Addio a Cesare Romiti ex Ad e Presidente di Fiat

Lutto nel mondo della finanza italiana

(Prima Pagina News)
Martedì 18 Agosto 2020
Roma - 18 ago 2020 (Prima Pagina News)

Lutto nel mondo della finanza italiana

Addio a Cesare Romiti ex Ad e Presidente di Fiat
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Addio a Cesare Romiti, morto all'età di 97 anni. Un protagonista del capitalismo italiano, nel ruolo prima di amministratore delegato e presidente della Fiat poi al vertice di Rcs-Corriere della Sera.Romiti è stato uno dei più potenti manager italiani che abbia vissuto le vicende dell'industria e della finanza italiana.

Figlio di un impiegato delle Poste, secondo di tre fratelli, si diploma ragioniere, si laurea a pieni voti in scienze economiche e commerciali studiando di notte e lavorando di giorno per mettere insieme qualche soldo dopo la morte del padre avvenuta a soli 47 anni.

Nel 1947 lavora per il Gruppo Bombrini Parodi Delfino, azienda di Colleferro, di cui assumerà la carica di direttore finanziario affiancando Mario Schimberni, suo ex compagno di classe,che si occupa invece di amministrazione e controllo di gestione. Nel 1968, sempre a Colleferro, ricopre la carica di direttore generale nella Snia Viscosa dopo la fusione con la sua ex azienda.

E proprio per seguire da vicino questa fusione, frequenta a Milano gli uffici di Mediobanca, facendo una buona impressione ad Enrico Cuccia. Due anni più tardi l'IRI lo nomina direttore generale prima e amministratore delegato poi della compagnia aerea Alitalia.

Lavora per un breve periodo (1973) alla Italstat, azienda che lascia per approdare, sponsorizzato da Cuccia, al gruppo Fiat nell'ottobre del 1974, quindi nel periodo della crisi petrolifera.

Nel 1976 diventa amministratore delegato in un triumvirato con Umberto Agnelli (lo stesso anno eletto senatore della DC in un collegio romano) e Carlo De Benedetti (resta alla Fiat solo tre mesi). Nella casa automobilistica ottiene i pieni poteri nel 1980, quando i due fratelli Agnelli, Gianni e Umberto, vengono convinti da Mediobanca a passare la mano per evitare il peggio e ricopre anche il ruolo di presidente (1996-1998) succedendo a Gianni Agnelli.

Per quasi un quarto di secolo è stato uno dei maggiori rappresentanti dei cosiddetti "poteri forti". Ammetterà: "In Fiat ho avuto praticamente carta bianca per venticinque anni". Nel 1998, anno della sua uscita dalla Fiat, percepì una buonuscita di circa 105 miliardi di vecchie lire per i suoi 25 anni di attività, più 99 miliardi di lire per il patto di non concorrenza. Attualizzati al 2020 sono circa 150 milioni di euro. Gli anni alla Fiat Per Romiti il primo problema è quello di assicurare liquidità alla casa automobilistica. Ed è personalmente coinvolto nell'operazione suggerita da Mediobanca che vede la Lybian Arab Foreign Bank acquisire il 10% della Fiat, investendo circa 360 miliardi di lire e pagando le azioni a un prezzo quadruplo rispetto alle quotazioni di Borsa.

Per Gheddafi, scopre Gianni Agnelli incontrandolo a Mosca, si tratta di un puro investimento finanziario ma quei soldi libici, osserverà Romiti, "sono serviti molto". Quindi concentra i suoi sforzi, in un periodo in cui in azienda c'è molta confusione e sono in molti a chiedersi se l'auto abbia un futuro,le Brigate Rosse colpiscono anche dirigenti e capiofficina del gruppo, il sindacato è molto forte (nel 1975 Gianni Agnelli ha firmato in poche ore come presidente della Confindustria l'accordo sulla scala mobile, accettando senza nemmeno discuterlo il massimo richiesto dal sindacato, cioè il punto unico di contingenza per tutte le categorie), nel riorganizzare la holding del gruppo: solo nel 1980 sarà pronto il primo bilancio consolidato.

Nel luglio 1980 Umberto Agnelli lascia gli incarichi operativi dopo avere rilasciato un'intervista a la Repubblica in cui chiede provocatoriamente la svalutazione della lira e la possibilità di operare come operano i concorrenti, cioè licenziando. Molte le polemiche.

È Enrico Cuccia a chiedere il suo passo indietro sostenendo che le banche sono molto preoccupate per i debiti del gruppo e chiedono interventi urgenti: Umberto si limiti quindi a fare l'azionista. E la stessa cosa chiede a Gianni Agnelli.

Così, in questa netta separazione tra azionisti e management, Romiti, che ha la piena fiducia di Cuccia, diventa amministratore delegato unico del gruppo. E affronta con decisione il nodo dei costi, annunciando il licenziamento di 14.000 dipendenti.

Lo scontro con il sindacato è forte, Fiat Mirafiori è bloccata dai sindacati per oltre un mese, Enrico Berlinguer assicura il sostegno del Pci nel caso di occupazione della Fiat ma tutto si risolve con la marcia per le vie di Torino di quarantamila persone, molte sono quadri Fiat, che esprimono il loro malessere e chiedono di poter lavorare.

Alla fine la pace torna in fabbrica. Romiti dirà: "Nei primi anni ottanta il silenzio del sindacato colpiva". Il [[ministro del Tesoro[] Beniamino Andreatta segnalerà a Romiti come la svolta alla Fiat sia "l'unico fatto politico vero degli ultimi dieci anni: ha cambiato tutto il sistema delle relazioni industriali, ha messo ko il sindacato, ha ribaltato i rapporti tra la classe politica e quella imprenditoriale".

La Fiat riprende a fare utili, lancia nuovi prodotti, sestuplica in fabbrica il numero dei robot, chiude nel 1982 lo stabilimento del Lingotto, aumenta gli investimenti, riduce il numero dei dipendenti (dai 320.000 nel 1980 ai 225.000 di sei anni più tardi), compra Il Corriere della Sera e la Rizzoli, l'Alfa Romeo, la Snia Bpd, la Toro assicurazioni, entra attraverso la Gemina nella Montedison presieduta da Schimberni, si libera anche della presenza di Gheddafi e dei libici: ottengono (se ne occupano Romiti e Gianluigi Gabetti) sei volte tanto l'investimento effettuato dieci anni prima.

Gianni Agnelli parlerà di "meravigliosi anni ottanta", i giornali di "strapotere Fiat", in un'intervista Bettino Craxi annovererà Romiti tra i "proconsoli energumeni" degli imperi industriali, Luciano Lama lo definirà "un estremista dell'impresa".

Nel 1987 la Fiat ha un fatturato proiettato verso i 40.000 miliardi di lire, cosa che fa dell'azienda torinese il secondo gruppo italiano, dietro all'Iri.

Il merito è di Romiti e di Vittorio Ghidella, il responsabile del settore auto, quello che azzecca una vettura dietro l'altra, dalla Uno alla Thema, dalla Y10 alla Croma. Il 1989, con utili netti di ben 3300 miliardi di lire provenienti per l'85% dal settore auto, rappresenta il capolinea di quegli anni di forte sviluppo. Poi scoppia la guerra del Golfo e le vendite di auto calano, nel 1990 il marchio Fiat scende in Italia sotto il 40% e scivola al 10% in Europa. Gianni Agnelli pronuncia una frase diventata famosa: "La festa è finita".


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