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È impietosa l’analisi che uno dei prelati più seguiti e stimati dal potere Vaticano dà oggi sul processo al cardinale Becciu, che Filippo Di Giacomo difende senza se e senza ma.
È impietosa l’analisi che uno dei prelati più seguiti e stimati dal potere Vaticano dà oggi sul processo al cardinale Becciu, che Filippo Di Giacomo difende senza se e senza ma.
In una intervista esclusiva rilasciata al direttore di Bee Magazine Mario Nanni, storico giornalista parlamentare dell’ANSA, don Filippo Di Giacomo -uno degli intellettuali più vicini alla Santa Sede e che in RAI spiega ogni domenica alla messa dell’Angelus le ragioni del Santo Padre- definisce il processo Becciu un processo tutto mediatico, e di Becciu esalta le sue qualità umane e morali. Queste alcune delle sue risposte alle domande di Mario Nanni.
Una domanda questa volta all’avvocato versato in utroque jure: come giudica il comportamento del promotore di giustizia che ha posto gli omissis su oltre cento messaggi whatsapp e mail, che probabilmente avrebbero scoperchiato un vaso di Pandora facendo emergere manovre, maldicenze, spifferi perfino alle orecchi del Papa, sempre contro il cardinale Becciu?
E’ la conferma della recita a soggetto, su un copione scritto in anticipo. E comunque va detto che al momento della sua nomina a sostituto, la compagnia di giro che spolpava le casse vaticane era già all’opera, onnipotente, onnipresente e garantita da tutto il cucuzzaro. Il cardinale Becciu ne è stato vittima, non il regista come dice Diddi che oltretutto, per cultura, appartenenza e sensibilità oltre a non sapere cosa sia la Santa Sede ha anche dimostrato ampiamente di essere incapace di distinguere un’Ostia consacrata da un uovo al tegamino.
Sull’animo del credente quale effetto potrà avere lo spettacolo di questo processo, su cui è stata costruita una bolla mediatica, che si è poi sgonfiata ma ha fatto tanti danni e non solo al cardinale?
Causerà un’enorme confusione tra Vaticano, istituzione strumentale per garantire la libertà del Papa, e la Santa Sede che per sua natura è lo strumento attraverso il quale il Sommo Pontefice esercita il Ministero petrino. Vedere la Santa Sede vaticanizzata, sottomessa cioè ad uno sbrindellato ordinamento statale, è come se il Papa stesse segando il ramo sul quale è seduto. Come sommo pastore della Chiesa, attraverso la Santa Sede, ente morale internazionale, ha rapporti praticamente con il mondo intero. Come capo di uno stato di 46 ettari, con poche centinaia di abitanti, una forma di governo quasi metafisica, senza economia e interscambio commerciale, chi lo prenderà in considerazione?
Nel corso delle 65 udienze le accuse al cardinale Becciu sono giorno dopo giorno miseramente cadute, con carte e testimonianze. E tuttavia il promotore di giustizia è stato insolitamente duro e ha chiesto sette anni.
Più che altro, direi che quello che colpisce è il fatto che il promotore abbia chiaramente detto che l’unico per cui ha chiesto la pena massima è il cardinale perché il cardinale stesso non si sarebbe pentito ma anzi si sarebbe difeso durante il processo. In pratica, se uno si proclama innocente e cerca di difendersi non ha diritto, secondo questa argomentazione, nemmeno alle attenuanti generiche. Se non facesse piangere, farebbe ridere: un pubblico ministero che secreta le probabili prove favorevoli alla difesa che definisce “brutta persona” un vescovo cardinale della Chiesa davanti al tribunale vaticano. Il bue che dice cornuto all’asino.