare una persona dall’altra acquista una valenza quasi metafisica che va al di là della fisica distanza.

Il governo, colto alla sprovvista, sta cercando di tamponare, è il caso di dirlo, la situazione, aggravando la durezza dei primi provvedimenti, forse timoroso del fatto che se li avessi presi così fin dall’inizio le opposizioni avrebbero protestato e criticato. Ma tanto, le opposizioni criticano lo stesso e il governo si trova anche ad affrontare, oltre ai problemi immani e senza precedenti di un Paese ‘’chiuso per coronavirus’’, anche le critiche più o meno frontali di varie Regioni, specialmente di quelle governate dal centrodestra.

Sono peraltro, sia detto di passaggio, gli effetti di un regionalismo squilibrato e malinteso, rivelatosi in questa versione nefasto per il Paese. Alla fine della ‘’nottata’’, anche nell’ambito di un ripensamento istituzionale della Repubblica, andrà messo mano a una revisione delle competenze regionali, ponendo fine al balletto inconcludente della legislazione concorrente. I danni all’economia sono già in atto, e solo dio sa a quanto ammonteranno, e stanno colpendo tutti: imprese, negozi, turismo.

Negozi, e non solo quelli cinesi, che rischiano la chiusura o sono stati già chiusi; alberghi deserti su cui sta per abbattersi e in parte si è già abbattuta la mannaia delle disdette; imprese che vanno verso un destino di fallimento; persone che rischiano di perdere il lavoro; ma anzitutto italiani che stanno perdendo la vita, un po’ per l’infuriare del virus, ma anche per una propagazione del contagio dovuta a varie leggerezze.

Per fare solo alcuni esempi: nonni che prendono in custodia i nipoti e pensano bene di farli distrarre portandoli ai supermercati; meridionali che studiano e lavorano nel Nord e sono saltati sui treni diretti al Sud; bar e ristoranti , pub e discoteche, affollate, prima che il decreto lo proibisse.

Non è ancora tempo di tirare le somme dei disastri in termini economici di questa vicenda, anche perché non si sa quando finirà ‘’ a’ nuttata’’; si scommette e si spera sulle quindicine, si confermano e si prorogano i provvedimenti di quindici in quindici giorni. Nella speranza che registrato il picco incominci la parabola discendente.

Ma quando saranno fatti i conti dei danni, si scoprirà che occorre un piano poderoso di ricostruzione del Paese, una ricostruzione di tipo post bellico: chiamiamolo, per capirci, piano Marshall, piano europeo (se l’Europa non sarà matrigna ma avrà cuore e testa per intervenire): per far rinascere le imprese fallite; per sostenere quelle che sono riuscite a stare in piedi ma sono gravemente colpite, per fare un piano di investimenti e di rigenerazione del Paese.

Occorreranno decisioni gravi e responsabili e soprattutto condivise. A parte eventuali aiuti internazionali, sarà l’Italia soprattutto a dover risolvere i suoi problemi.

Dovranno essere prese importanti decisioni a livello di governo e di parlamento. La domanda a questo punto sorge spontanea: un governo come l’attuale, che ha una opposizione agguerrita e forte, sarebbe in grado di prendere decisioni importanti, drastiche, coraggiose ma soprattutto condivise da tutto il popolo italiano? Non è certo.

Forse non avrebbe la forza. Di qui la conseguenza che l’Italia, qui e ora, ha bisogno di un governo forte, unito, con la più ampia base parlamentare di sostegno possibile: per affrontare insieme l’emergenza attuale e poi per varare un vasto piano di rinascita, di un Paese che non occorre la lampada di Aladino per capire che, quale che sia la durata della situazione sanitaria, uscirà stremato, impoverito, annichilito.

Il compito di questo governo di salute pubblica, si spera, avrebbe davanti a sé un compito immane, ma forse facilitato dal fatto che gli Italiani saranno usciti da questo incubo con qualche idea chiara in più sul vero valore delle cose e sulla gerarchia di priorità da dare ai ciò che più conta nella vita. Un governo di salute pubblica, va da sé, affronterebbe o dovrebbe affrontare la situazione ora e dopo con il massimo di compattezza.

Essendo inimmaginabile che si mettessero a litigare mentre la casa brucia, o con una casa già gravemente devastata. Anche per non dare ragione a Tito Livio: Dum Romae consulitur Saguntum expugnatur: mentre a Roma si discute (si litiga, NdR), Sagunto viene espugnata.

Se c’è un momento, ora o mai più, in cui le forze politiche sono chiamate a remare tutte nella stessa direzione, un momento in cui tutti i partiti debbono essere coinvolti nella gestione della emergenza e del post emergenza, senza distinguo e senza impancarsi a primi della classe, quel momento è ora.

Poi, messa a posto la ‘’casa Italia’’, si potrà, si dovrà tornare alla dialettica e al confronto politico tra i partiti, nei ruoli di maggioranza e di opposizione che gli Italiani usciti dall’incubo avranno deciso.


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Prima Pagina News

coronavirus
governo
PPN
Prima Pagina News
salute pubblica

APPUNTAMENTI IN AGENDA

SEGUICI SU