La penna di
Giovanna Chirri ci offre in questo saggio -che ha la prefazione di Carlo di Cicco e che Giovanna dedica a “Maurizio di Giacomo, instancabile cacciatore di notizie”-ricordi di oltre 35 anni di professione, iniziata come stagista a Repubblica, fino a diventare l’inviata dell’ANSA al seguito dei vescovi di Roma.
A discutere con l’autrice, nella sala intitolata al secondo basco che dopo Ignazio di Loyola ha guidato la Compagnia di Gesù negli anni del post-Concilio, c’erano
Valentina Alazraki, don Giuseppe Costa, co-portavoce della Congregazione salesiana e già direttore della Libreria Editrice Vaticana e l’editorialista del Corriere della Sera,
Massimo Franco.
In realtà, questo lancio del nuovo libro di
Giovanna Chirri è stata una festa. Una festa non solo di famiglia, c’erano infatti tantissimi giornalisti
dell’Agenzia Ansa per la quale
Giovanna Chirri ha lavorato un’intera vita, ma una festa del giornalismo internazionale, e soprattutto dei “vaticanisti” che ogni giorno dalla Sala Stampa di Via della Conciliazione seguono le vicende della Santa Sede.
Una festa in onore di una delle “vaticaniste” più conosciute al mondo, di una giornalista che ha attraversato la storia, che ha vissuto la vita degli ultimi Pontefici, raccontando giorno per giorno la loro vita e la loro esperienza pastorale.
Una giornalista che non si nega neanche in questa occasione, donna modestissima, coriacea, intelligente, preparatissima, che utilizza invece questa occasione per dettare le sue regole, per spiegare il suo modo di essere giornalista sempre attenta e inattaccabile, per togliersi anche qualche sassolino dalle scarpe consumate sul selciato di San Pietro, e soprattutto per riaffermare le regole di una deontologia che sembra essere ormai scomparsa dal lessico moderno, e persino dai decaloghi del mondo della comunicazione.
Se
Giovanna Chirri avesse vissuto e lavorato in America, o anche molto più semplicemente se fosse stata cittadina USA le avrebbero già dato il
Premio Pulitzer, che è il massimo riconoscimento che il giornalismo americano assegna ai suoi cronisti migliori. Ma qui siamo in Italia, e accade anche che dopo aver dato al mondo
la notizia scoop delle dimissioni di Papa Ratzinger, questa giornalista così scrupolosa e attenta, così padrona della conoscenza dei palazzi vaticani, così rispettosa dei protocolli della Chiesa, così profondamente innamorata della storia dei Papi, alla fine della giostra- come direbbe Tiziano Terzani che lei cita più volte nel suo libro- venga profondamente offesa e mortificata. Lo racconta lei stessa nel suo libro, senza nessuna mediazione possibile. Dopo il suo
scoop mondiale qualcuno ai vertici della sua Agenzia pensa invece che per lei sia invece arrivato il momento dei saluti finali e del prepensionamento. Si è vero, alla fine le danno anche una gratifica finale di 3.200 euro. Tutto qui. Storie di ordinarie mortificazioni e di prevaricazioni che si vivono ormai ogni giorno in tutte le nostre redazioni giornalistiche.
Diciamo subito allora che
Giovanna Chirri è la prima giornalista al mondo che ha dato la notizia della rinuncia di
Papa Benedetto XVI al pontificato, annunciata l’11 febbraio 2013.
Papa Ratzinger quel giorno tiene un Concistoro per i decreti di canonizzazione di alcuni santi, sembrava che la giornata dovesse finire lì e invece il Papa continuava a parlare, non italiano in questa occasione ma in latino: “Sto diventando vecchio”, dice e pronuncia le parole
“ingravescente aetate”. La
“Ingravescentem aetatem” è il documento con cui Paolo VI tolse ai cardinali ultraottantenni il diritto di eleggere i papi. È a questo punto che
Giovanna Chirri intuisce che stava per accadere l’inverosimile. Il trauma inferto da
Papa Ratzinger con le sue dimissioni l'11 febbraio 2013 ha poi permesso l'arrivo di
Papa Francesco, un papa – riconosce
Giovanna Chirri- che sta cercando di rivoltare la storia addormentata e perfino un po' collusa della Chiesa Cattolica. Chi è stato in realtà
Papa Benedetto XVI, “questo papa non amato dai media, tutt'ora sotto attacco, che arriva al traguardo dei 95 anni”? Sicuramente- chiosa la famosa vaticanista- “un papa sottovalutato senza il quale le rivoluzioni di Francesco non sarebbero state possibili”.
Il dato storico è che
Giovanna è tra i pochi giornalisti presenti quel giorno in Vaticano a conoscere bene il latino, e a cogliere il senso vero del discorso del Papa, la sola giornalista al mondo, insomma, capace di cogliere la portata storica di quello che stava avvenendo. Ma è non solo il latino studiato bene a procurale per prima la notizia, “è l’applicazione rigorosa -spiega lei con grande semplicità e modestia- delle regole del giornalismo”.
Dal
Premio Pulitzer, che le avrebbero dato in America, dunque, al prepensionamento. Storia di profonda amarezza professionale e delusione privata per lei, ma che Giovanna Chirri in questo suo libro bellissimo racconta con una lucidità senza pari, e soprattutto con un coraggio che non è più molto comune in giro tra di noi. Oserei dire di più, questo libro di Giovanna Chirri è un manuale anche di giornalismo moderno, una lezione-aperta a tutti noi che a volte ci illudiamo di saper raccontare bene anche le cose vaticane, un libro in cui questa straordinaria donna del giornalismo italiano spiega le mille difficoltà del mestiere, le mille titubanze nel dare una notizia in anteprima, le mille verifiche necessarie per farlo con maggiore tranquillità, i mille silenzi che si vivono in sala stampa vaticana, perché è vero quello che scrive Giovanna “non tutto ciò che brilla è oro, almeno nel nostro mestiere”.
Un libro quasi vademecum, sulle cose da fare e quelle da non fare, dove Giovanna ricostruisce la fase forse più delicata della sua vita professionale tra un concistoro e l’altro, quando si chiede se è più importante conoscere il polacco o il tedesco, o forse conviene andare a scuola sia di polacco che di tedesco, e oggi di argentino, per evitare che il “papa” - parlando nella sua lingua originaria- possa a un certo punto dire cose che possano invece diventare poi la notizia da dare al mondo.
Angosce, dubbi, poche certezze, qualche volta il tutto attenuato dalla magia dei viaggi papali nel mondo, ma tutto questo vale davvero la pena di essere vissuto con tanta intensità?
Giovanna Chirri dice che ne vale ancora la pena, ma non si spiega come mai in molti grandi giornali alla qualità del passato si sia ormai rinunciato per sempre, per far posto invece a giovani senza nessuna storia alle spalle, senza nessuna preparazione culturale, ma belli eleganti, magari rifatti o figli del potere. Storie vecchie come il mondo, corsi e ricorsi che Giovanna riporta ad attualità bruciante.
- Ma perché questo titolo, “I Coccodrilli di Ratzinger”? “In gergo -risponde
Giovanna Chirri ad una collega che glielo chiede- si definiscono “coccodrilli” gli articoli biografici sui personaggi importanti, pronti per essere usati in caso di morte. I papi hanno un ruolo mondiale, sono capi di Stato con influenze sul mondo politico, culturale, religioso internazionale. Le implicazioni sono tantissime. Di fatto, più coccodrilli sono pronti a disposizione, meglio è. Per Wojtyla, che ha regnato 27 anni, all’Ansa ne avevamo una settantina e quando li abbiamo diffusi sono stati utili a moltissime testate italiane e straniere. Per Ratzinger trentacinque, di cui dieci miei. Li avete usati in occasione delle dimissioni? È quello che ho proposto al caporedattore nel pomeriggio di quella giornata concitata, drammatica, in cui avevo dovuto gestire una responsabilità enorme. Mi ha detto di sì, ma a quel punto abbiamo scoperto che erano spariti. Nonostante si dovessero custodire con tutte le precauzioni possibili, erano andati persi. Inconcepibile. Non c’era stata nessuna cura, nessuna consapevolezza tanti colleghi e della sua importanza. Io avevo le mie bozze e qualcosa ho rimediato. Ma proprio quel giorno, se ne avessi avuto il tempo, avrei capito che il mondo del giornalismo come lo ho vissuto in trent’anni di lavoro all’Ansa, stava scomparendo”.
Un libro da leggere, dunque, dalla prima all’ultima riga. Lo dico soprattutto per i giovani giornalisti che hanno scelto di fare questo mestiere, e di farlo possibilmente al seguito dei Papi. C’è solo da imparare.
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