L’antifascismo ci vuole, se il fascismo è un “moto dell’anima”
“E’ difficile da immaginare oggi nell’Italia del terzo millennio il rischio che possa ritornare il fascismo”. Qui si seguito l’analisi dello scrittore meridionalista Mimmo Nunnari che alla storia del Sud Italia ha dedicato tutta la sua vita.
di Mimmo Nunnari
Lunedì 01 Maggio 2023
Roma - 01 mag 2023 (Prima Pagina News)
“E’ difficile da immaginare oggi nell’Italia del terzo millennio il rischio che possa ritornare il fascismo”. Qui si seguito l’analisi dello scrittore meridionalista Mimmo Nunnari che alla storia del Sud Italia ha dedicato tutta la sua vita.

E’ difficile da immaginare oggi nell’Italia del terzo millennio il rischio che possa ritornare il fascismo anche se - non dimentichiamolo - è nel nostro amato conflittuale e strano Paese che è sorto il movimento politico di estrema destra fondato dal politico, giornalista e in seguito dittatore, Benito Mussolini. Per cui è pure probabile che sia rimasto tra le pieghe del tempo, nel fondo di qualche coscienza non lavata, inciso come messaggio genetico, un sia pur minimo residuo di affezione verso un’epoca in cui secondo alcuni sono state fatte pure cose buone.

La nazione italiana - nonostante l'identità non ancora definita e il processo di unificazione rimasto incompiuto dopo più di un secolo e mezzo – poggia tuttavia su solidissime base democratiche, e può contare su quello scudo insuperabile rappresentato dalla Costituzione nata dalla lotta di Resistenza per garantire la libertà di tutti i cittadini, senza distinzione alcuna, e anche come antidoto al fascismo, che rappresenta la pagina più buia e tragica dell’intera storia nazionale.

Non ci sarebbero sostanzialmente perciò legittime o valide ragioni legate a rischi o pericoli reali, per reintrodurre nel dibattito culturale politico e pubblico la parola “fascismo”, che ormai appartiene per sempre alla storia.


Come dice lo storico molisano Emilio Gentile, emerito di Storia contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma : “Non si può parlare di fascismo, quando mancano quelli che furono gli elementi essenziali del movimento politico fondato da Mussolini: la militarizzazione della politica, il totalitarismo e l’imperialismo”. Per Gentile, è fascista chi si proclama fascista, e chi afferma “il primato dello Stato della nazione e della guerra”.

Perché, sono queste, le caratteristiche storiche del fascismo. Chiaramente la democrazia in Italia non è dunque in pericolo; ne’ si possono considerare pericoli le nostalgie da operetta intorno a un fenomeno storico che Francesco Merlo su la Repubblica “D” ha, con azzeccatissima espressione, definito “databile ma non ripetibile”.

C’è, però, posto che lo storico Gentile ha senz’altro ragione, e che il termine fascista, quando è usato oggi, non ha nulla in comune con quello che è stato storicamente il fascismo, una questione di carattere culturale e antropologico che andrebbe attentamente e seriamente  analizzata e tenuta presente quando il fascismo diventa un sentimento: un “moto dell’anima”, prima ancora di una condizione politica.

E’ per questo non secondario  motivo che torniamo sull’argomento ormai a distanza di giorni dalle celebrazioni del 25 aprile, data in cui annualmente si scatenano le polemiche e si anima il dibattito su fascismo e antifascismo, per poi non riparlarne più, fino all’anno successivo.

E’ ancora il professor Gentile, col suo libro “Chi è fascista” (editore Laterza), che ci viene in soccorso per chiarire che cosa significa “stato d’animo fascista”. Gentile spiega che seppure differente dal fascismo regime e dal fascismo ideologia, lo stato d’animo fascista è comunque un tipo di fascismo da cui deriva un umore sottile e contagioso che accompagna, che pervade. Un fascismo sotto traccia, si potrebbe dire.

Sono a volte i gesti e le parole della vita quotidiana a mostrare lo stato d’animo fascista, magari inconsapevolmente. Cioè, potremmo liberamente dedurre, che si può essere fascisti, come stato d’animo, se ad una manifestazione o a un funerale o sulla tomba del duce Mussolini facciamo il saluto romano col braccio alzato e la mano tesa, oppure se teniamo nel salotto di casa il ritratto o il busto  di Mussolini. A volte si compiono pure gesti ambigui con l’intento di mandare messaggi a qualcuno che immaginiamo gradisca riceverli e apprezzare.

Ricordiamo il leader leghista Matteo Salvini, affacciato dal balcone del municipio di Forlì, per tenere un comizio elettorale. Era lo stesso balcone dal quale il capo del fascismo Mussolini aveva tenuto diversi comizi. Salvini, non poteva certo ignorarlo.

Si possono fare ancora altri esempi, di scivoloni politici e istituzionali, come quello del presidente del Senato Ignazio La Russa, secondo il quale i nazisti uccisi nell’attentato di via Rasella  erano solo musicisti pensionati.

Ancora La Russa, prima della balbettante sua interpretazione di antifascismo, pronunciata nella trasmissione di Bruno Vespa, aveva dichiarato che la parola antifascismo non compare nella Costituzione, beccandosi una salutare lezione dal professor Giovanni Maria Flick, già presidente della Corte costituzionale: “La Repubblica è nata da una Liberazione che è frutto non solo di una Resistenza che combatteva accanto alle forze Alleate contro il nemico occupante, ma anche del rifiuto del fascismo, della sua ideologia e contro i venti anni di dittatura fascista".

E si è beccato anche un ripasso da  Gustavo Zagrebelsky, anche lui presidente emerito della Corte costituzionale: "La Costituzione è antifascista, questione di sostanza, non solo di parole". Punto. Noi, qui, in questa riflessione post 25 aprile, stiamo forse un po’ volgarizzando la spiegazione di “stato d’animo fascista”, con esempi frutto di gaffe e ignoranza, ma forse non solo: la “sostituzione etnica” del ministro Lollobrigida è un esempio da manuale, di linguaggio ambiguo, di dico e non dico.

Ma ci sono più nobili interpretazioni di questo sentimento che è lo “stato d’animo fascista”, come, ad esempio, quella dello scrittore Thomas Mann - un gigante della letteratura europea - che in una novella scritta nel 1929 riscontra nei due protagonisti del suo racconto “Mario e il mago” lo “stato d’animo fascista”. E’ da stato d’animo, che il fascismo diventò regime, con la fascinazione subita dagli italiani – caso estremo di un movimento profondo dell’inconscio collettivo. 

Quel che più ci preme, in conclusione, è richiamare l’attenzione sul fatto che se esiste lo “stato d’animo fascista” -  ed esiste - si giustifica, anzi è necessario ed urgente mantenere  in vita e nel dibattito politico e pubblico il termine antifascismo, che per qualcuno sarebbe invece fuori dal tempo.

In ogni caso, e in maniera “alta”, dignitosa, ci ha pensato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella a chiudere ogni querelle, fissando, col suo limpido ed elevato discorso pronunciato a Cuneo - una delle patrie della Resistenza italiana - paletti invalicabili nella storia repubblicana: “Il nostro Paese è fondato su una Carta costituzionale che è figlia della lotta antifascista”.

Per poi concludere con l’inequivocabile frase  del padre costituente repubblicano Piero Calamandrei:“Ora e sempre Resistenza”. Una grande lezione del “padre della patria” dei nostri giorni. Per fortuna.

 


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