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Il Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica: "C’è un problema nazionale che si chiama manifattura: dobbiamo tenere il passo rispetto ai prezzi in aumento".
Il Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica: "C’è un problema nazionale che si chiama manifattura: dobbiamo tenere il passo rispetto ai prezzi in aumento".
“La priorità è la tutela dell’industria di media fascia. Non abbiamo il bilancio della Germania, ma se non interveniamo bene e tempestivamente rischiamo di mandare la nostra manifattura con le gambe per aria”.
E' l'avvertimento lanciato dal Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin, in un'intervista rilasciata a “Repubblica Affari&Finanza”.
Da questo tema derivano i prossimi obiettivi del governo. Le politiche sono varie, dai provvedimenti contro il caro-bollette al piano sul nucleare, e tentano tutte di intercettare un fabbisogno crescente: “Dobbiamo intervenire quanto prima, l’idea è farlo incidendo sugli oneri di sistema per più categorie possibili. C’è un problema nazionale che si chiama manifattura: dobbiamo tenere il passo rispetto ai prezzi in aumento. L’urgenza è chiara: la tutela di 140 mila imprese. Con l’energy release abbiamo già protetto le quattromila realtà più grandi, ora tocca a quelle di fascia media”.
La liberalizzazione del mercato ha promesso effetti benefici: “Il mercato libero dovrebbe portare benefici di default, ma nella realtà lo fa solo se l’informazione è corretta. Se lo è davvero allora i vantaggi possono esserci ed essere anche importanti. Oggi siamo di fronte a un frazionamento eccessivo: vulnerabili, tutele graduali, mercato misto. Occorre andare verso una progressiva ma necessaria semplificazione. In questo senso il mercato libero, se effettivamente funzionante e trasparente, può aiutare”.
L'Arera sta indagando sui mercati all'ingrosso dell'elettricità: “Il mio dovere è quello di aspettare il risultato finale dell’indagine su tutti i settori di produzione di energia. Vediamo i risultati e poi valuteremo. In ogni caso non credo che esistano innocenti o colpevoli, è una semplificazione che non mi appassiona”.
Per quanto riguarda il gas, l'Italia non può sentirsi al sicuro: “Oggi possiamo contare su approvvigionamenti che coprono poco più del 50 per cento della nostra domanda. Se si verifica un incidente sulle grandi pipeline, come quella che ci collega all’Algeria o il Tap, rischiamo di restare in ginocchio. È vero, abbiamo le riserve e un aiuto importante arriva dai rigassificatori, ma sono molto cauto nel dire che l’Italia è in sicurezza. La produzione di carbone a Brindisi e Civitavecchia si fermerà definitivamente a fine anno, di fatto è già cessata, ma io non me la sento di dare l’ordine di smantellamento”.
“Non me la sento proprio – precisa Pichetto – perché, seppur remota come possibilità, potremmo avere bisogno ancora del carbone se dovesse verificarsi il malfunzionamento di qualche tubo”.
Con il ridimensionamento del Green Deal, ora gli obiettivi Ue sulla decarbonizzazione non sembrano più ambiziosi: “I target sono figli del 2019-2020, di un modello di mondo e di Europa che non esiste più. Il ridimensionamento degli obiettivi prende atto della realtà dei fatti, non è la spinta politica delle destre. Credo che tutti siano arrivati a quella consapevolezza che il governo italiano sollecita da tempo: la decarbonizzazione non è in discussione, ma il timing deve essere sostenibile, molto più di quanto si era immaginato all’inizio”, conclude Pichetto.