Liliana Resinovich: non si esclude il suicidio, gli inquirenti cercano una lettera d'addio
Vari elementi fanno pensare che la donna possa essersi uccisa, forse per scappare da un'esistenza che non sopportava.
(Prima Pagina News)
Sabato 16 Aprile 2022
Trieste - 16 apr 2022 (Prima Pagina News)
Vari elementi fanno pensare che la donna possa essersi uccisa, forse per scappare da un'esistenza che non sopportava.
Non sono soltanto le chiavi, la borsetta, la fede o i sacchetti di nylon della Conad, gli oggetti cercati dalla Squadra Mobile di Trieste all'interno dell'abitazione di Lliliana Resinovich, l'ex dipendente 63enne scomparsa il 14 dicembre dello scorso anno e trovata senza vita il 5 gennaio nel boschetto dell'ex Ospedale Psichiatrico triestino, nel quartiere di San Giovanni, dove lei abitava con suo marito, Sebastiano Visintin.

Durante le varie ispezioni dell'abitazione, i militari hanno cercato una lettera. Questo perchè, per gli investigatori, stanno esplorando l'ipotesi che possa essersi suicidata accanto a quella dell'omicidio, la donna potrebbe aver lasciato una lettera in cui diceva addio.

L'ipotesi del suicidio è sorta quasi subito, ma è sempre stata rigettata dai parenti. A suggerire l'idea del suicidio è stato prima di tutto il cadavere, che è stato trovato in posizione fetale, quasi come se la donna si fosse distesa sulla terra. Inoltre, i vestiti erano in perfetto ordine, e i primi risultati dell'ipotesi di una morte violenta per mano di un omicida non portavano a conclusioni.

Nessun sospetto, poi, è emerso dall'analisi dei tabulati telefonici del marito, Sebastiano Visintin, le cui chiamate con il cellulare sono state esaminate fin nei minimi dettagli per analizzare ogni suo spostamento. E nemmeno l'esame del Dna sugli oggetti che la donna aveva indosso - anche il cordino usato per stringere i sacchetti - ha portato a risultati, perchè non sono state riscontrate impronte del marito e nemmeno dell'amico della donna, Claudio Stirpin.

Prima di tutto questo, però, la Squadra Mobile è stata in cerca della lettera, perchè, esaminando l'intera vicenda dal punto di vista del suicidio, gli inquirenti si sono accorti che la donna non ha fatto un gesto impulsivo e ha agito con metodo. Prima di tutto, si è recata al parco dell'ex Ospedale Psichiatrico, dove andava insieme con il marito quando erano in bicicletta, senza avere la fede al dito. Questa è una traccia, indice che la donna voleva allontanarsi.

Un altro segno di allontanamento volontario è la possibilità che la donna si sia portata dietro i sacchetti, gli stessi trovati nella sua abitazione, usati per la conservazione della verdura in frigo, e i sacchi neri, lasciando a casa i cellulari e la borsetta.

Nel caso in cui possa trattarsi di un suicidio, e molti elementi fanno pensare che sia così, non è stata un'azione impulsiva. Chi l'ha conosciuta, la definisce come una persona ordinata, che non avrebbe mai fatto gesti inconsulti. Per questo motivo, i poliziotti cercano una lettera, in cui Liliana potrebbe aver spiegato i motivi del suo suicidio in un boschetto.

Resta da capire, in ogni caso, cosa la turbasse e da cosa stesse fuggendo. Domande che non trovano ancora una risposta, anche per molti la donna stava fuggendo da una vita che non riusciva più a sopportare e che non era capace di cambiare. La sua esistenza poteva essersi scontrata con un dillemma, se continuare a vivere con il marito o iniziare una nuova relazione. E, per disperazione, non sarebbe riuscita a scegliere, optando per la resa.

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