Paolo Bolognesi presidente associazione familiari vittime, nel 40° anniversario della strage alla stazione - 1

l’intervento pronunciato questa mattina in Piazza Maggiore

(Prima Pagina News)
Domenica 02 Agosto 2020
Bologna - 02 ago 2020 (Prima Pagina News)

l’intervento pronunciato questa mattina in Piazza Maggiore

“Il medico che arrivò con la prima ambulanza alla stazione distrutta 10 minuti dopo lo scoppio, così racconta: “Una polvere grigia sembrava ricoprire anche il cielo, un odore acre, ricordo indelebile delle bombe e tanto sangue scuro e pezzi di corpi a terra. Si sentivano lamenti sordi e richieste di aiuto e subito dopo urla, bestemmie e imprecazioni di vivi sgomenti, insanguinati, che si aggiravano intorno, tra i tanti a terra, bisognava distinguere i vivi dai morti. Era difficile separare i vivi dai morti, che spesso avevano intorno i loro congiunti. Una strage è così”. Norberto Bobbio, nel suo ultimo libro, scrive che tra tutte le azioni delittuose che gli uomini possono compiere contro altri uomini, la strage è quella che più si avvicina al male assoluto, la violenza estrema diretta consapevolmente contro persone del tutto innocenti. Il 2 agosto 1980, quando un micidiale ordigno posto nella sala d’aspetto di seconda classe della stazione di Bologna costò la vita a 85 persone e ne ferì 200, rimane ad oggi la data della più grave strage italiana dal dopoguerra. Sono passati 40 anni da quel giorno e questo è un anniversario speciale. Nel manifesto di quest’anno abbiamo scritto: LA STRAGE È STATA ORGANIZZATA DAI VERTICI DELLA LOGGIA MASSONICA P2 PROTETTA DAI VERTICI DEI SERVIZI SEGRETI ITALIANI ESEGUITA DA TERRORISTI FASCISTI. Nel corso dell’ultimo anno, infatti, nuovi importanti tasselli si sono aggiunti. Il processo per concorso in strage contro il neofascista Gilberto Cavallini, non ha portato solo alla sua condanna di primo grado come quarto esecutore materiale, insieme agli altri NAR, Mambro, Fioravanti e Ciavardini, ma ha anche fatto emergere preziosi elementi che collegano gli attentatori ai Servizi Segreti italiani. Da altri processi, in primis da quello sul crac del Banco Ambrosiano e da quello per la strage di piazza della Loggia, a Brescia, sono emersi importanti riscontri che collegano i terroristi fascisti a Licio Gelli: un unico filo nero che parte dal capo della loggia massonica P2 e arriva agli esecutori materiali che piazzarono la bomba alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, passando per apparati dello Stato intervenuti per permettere la perfetta esecuzione della strage e deviare le indagini. I risultati della maxi indagine sui mandanti e sui finanziatori della strage del 2 agosto, confermano che quel vile attentato fu progettato, organizzato e finanziato dai vertici della loggia massonica P2, eseguito da manovalanza criminale fascista finanziata e protetta da un ombrello costituito da uomini della P2 inseriti nei punti nevralgici dei Servizi Segreti italiani. Sono passati 40 anni da quel torrido sabato di agosto e finalmente le speranze di ottenere una completa verità sull’episodio più atroce della storia del nostro Paese cominciano a realizzarsi. Ciò è stato possibile grazie al lavoro attento e meticoloso svolto dalla Procura Generale di Bologna che, seguendo il denaro di Licio Gelli, Maestro venerabile della Loggia Massonica P2, e analizzando la mole di documenti digitalizzati è arrivata a quelle conclusioni. La gradita visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha sottolineato con il suo appoggio, l’impegno dei giudici. A 40 anni di distanza, magistrati coraggiosi hanno reso oggi onore nel migliore dei modi a un altro grande magistrato, Mario Amato, ucciso dai terroristi Cavallini e Ciavardini, appartenenti allo stesso gruppo terroristico di Mambro e Fioravanti, 40 giorni prima della strage del 2 agosto, proprio perché stava indagando sugli inconfessabili legami tra la galassia fascista e le coperture e i finanziamenti ad appartenenti ad apparati dello Stato. Pochi giorni prima di essere trucidato, Mario Amato aveva annunciato che le sue indagini lo stavano portando alla visione di una verità d’assieme coinvolgente responsabilità ben più grandi di quelle degli esecutori degli atti eversivi. Mario Amato, e prima di lui Vittorio Occorsio, hanno pagato con la vita la volontà di fare luce su quel patto di potere scellerato tra neofascisti e piduisti, quel progetto politico di condizionamento della democrazia in cui si radicano molti mali dell’Italia di oggi. Ai magistrati della Procura Generale di Bologna, che con il loro lavoro continuano ad aggiungere tasselli preziosi per poter raggiungere la completa verità sui retroscena della strage del 2 agosto, noi qui oggi vogliamo dire due cose: la prima è “Grazie”! la seconda è “Mai, mai, mai sarete lasciati soli”. La nostra associazione è con voi, il paese che con noi è stato colpito quel sabato di 40 anni fa è con voi. Poter arrivare ai mandanti sembrava quasi un’utopia, quante volte ce lo siamo sentiti dire, oggi è una concreta realtà. Non ci illudiamo che sarà un processo facile: ancora oggi esistono motivi attualissimi per continuare a mentire e a nascondere la verità su quel progetto politico di disprezzo della vita per fini di potere, che nella strage del 2 agosto ha visto la sua più lugubre realizzazione. Lo dimostra lo sconvolgente trattamento di favore di cui ancora godono alcuni degli esecutori materiali della strage di Bologna ricompensati lautamente per il loro silenzio sui retroscena di cui sono a conoscenza. Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, capi del gruppo di assassini fascisti denominato NAR, hanno ucciso 98 persone, sono stati condannati a 9 ergastoli lei e a otto ergastoli lui, e a decine di anni di carcere per vari reati. Non hanno mai collaborato con la giustizia. Eppure, i due terroristi più sanguinari della storia italiana oggi sono pienamente liberi, spesso trattati come star da mass media ossequiosi e riverenti, difesi da finti cultori della materia, che in ogni modo tentano di alimentare una campagna innocentista, totalmente infondata per chi conosce i processi, le indagini e la storia. Infondata, ma non insensata: il senso e lo scopo sono quelli, ancora una volta: di depistare, di creare dubbi laddove vi sono prove evidenti, d’intossicare l’opinione pubblica, di guadagnare tempo. Ne fa testo la cosiddetta pista palestinese che fu ideata e finanziata dai vertici della loggia massonica P2, nelle sue diverse versioni: Attentato vero e proprio Esplosione casuale Bomba esplosa casualmente alla consegna. Tutte inutili varianti studiate ad arte per evitare che le indagini arrivassero a individuare i mandanti della strage. Da questa pista sono stati affascinati uomini delle istituzioni, politici navigati, magistrati. Molti di questi non hanno mai visto un fascicolo del processo. Si è arrivati perfino a costituire una commissione parlamentare bicamerale (Commissione Mitrokhin) per tentare di riscrivere tutta la vicenda della strage: operazione non riuscita e fallita miseramente. Con l’operazione di depistaggio palestinese, oltre che rallentare le possibili indagini sui mandanti, si voleva scardinare la sentenza della Cassazione del 1995 che condannava in via definitiva alcuni degli esecutori, i terroristi fascisti Mambro e Fioravanti, e indicava quali depistatori il gran maestro della loggia massonica P2 Licio Gelli, il Generale Musumeci, il colonnello Belmonte del SISMI e il faccendiere Pazienza. È vero che purtroppo tanto tempo è stato perso, era la loro strategia, ma non hanno tenuto conto della determinazione dei familiari delle vittime che insieme a tanti cittadini e cittadine, nonostante il passare degli anni, non hanno mollato mai e hanno portato nuove prove all’esame dei giudici contribuendo a determinare così uno scenario che può portare alla completa verità e alla riscrittura di molte vicende della storia criminale e politica del nostro Paese, non solo della strage del 2 agosto 1980. I depistatori, mediatici e non, sono ancora oggi molto potenti. Ma questi 40 anni non sono passati invano. Oggi, grazie alla digitalizzazione fortemente voluta dalla nostra associazione, c’è la possibilità di usare i sistemi informatici, che accelerano l’investigazione sugli atti in modo poderoso, consentendo ai magistrati di fare un’analisi incrociata su una enorme quantità di documenti. Per esempio, è sempre stato agli atti, ma nascosto tra la marea di documenti, che la tristemente celebre unità immobiliare di via Gradoli, a Roma, gestita da società dei Servizi Segreti italiani, che ha ospitato una base delle Brigate Rosse durante il sequestro di Aldo Moro nel 1978, è poi servita a esponenti dei NAR per gli omicidi, nel 1981, degli agenti della Digos Francesco Straullu e Ciriaco Di Roma, che stavano lavorando con grande impegno per smascherare i soldati dell’eversione nera. Il variegato e agguerrito fronte che contesta le condanne dei capi dei NAR Mambro e Fioravanti e di Luigi Ciavardini, dipingendoli come ingenui e sprovveduti spontaneisti, mira esclusivamente a sollevare polveroni fuorvianti, per coprire i giochi di malaffare e potere che sono il retroterra della strage di Bologna, ma adesso sarà più difficile sostenere certe comode menzogne. Il quadro istruttorio è ormai chiaro: il 2 agosto 1980 non scoppiarono caldaie, non fu una fatalità, non un errore di comunisti palestinesi, ma una spietata volontà di terroristi fascisti, una bomba nera con la copertura sistematica di settori importanti dello Stato, Servizi Segreti e loggia massonica P2. In tutto questo non ci ha aiutato la cosiddetta direttiva Renzi dell’aprile 2014 che è da considerarsi, nella migliore delle ipotesi, una occasione persa. Le associazioni dei familiari, gli storici, i cittadini sono ancora oggi alle prese con versamenti di documenti poco significativi o addirittura con vistose omissioni: ci sono dei buchi enormi! Mancano documenti che le associazioni già conoscono perché compaiono in vari processi e soprattutto manca il contesto che è il punto essenziale per impedire la falsificazione della storia. In una riunione con alcuni vertici dei Servizi alle nostre pressioni è stato risposto: “Dopo la direttiva fu fatto un comitato di alto livello (naturalmente senza nessun rappresenta nte dei familiari) per determinare cosa depositare e noi, i Servizi, ci stiamo attenendo a quanto stabilito da quel comitato, se le indicazioni cambiano noi provvederemo ad adeguare i depositi”. Naturalmente quelle disposizioni non sono ancora cambiate e ci si è ammantati della trasparenza senza che questa sia stata mai davvero praticata. Abbiamo accolto con gioia anni fa la direttiva Renzi e oggi posso affermare quindi con rammarico che sta mancando la volontà politica di attuarla davvero: così è uno specchio per le allodole, costruito per tacitare le insistenti richieste dei familiari e di tutti coloro che vogliono conoscere quello che è accaduto nel nostro Paese. Il 2 agosto 1980 si volle colpire al cuore Bologna la rossa, perché Bologna era un sogno realizzato: una grande comunità di cittadini consapevoli e democratici, uniti da un profondo senso di appartenenza. Ma nel loro progetto criminale di potere, esecutori e burattinai della strage fecero un solo errore come ha più volte ricordato Lidia Piccolini la vedova del nostro primo presidente Torquato Secci. Quell’unico errore è stato non tenere conto della reazione dei cittadini di Bologna. Quel 2 agosto, pur col cuore sgomento per l’orrore che aveva colpito la città, ognuno si adoperò per fare quanto poteva per aiutare e alleviare la sofferenza: i volontari per l’assistenza dei morti e dei feriti, i donatori di sangue, i taxisti per trasportare verso gli ospedali, i vigili urbani per riattivare i viaggi verso altre città e poi i ristoratori, gli albergatori, i servizi sociali e così via, in una gara di efficienza e di solidarietà che ancora oggi ci commuove e che valse alla città di Bologna la Medaglia d’oro al valor civile, per l’eccezionale prova di democratica fermezza e di civile coraggio dimostrati. Quel 2 agosto 1980, la città di Bologna diede a tutti una lezione esemplare che ha poi spinto noi familiari delle vittime a riunirci in associazione e che è alla base del nostro stare insieme: nessuno si salva da solo. Nessuno si salva da solo e insieme si può andare avanti, si può restare attaccati alla vita nonostante il dolore. Ma in che democrazia può esistere che non si combatte insieme contro il terrorismo, che lo Stato non sia sempre al tuo fianco per spazzare via le menzogne, i depistaggi, i dubbi, che la verità debba aspettare e aspettare e aspettare ancora? – ( 1 SEGUE )


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Prima Pagina News

Associazione familiari vittime
Paolo Bolognesi
PPN
Prima Pagina News
Strage bologna

APPUNTAMENTI IN AGENDA

SEGUICI SU