“Il mio amico Carlo Levi”, Roma in festa per i 100 anni di Mario Carbone

Fotografo straordinario e documentarista davvero come pochi in Italia, protagonista assoluto della fotografia e del neorealismo italiano negli anni in cui le foto in bianco e nero narravano nel mondo la bellezza, ma anche le mille tragedie dell’Italia di quegli anni.

di Pino Nano
Giovedì 09 Maggio 2024
Roma - 09 mag 2024 (Prima Pagina News)

Fotografo straordinario e documentarista davvero come pochi in Italia, protagonista assoluto della fotografia e del neorealismo italiano negli anni in cui le foto in bianco e nero narravano nel mondo la bellezza, ma anche le mille tragedie dell’Italia di quegli anni.

100 anni ancora ben portati. Roma si prepara a celebrare la settimana prossima al Museo del Louvre di Via della Reginella il grande fotografo calabrese originario di San Sosti Mario Carbone. La sua lunghissima storia artistica copre quasi un secolo, che va dal carretto trainato a mano al raggio laser, passando attraverso i luoghi dell’Italia rurale fino alle grandi metropoli, con un occhio sempre attento verso le celebrità dell’arte e gli autori, così come le persone comuni, le strade. Le sue intuizioni -anticipa il suo biografo ufficiale Giuseppe Daddino- come le foto dal televisore della metà degli anni ’60, il teatro Patologico, il primo (ed ultimo) “Festival della Poesia” di Castel Porziano sono storia della fotografia. Così come l’aver dato risalto ai temi di attualissima presenza nella nostra vita quotidiana, alle grandi manifestazioni politiche come Valle Giulia del 1968 e alla satira politica (oggi meme di internet). 

 

Per questo questa “festa” a sorpresa in programma per il prossimo 15 maggio presso il museo del Louvre di Roma, curata personalmente da Giuseppe Casetti, sarà arricchita da 10 immagini scelte ed inedite di Mario Carbone, alle quali si unirà la presentazione da parte di Giuseppe D’Addino dei finalisti del Premio Fotografico a lui dedicato giunto alla settima edizione. 

 

-Ma chi è Mario Carbone-fotografo? Fotografo straordinario e documentarista davvero come pochi in Italia, protagonista assoluto della fotografia e del neorealismo italiano negli anni in cui le foto in bianco e nero narravano nel mondo la bellezza, ma anche le mille tragedie dell’Italia di quegli anni, oggi all’età di 100 anni appena compiuti, questo straordinario artista calabrese che ormai vive a Roma, dietro Corso Francia, al numero 26 di Via Girolamo Boccardo e a ridosso della collina Fleming, apre finalmente le porte del suo studio al mondo dei media, mette in mostra il suo immenso archivio storico, che è quanto mai ricco di immagini e di storia vera di questo nostro Paese. 

 

“Questo archivio -racconta il vecchio patriarca dei fotoreporter italiani- rappresenta la mia vita: ci sono migliaia e migliaia di fotografie. Adesso lo sto ancora riordinando, non si finisce mai, nel corso degli anni e sono venute fuori fotografie che neanche ricordavo di aver fatto. Sono migliaia di fotografie, scatti e riprese effettuati in tutto il mondo, Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Olanda, India, l’Italia rivoltata come un calzino, migliaia di scatti inediti che raccontano la storia di questi ultimi 70 anni in Italia. La cosa che più mi inorgoglisce e mi commuove è il rivedere ora tutte queste vecchie fotografie, che avevo dimenticato completamente e che oggi mi riportano indietro nel tempo, come se fossi ancora lì in prima fila a raccontare il mondo che mi girava intorno. Pensa che ho riscoperto nella mia memoria viaggi di cui avevo perso ogni frammento di ricordo, tanti sono stati i viaggi per il mondo in tutta la mia vita”. Addirittura, avevo dimenticato molte di quelle foto, in quei viaggi, tantissimi, lungo la mia lunga vita. E quando io non ci sarò più, il che vuol dire molto presto, allora l’archivio resterà a mio figlio Roberto, sarà completamente suo e spero che lui lo usi nel migliore dei modi. Sarebbe un delitto che tutto questo materiale storico andasse disperso, o peggio ancora ignorato e distrutto”. 

 

La sua storia, ripresa dai dépliant della sua mostra all'istituto italiano di cultura di New York e l'acquisizione delle sue foto al Metropolitan Museum di New York, ha fatto ormai il giro del mondo. Nato in Calabria, a San Sosti nel 1924, in un epoca di grande povertà ed emarginazione, Mario Carbone apprende giovanissimo il mestiere di fotografo, dal ritocco alla stampa, dalle foto-tessera ai ritratti, svolgendo un primo lungo apprendistato in un piccolissimo e anonimo laboratorio fotografico di Cosenza. guidato dal suo maestro fotografo che era Giuseppe Malito di Pedace.  

 

Tutta la sua vita artistica lo vedrà infatti “testimone del suo tempo”, osservatore scrupoloso e analista severissimo delle condizioni di vita sociale e politica di quegli anni. A partire dal viaggio che fece con Carlo Levi in Lucania nel 1960, alle prime immagini dell’alluvione di Firenze del 1966. Dal terremoto del Belice del 1968, alla manifestazione studentesca di Valle Giulia, Mario Carbone opera con la macchina da presa e con quella fotografica in quello che egli stesso definisce “un modo intuitivo, spontaneo e non meditato”. 

 

Mario Carbone vive da protagonista gli anni del secondo dopoguerra, della rivoluzione industriale, del benessere e della povertà, dell’arte contemporanea, documentandoli in innumerevoli opere, in una storia che parla per immagini. La sua ricerca ha come protagonisti assoluti le persone “senza volto”, gente semplice, che nessuno conosce, soprattutto i contadini, poi vengono i vecchi e i bambini, e non viene mai meno al suo ruolo specifico di documentarista, sia che l’artista utilizzi la macchina fotografica sia che preferisca la cinepresa. 

 

Con una propria cinepresa, ancora giovanissimo decide di filmare le manifestazioni politiche e sociali del suo tempo, un'attività quasi volontaria, che prosegue per tutti gli anni Sessanta, anche grazie al rapporto che si stabilisce con la Unitelefilm, la società di produzione promossa dal Partito Comunista Italiano. Nel corso di un decennio, Mario Carbone racconta e “firma” con la sua macchina da presa le lotte operaie alla Zanussi (Uomini nella fabbrica, 1964), l'occupazione delle terre a Melissa in Calabria, (Sedici anni dopo, 1967), la condizione del lavoro contadino al Sud (Dove la terra è nera 1966), ma indimenticabile sarà. La rivolta degli studenti alla facoltà di architettura di Roma.

 

Oggi a 100 anni Mario Carbone è più presente che mai, e soprattutto ricorda ancora tutto questo con una lucidità fuori da ogni possibile immaginazione. Un evento per il mondo della fotografia.


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