Natuzza Evolo, in Vaticano il libro di Mario Tangari, “La guarigione di un medico fra Scienza e Misticismo”
Appena fresco di stampa l’ultimo libro su Natuzza Evolo, la mistica calabrese che durante la Pasqua viveva il mistero delle stigmate. “Non so se faccio parte di un disegno di Natuzza Evolo – dice Mario Tangari illustre ortopedico traumatologo all’Ospedale San Giovanni di Roma- da quando, nel 1983, mi profetizzò la laurea in medicina e la mia futura carriera, aggiungendo che sarei stato un ottimo medico. Vero è che, impressionato da questo incontro, ho dedicato la mia vita e le mie competenze alla gente umile”.
di Pino Nano
Domenica 30 Maggio 2021
Roma - 30 mag 2021 (Prima Pagina News)
Appena fresco di stampa l’ultimo libro su Natuzza Evolo, la mistica calabrese che durante la Pasqua viveva il mistero delle stigmate. “Non so se faccio parte di un disegno di Natuzza Evolo – dice Mario Tangari illustre ortopedico traumatologo all’Ospedale San Giovanni di Roma- da quando, nel 1983, mi profetizzò la laurea in medicina e la mia futura carriera, aggiungendo che sarei stato un ottimo medico. Vero è che, impressionato da questo incontro, ho dedicato la mia vita e le mie competenze alla gente umile”.
Natuzza Evolo, in Vaticano il libro di Mario Tangari, “La guarigione di un medico fra Scienza e Misticismo”
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Partiamo dall’autore di questo nuovo saggio su Natuzza Evolo. Calabrese, sessant’anni compiuti il 16 gennaio scorso, sposato, padre di due figli, originario di Cotronei, in provincia di Crotone, Mario Tangari, nel giugno del 1987, si laurea in Medicina e Chirurgia all’Università Statale Magna Graecia di Catanzaro. Dopo una prima importante esperienza nel 1990 come Ufficiale Medico in servizio presso il Corpo Sanitario dell’Esercito Italiano, nel 1992 consegue la Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, poi nel 2005 la specializzazione di Medicina Manuale, e nel 2017 il Master in Medicina Estetica all’Università di Tor Vergata di Roma. Professore di ‘Invecchiamento muscolo-scheletrico’, presso l'Università degli studi di Tor Vergata di Roma, Mario Tangari è anche ideatore di tecniche chirurgiche mininvasive per la terapia delle fratture, riconosciute e “certificate” a livello nazionale ed internazionale. Ha realizzato ricerche scientifiche importanti nel campo della mininvasività in traumatologia, sotto l'egida del proprio marchio Miros (Minimally Invasive Reduction Ostheosynthesis Systems) con produzione di brevetti in campo sanitario e di medical devices (MIROS; Miniopen wires instruments; Percutaneous Nail System), brevetti che ha poi regalato a molti ospedali indiani.

-Dottore, partiamo dall’inizio di questa storia che lei racconta così bene nel suo libro. Quando per la prima volta le capita di conoscere Natuzza Evolo?

“Nel 1983 ho conosciuto Natuzza Evolo a Paravati, accompagnando presso di Lei, una devota per un grave problema del proprio figlio, in quell’occasione e casualmente, predisse il mio futuro di medico. Ho poi esercitato la mia professione con passione umanitaria, facendo missioni in Africa, in Togo con i Fatebenefratelli dove ho operato gente bisognosa e moltissimi bambini. Nel 2009 a dicembre, Natuzza, ormai deceduta, m’inviò un messaggio dei miei genitori anch’essi morti nello stesso anno, attraverso un’umile donna, per salvarmi da una terribile situazione. Ad aprile del 2020, ebbi un segno tangibile della sua presenza, quando ho aiutato in ospedale una donna ed ho scoperto poi casualmente, essere la moglie del mio amico morto nel 1999, con il quale avevo convissuto nella stessa casa, da universitario a Napoli. Sono entrati nella mia vita, in più occasioni in maniera diretta o indiretta, personaggi che ebbero a che fare con Lei, come il giornalista Pino Nano, la regista Maricla Boggio, l’ingegnere Valerio Marinelli, il prof. Franco Frontera e lo scrittore Luciano Regolo e tutti in maniera certamente non casuale, così come la mia vita e la mia carriera, sempre guidata dall’Angelo Custode, che mi ha assegnato Dio”.

La carriera ospedaliera di Mario Tangari è in continua ascesa. Dal 1993 al 2000 è dirigente medico di primo livello presso l’Ospedale di Tarquinia-Viterbo, dal 2000 dirigente medico presso l’Ospedale San Giovanni di Roma, dal 2004 Responsabile dell’Unità Operativa Specialistica di chirurgia della mano sempre al San Giovanni di Roma. Nel 2017 risulta idoneo al Concorso per Direttore di Unità Operativa di Ortopedia e Traumatologia presso l’Ospedale Pugliese di Catanzaro, nel 2008 risulta idoneo al concorso per Direttore di Unità Operativa all’Ospedale San Giovanni di Roma , e sempre nel 2018 risulta idoneo al Concorso per direttore di Unità Operativa presso l’Azienda Ospedaliera di Cosenza “Spoke Castrovillari” e presso l’Azienda Ospedaliera di Roma-Civitavecchia e l’Azienda Ospedaliera di Tivoli, classificandosi nella terna finale anche qui.

-Dottore si ricorda il suo primo incontro con Natuzza? Perché andò a cercarla?

“Per via di un bimbo, Giuseppe, ammalato di leucemia e che era stato più volte ricoverato all’Ospedale Gaslini di Genova. L’8 luglio del 1983 i suoi genitori, Pina e Santino Vaccaro, arrivarono a Catanzaro per ricoverare il bambino e quello stesso giorno, il pomeriggio la mamma Pina mi chiese di accompagnarla a Paravati da Natuzza Evolo ed io, pur non sapendo chi fosse questa donna, non feci domande, avendo capito l’esigenza di una madre di ricevere conforto da qualcuno, per la malattia del proprio figlio. Senza fiatare, quindi, prendemmo la macchina del marito, una Golf primo tipo di color nocciola e partimmo per Paravati, all’epoca ovviamente a vista, seguendo le poche indicazioni stradali. Dopo qualche ora di viaggio, arrivati all’inizio di questa piccola frazione di Mileto, vidi una folla di gente e capii di essere giunto proprio davanti alla casa di Natuzza Evolo”.

-Che effetto le fece vedere per la prima volta Natuzza?

“Ricordo, mi trovai di fronte Natuzza, una persona semplice che mi ricordava mia madre, presso a poco della sua stessa età, che immediatamente mi chiese in uno stretto dialetto calabrese: “chi si venutu a fare?” ed io altrettanto prontamente, risposi con una domanda secca, “mi laureo?”. Una gaffe, poiché per inesperienza non potevo sapere che Natuzza faceva profezie, ma Lei mi rispose ugualmente con 19 queste parole: “ti laurerai e sarai un medico bravissimo!” e continuò dicendo, “ma tu u si venutu pe chistu, tu hai accumpagnatu chira signora de prima, stalle vicinu cu figghiu le mora ed iu nun aiu avutu u curaggiu u ciu dicu!” (tu non sei venuto a chiedermi questo, tu sei venuto qui perché hai accompagnato quella signora; stalle vicino perché il figlio morirà ed io non ho avuto il coraggio di dirglielo!). Con questo tremendo segreto, tornai a Catanzaro con Pina, che durante il viaggio di ritorno, sembrava comunque rasserenata dopo quell’incontro”.

-È vero che il bambino da quel momento peggiorava giorno per giorno?

“Nei giorni successivi, andai a trovare Giuseppe più volte in ospedale e rimasi impressionato dalla sua trasformazione. Si vedeva, l’effetto devastante della terapia contro la leucemia e da bambino riccioluto, con efelidi sopra il naso, era diventato senza capelli e con il viso gonfio, ma conservava ancora la stessa vivacità, visibile nei suoi meravigliosi occhi azzurri e simpatia nel rispondere ad ogni mia battuta. Purtroppo, però, come mi aveva predetto Natuzza, il bambino tornato a casa, morì il sabato, 23 febbraio del 1985. Il giorno dopo, partecipai al suo funerale e rividi in quella occasione, per l’ultima volta, i suoi genitori, ai quali non ho mai confessato cosa mi aveva detto Natuzza. Solo ad Agosto del 2020, ho rivisto Pina e Santino, recandomi nella loro casa di fronte alla chiesa di Cotronei e riparlammo di quell’incontro del 1983. Pina mi raccontò che dopo il nostro viaggio, ritornò a Paravati, mentre il bambino era ancora in vita e Natuzza le disse: “fai quello che ti dicono i medici che sono bravi ed affidati al cuore di Gesù, perché niente è impossibile a Dio!” e lei, “so che Dio fa miracoli a chi deve conquistare, mentre di noi è sicuro, ma almeno una cosa la pretendo, digli che mi deve dare la forza!” e Natuzza toccandola sulla spalla, “quella già ce l’hai!”.

-Terribile, non crede?

“Purtroppo, si. Da questa risposta, Pina intuì che il figlio non ce l’avrebbe fatta ed il bambino, infatti morì davanti ai suoi occhi, indicando con la sua piccola mano, qualcuno o qualcosa. A tre mesi dalla morte del figlio, nel maggio 1985, Pina tornò ancora a Paravati e Natuzza nell’accoglierla, aprendo la porta, la abbracciò dicendole: “perdonami, non ho avuto il coraggio di dirti che Giuseppe sarebbe morto, avevi troppa fede e speranza!” e Pina, “cosa indicava, Giuseppe morendo?” e Natuzza rispose, “la Madonna che è venuta a prenderlo personalmente tra le sue braccia!”. Mi ritornarono in mente le stesse parole che Natuzza mi disse quel giorno e, solo dopo 37 anni, ho avuto il coraggio di confessarle ai genitori”.

-Un giorno lei si ammala e anche in maniera importante…

“Il 6 agosto 2020, mentre mi trovavo di turno in ospedale, dopo aver operato tutta la giornata, mi accingevo a smontare, erano le 19,15 circa; improvvisamente, ho avvertito una sensazione di sangue in bocca. Mi guardai allo specchio e vidi le gengive sanguinanti e la lingua colorata di rosso; sciacquai la bocca ed il sangue era così copioso da sporcare il lavandino. Impaurito, andai a cercare un collega del reparto otorino, che mi visitò e tamponò con un farmaco coagulante, tranquillizzandomi perché, a suo avviso, il sangue proveniva da un impianto dentario. Tornato in reparto, mi riguardai allo specchio e vidi che il problema non si era risolto e che dalle gengive l’emorragia continuava. Spezzai un’altra fiala di farmaco coagulante, ma mi tagliai accidentalmente il pollice della mano destra e mentre continuavo a sanguinare dalla bocca, cercai di tamponare anche il sangue che mi usciva dal dito senza riuscirvi”.

-Non fece altro?

“Terrorizzato, andai di corsa giù in pronto soccorso, dove fui immediatamente portato nella sala delle urgenze e mi riempii improvvisamente di petecchie ed ecchimosi (emorragia cutanea) su tutto il corpo. Stavo male, con pressione 230Hg, su 130 Hg e chiedevo 38 disperatamente che mi fosse praticato un cortisonico. Mi sottoposero ad esami ematoclinici che evidenziarono un calo delle piastrine a 4000 mcl e ad una tac ed ecografia. Era una scena per me drammatica, perché ero cosciente e da medico, sapevo di poter morire da un momento all’altro, per una emorragia cerebrale o gastrointestinale. Per fortuna riuscii a superare la fase acuta e venni trasferito in ematologia, per essere sottoposto ad accertamenti più approfonditi, come il puntato midollare nel sospetto di una leucemia fulminante”.

-Come entra Natuzza in questa sua vicenda personale?

“Durante il ricovero ebbi modo di meditare sulla mia vita e sul mio passato e, disperato, in isolamento in una stanza di ospedale, invocai Natuzza Evolo e misteriosamente, aprendo il computer per fare una ricerca sul mio stato, mi apparve proprio Lei, in una videointervista della Rai. Fui immediatamente pervaso da un senso di serenità ed ecco che, miracolosamente, le piastrine cominciarono ad aumentare, passando da 4000 mcl, a 8000 mcl in un giorno, poi a 59.000 mcl, poi a 96.000 mcl ed infine a 119000 mcl. Il puntato midollare risultò esente da leucemia e fui quindi dimesso con diagnosi di “porpora trombocitopenica immune”.

-Non potrebbe essere stata una semplice suggestione? Se lo è mai chiesto?

“Sta di fatto che nei giorni successivi, le ecchimosi e le petecchie si riassorbirono e la mia malattia è infine completamente regredita e così velocemente da non sapermi dare, da medico, una convincente spiegazione scientifica”.

-È per questo che lei dici di essere stato miracolato da Natuzza?

“Tutte queste considerazioni, associate alla mie competenze di Medico, alla terapia inefficace prestatami in Ps, alla mia invocazione di Natuzza Evolo, la notte dell’8 agosto 2020 ed alla sua comparsa nel web quando ho acceso il computer con successiva rapidissima ripresa dei valori piastrinici, mi fanno sempre di più convincere, che la mia sia stata una guarigione miracolosa”.

-A distanza di tanto tempo da allora, qual è la lettura che lei oggi dà a quello che le è capitato?

“Ho interpretato la comparsa di Natuzza Evolo, quella notte, come un segno tangibile di una Sua intercessione, perché risaliva proprio, al periodo in cui La conobbi per la malattia del sangue del piccolo Giuseppe e perché comparivano personaggi come Maricla Boggio con la quale avevo avuto un incontro casuale un anno prima nel mio studio durante il quale avevamo parlato proprio di Natuzza e del suo libro: ‘Natuzza Evolo, il dolore e la parola’. Mi impressionò, inoltre, nel servizio trasmesso dalla Rai, il racconto di come la stessa Natuzza mentre aveva ricevuto il sacramento dell’Eucarestia a otto anni, la sua bocca e la sua lingua si riempirono di sangue, così come la sua pelle (fonte dell’emografismo sui fazzoletti): “il Signore mi ha mandato una croce e la devo accettare, è una croce come un’altra!”. Solo ora riesco a capire cosa si prova, avendo avuto anche io una perdita ematica dalla bocca ed essendomi anche io, riempito di ecchimosi e petecchie, per tutto il corpo”.

-Dottore, è mai più ritornato a Paravati nella casa di Natuzza?

“Ritenendo di essere stato miracolato da Natuzza Evolo nel corpo, ma soprattutto nello spirito, il 28 agosto del 2020, dopo 37 anni, sono ritornato a Paravati, per ringraziarla. Pensi, quel giorno a Paravati ho incontrato Antonio Macrì, un vigile urbano della zona, che avevo conosciuto in una colonia estiva a Otranto, quando avevo ancora dodici anni e che non avevo poi più rivisto. Quel giorno ho rivisto la casa dove, allora io giovane studente universitario di 23 anni, ho avuto quell’indimenticabile incontrato con Natuzza. Ho visitato anche l’umile casa dove è nata e la sua tomba presso la Fondazione. E poi ancora, il 5 settembre successivo ho potuto però visitare più accuratamente le opere lasciate dalla mistica, grazie a due angeli volontari della Fondazione, Rino Tedesco e Raffaella Regolo, che mi hanno contattato telefonicamente chiedendomi di ritornare con loro a Paravati. Ho potuto così conoscere Padre Michele Cordiano, uno dei padri spirituali di Natuzza Evolo, dal 1991. Con lui, ho visitato la bellissima chiesa, “Cuore Immacolato di Maria rifugio delle Anime” e sono entrato, emozionandomi, nell’abitazione presso la Fondazione, dove la mistica, ha vissuto negli ultimi anni”.

-Dottore, glielo chiedo da medico non da “miracolato” come probabilmente la storia futura la classificherà: lei crede che sia arrivato il momento che il Vaticano dica una parola definitiva sul processo di beatificazione di Natuzza Evolo?

“Ma che domanda mi fa? Ma certo che deve farlo. Da quanto mi è accaduto e da quello che ho visto con i miei occhi, sono convinto che Natuzza Evolo è già Santa, per la sua vita dedicata alla gente, per quella Chiesa che ha lasciato, per la guarigione delle anime nella preghiera; per quella fondazione che ha voluto, per quel centro sanitario che ha creato per le malattie terminali, per gli anziani non autosufficienti, spesso affetti da quelle stesse patologie traumatiche che io ho sempre curato con passione. Ho riflettuto tanto sulla mia storia e sul mio incontro con Lei e penso che niente della mia vita e della mia carriera sia stato frutto di casualità. Io sono fermamente convinto, da medico e scienziato, di essere stato miracolato da Natuzza Evolo, proprio per continuare quella mia opera di “medico bravissimo” (come mi aveva predetto nel 1983), in favore delle persone umili e per dedicarmi, come scritto nel Suo testamento spirituale, all’Opera della Madonna”.

-È vero che immagina il suo futuro da medico in pensione in Calabria al servizio di Natuzza? In che senso lo dice?

“Lo spero. Farò di tutto per realizzare questo mio sogno. Una volta in pensione troverò il modo per andare a fare il medico gratis nelle strutture modernissime che sono state create a Paravati, a ridosso della Basilica. Credo che questa sia la mia missione futura, in linea con questo senso di immensa riconoscenza che io ho per la storia e la vita di questa straordinaria donna protagonista calabrese”.

Un ultimo dettaglio sulla vita di questo medico calabrese. Autore di decine di pubblicazioni scientifiche diverse, Mario Tangari è oggi anche Socio Fondatore e Vicepresidente della Onlus volontari del Trauma, con la quale presta opera di volontariato in favore di persone affette da patologia traumatica e fa ricerca nel campo dell’osteoporosi e presta opera di volontariato presso l’Ospedale missionario Saint Jean de Dieu di Afagnan in Togo. Come dire? Perfettamente i linea con il senso di misticismo che troverete in questo nuovo saggio dedicato a Natuza Evolo.


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