Joca, il “Che Guevara” di Calabria, Alfredo Sprovieri riscopre una pagina di storia completamente dimenticata.

“Joca, il Che dimenticato”, sottotitolo “La vera storia del ribelle italiano che sfidò il regime dei Gorillas”, un saggio da non perdere, è l’ultimo libro di Alfredo Sprovieri, giornalista scrittore oggi Direttore di “Ammasciata.it”, rivista indipendente realizzata dal collettivo Mmasciata © Calabria Web Award, e che è racconta e ricostruisce una emblematica pagina di storia della nostra emigrazione italiana in Brasile. Una storia anche tragica.

di Pino Nano
Domenica 28 Giugno 2020
Roma - 28 giu 2020 (Prima Pagina News)

“Joca, il Che dimenticato”, sottotitolo “La vera storia del ribelle italiano che sfidò il regime dei Gorillas”, un saggio da non perdere, è l’ultimo libro di Alfredo Sprovieri, giornalista scrittore oggi Direttore di “Ammasciata.it”, rivista indipendente realizzata dal collettivo Mmasciata © Calabria Web Award, e che è racconta e ricostruisce una emblematica pagina di storia della nostra emigrazione italiana in Brasile. Una storia anche tragica.

Joca, il “Che Guevara” di Calabria, Alfredo Sprovieri riscopre una pagina di storia completamente dimenticata.
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Questa che oggi Alfredo Sprovieri ci racconta, è nei fatti la storia affascinante e tragica insieme di Libero Giancarlo Castiglia, un giovane che emigrò in Brasile dalla Calabria nella metà degli anni '50, e dopo un'esperienza come metalmeccanico a Rio De Janeiro, iniziò a collaborare con la redazione del giornale comunista "A Classe Operaria".

Erano anni difficili- scrive Alfredo Gualtieri- gli anni della dittatura militare che depose con la forza il governo del trabalhista João Goulart: il nuovo governo proibì gli scioperi e nel 1965 mise fuori legge le forze politiche avversarie.

Libero Giancarlo Castiglia a quel punto avrebbe potuto tornare in Italia, magari in Calabria, la sua terra di origine, ma decise invece di restare e di lottare per la libertà della terra che lo aveva accolto come emigrante.

Una vita decisamente avventurosa e complessa. Il suo motto era diventato questo: “Nella vita bisogna fare una scelta. Lo so che questo non è il mio paese, ma c'è la libertà da difendere e se nessuno ci prova le cose non cambieranno mai”.

Dopo una fase di addestramento in Cina, conosciuto come "Joca", Libero Giancarlo Castiglia si mise al comando di un distaccamento della guerriglia rurale in Amazzonia, erano in soli 69 – racconta Alfredo Sprovieri- contro migliaia di soldati.

Era inevitabile, dopo anni di epiche battaglie Joca e i suoi vennero sconfitti fra il 1973 e il 1974, e sparirono nel nulla dopo una caccia all’uomo senza precedenti “Battaglie epiche che trasformarono "Joca" in uno dei miti della povera gente, quella senza diritti che vedeva in quel "ribelle italiano" l'ultima speranza di una vita migliore”.

Pensate, lo chiamavano il "Che Guevara" di Calabria, gli portavano rispetto, lo consideravano un capo. Ma fra il 1973 e il 1974 "Joca" e i suoi uomini sparirono nel nulla dopo un imponente rastrellamento dei soldati. Trucidati senza pietà e seppelliti in una fossa comune alla foce del grande fiume Araguaia.

All'inizio del nuovo millennio, però- sta qui la grande novità stoica di questo saggio di Alfredo Sprovieri- in una fossa comune vicina al grande fiume Araguaia, viene ritrovato uno scheletro, con le mani mozzate, e il governo brasiliano ritenne subito potessero essere i resti di questo combattente italiano che rispondeva al nome di Joca.

Viene dunque organizzata una spedizione in Calabria, alla ricerca del suo DNA, ma da quel giorno di speranza -così come lo scrittore lo chiama- la vicenda ripiomba nel silenzio più assoluto. E qui la denuncia forte di Alfredo Sprovieri: “nessuno in tutti questi anni ha mai voluto dare alla sua famiglia quello che gli spettava invece di diritto: il corpo del proprio caro, ma soprattutto la verità sulla sua morte.

Una storia, sconosciuta ai più, che ricorda per alcuni tratti l'epopea del "Che", e su cui oggi questo giovane cronista ha deciso di fare chiarezza fino in fondo. Introdotto da Goffredo Fofi, il libro racconta le città e le foreste in cui il Plan Condor inghiottì la meglio gioventù sudamericana. Le due parti del saggio sono precedute e seguite da due brevi incursioni di inchiesta vera e propria che ci riportano al tempo presente e rivelano inediti retroscena sulla vicenda.

Il libro racconta le città e le foreste nelle quali il Plan Condor inghiottì la meglio gioventù sudamericana. "L'ordine - racconta Sprovieri - fu quello di uccidere, di sterminarli tutti e di sotterrare ogni traccia del loro coraggio.

Ma si sbagliarono, perché quei ragazzi non erano solo corpi: erano semi e, come il fiore, la loro verità prima o poi troverà luce". Un'inchiesta che rivela retroscena inediti sulla vicenda e ci riporta ai giorni nostri.

Perché la battaglia per conoscere la verità su "Joca" e i suoi fedelissimi non è mai finita. Davvero meravigliosa l’introduzione che ne fa Goffredo Fofi, che alla fine della sua analisi conclude riconoscendo che Alfredo Gualtieri “ci ha raccontato una storia conchiusa in modi bensì aperti e ariosi, che costringono noi ipocriti lettori a confrontarci con le scelte di ieri, anche quelle che sono state di piccole minoranze di persuasi, e non quelle dei militanti addottorati ma dei più semplici dei militanti, contadini, operai artigiani, gente comune, emigrati”.

Ma forse ancora di più questo: “Il saggio di Alfredo Sprovieri - sottolinea Goffredo Fofi- è dunque anche un libro sul nostro pallido e conformista presente(chissà se anche brasiliano) e su un’epoca in cui non si crede più nella possibilità di cambiare il mondo e nella scelta di seguire attivamente la strada della giustizia sociale sino in fondo, correndo tutti i rischi che questa scelta obbligatoriamente comporta”.

Un libro che vale davvero la pena di leggere dall’inizio alla fine.


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