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Folla per l'ultimo saluto al celebre scultore.
Folla per l'ultimo saluto al celebre scultore.
Una folla di amici, parenti e semplici cittadini ha riempito Piazza San Fedele a Milano, questo pomeriggio, per l'ultimo saluto al celebre scultore Arnaldo Pomodoro, morto il 22 giugno, alla vigilia del 99esimo compleanno.
Noto a livello mondiale per le sue sculture, Pomodoro era nato a Morciano di Romagna (Rn), ma dal 1954 viveva a Milano. Al suo arrivo in chiesa, il feretro, una semplice bara di legno, è stato accolto con silenzio e raccoglimento.
La chiesa era gremita, e alcuni sono rimasti in piedi per seguire la cerimonia. Tra coloro che sono venuti a rendere omaggio all'artista, la giurista Livia Pomodoro, il presidente di Altagamma Matteo Lunelli, il gallerista Gio Marconi, il direttore della Cultura del Comune di Milano Domenico Piraina, la storica dell’arte Angela Vettese, Massimo Vitta Zelman ex proprietario di Skira e l’assessore comunale alla Cultura Tommaso Sacchi.
“Nella notte segnata dalle follie della guerra, Arnaldo ci lasciava in silenzio. A poche ore dal suo compleanno, lui rinasceva al cielo mentre l’uomo ancora una volta sceglieva la guerra e la distruzione”, ha detto il sacerdote, don Alberto Lolli, ricordando il momento della morte di Pomodoro. L'omelia ha ripercorso, in molti passaggi, la vita dello scultore, in un secolo, il Novecento, in cui, come è scritto nel Vangelo di Marco, “si ponevano macini davanti ai sepolcri dell’umanità. E sembra che nulla sia cambiato. Il secolo di Arnaldo è stato pieno di sofferenze”.
“Arnaldo ha guardato dove noi non osiamo guardare: Ha alzato lo sguardo e la materia e ci ha mostrato un oltre inimmaginabile che lui solo vedeva, ma che voleva condividere con tutti – ha proseguito il sacerdote – In un secolo di male, Arnaldo ha risposto con spirito di creatività riempiendo questa città e il mondo con la sua arte per far capire che c’è un oltre complesso e non banale”.
“Da lui abbiamo imparato che arte e bellezza sono più forte di ogni conflitto. Come lui, dobbiamo alzare lo sguardo. Non possiamo stare con le mani in mano”, ha concluso don Alberto, per poi ricordare che “dal secolo di Arnaldo abbiamo imparato che l’opera decisiva della vita è proprio la vita e la sua è stata monumentale come le sue opere”.
Al termine delle esequie, il feretro è stato salutato con un lungo applauso. Tra i famigliari c'era anche la sorella Teresa, che gli ha dato un ultimo bacio di addio.
Arnaldo Pomodoro, ha detto l'assessore Sacchi al termine della cerimonia, è stato “una figura straordinaria per l’Italia, il mondo della cultura globale e Milano. Una figura che ha avuto la grande capacità, il merito e l’intelligenza di creare opere che rimangono nella storia dell’arte del nostro paese, ma anche guardare alle nuove generazioni e alle ibridazioni linguaggi d’arte, creando una fondazione che è diventata un centro vitale e geniale di arte e cultura. Questo porta tutti noi a pensare quanto ci mancherà il maestro Pomodoro”.
In merito all'eventualità che gli venga intitolata una via, Sacchi ha risposto di averne “parlato con i familiari dando da subito la disponibilità a fare un ricordo quando sarà tempo e se la sentiranno. Milano ricorderà Pomodoro, lo faremo nei luoghi che la famiglia vorrà e che la città metterà a disposizione”. "C’è la legge dei dieci anni" dalla morte per l'intitolazione di una via, "ma il maestro non verrà dimenticato dalla città", ha continuato Sacchi.
“Gli artisti, come tutti gli uomini che hanno visione e futuro, vivono attraverso loro opere”, è stato il ricordo della cugina del maestro, Livia Pomodoro. “Mi mancheranno le chiacchierate, il potersi confrontare sul futuro dell’umanità sofferente che ha bisogno di noi. Milano per ricordarlo può fare molte cose perché il rischio è perdere la memoria”, ha continuato.