Arte: Luigi Serafini, Architetto dell’invisibile, sognatore del reale

L’artista che ha scardinato i confini tra immaginazione e linguaggio, costruendo un universo che parla all’anima prima che alla mente.

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Martedì 03 Giugno 2025
Roma - 03 giu 2025 (Prima Pagina News)

L’artista che ha scardinato i confini tra immaginazione e linguaggio, costruendo un universo che parla all’anima prima che alla mente.

Ci sono artisti che dipingono la realtà, e poi c’è Luigi Serafini, che la riscrive da zero. Visionario, solitario, ironico e inclassificabile, Serafini non ha mai cercato di spiegare il mondo: ha scelto invece di crearne uno nuovo, dove le parole non hanno significato e proprio per questo riescono a parlare in modo più profondo.

La sua opera più celebre, il misterioso Codex Seraphinianus, non è solo un libro: è un portale. Sfogliandolo, si ha la sensazione di trovarsi davanti a un’enciclopedia aliena, scritta in un alfabeto inventato, che nessuno ha mai decifrato – né deve farlo.

Serafini non ci invita a capire, ma a sentire. I suoi disegni, grotteschi e poetici, non illustrano: evocano. Ogni pagina è un esercizio di stupore, una carezza all'infanzia dimenticata, un manifesto contro la rigidità del senso. Ma Serafini non è solo il padre di un’opera culto: è una mente che si muove tra discipline con una naturalezza disarmante.  Architetto per formazione, artista per vocazione, performer per gioco, ha sempre rifiutato l’etichetta di “genio”, preferendo quella di “artigiano dell’assurdo”. La sua arte non è provocazione, ma costruzione: costruzione di un mondo dove la logica lascia spazio all’intuizione, dove l’inutile diventa necessario, dove il nonsense è la lingua madre della meraviglia.

La figura di Luigi Serafini si staglia nel panorama contemporaneo come una torre solitaria ma luminosa. In un’epoca affamata di spiegazioni, lui offre enigmi. In un tempo dominato dall’efficienza, propone il mistero. E ci ricorda che, forse, non serve capire tutto. A volte, basta lasciarsi incantare.

Nel suo universo, nulla è reale, eppure tutto è profondamente vero. E in fondo, non è proprio questo il compito dell’arte?


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