La candidatura di Letizia Moratti: la battaglia lombarda si sposterà a Sud?

Sbaglia o è ingenuo chi pensa che la decisione di Letizia Moratti di candidarsi alla presidenza della Regione Lombardia sia solamente l’ambizione o il capriccio di una signora della buona borghesia meneghina di ritornare a contare nella politica e nella società.

di Mimmo Nunnari
Domenica 04 Dicembre 2022
Roma - 04 dic 2022 (Prima Pagina News)

Sbaglia o è ingenuo chi pensa che la decisione di Letizia Moratti di candidarsi alla presidenza della Regione Lombardia sia solamente l’ambizione o il capriccio di una signora della buona borghesia meneghina di ritornare a contare nella politica e nella società.

Chi conosce il suo percorso pubblico sa che non ha mai sgomitato per occupare ruoli importanti: ministro, presidente della Rai, sindaco Milano, amministratrice di aziende, animatrice e sostenitrice di comunità assistenziali. Non è dunque il tipo, donna Letizia, di proporsi, o lanciarsi in avventure che non abbiano un concreto, preciso obiettivo.

A lei viene offerto o dato: non chiede. Anche alla vigilia di questa discesa in campo le sono stati proposti ruoli di primo piano, che ha rifiutato. Dovunque, la signora nata Brichetto Arnaboldi - antica aristocrazia lombarda - ha lasciato traccia del suo carattere determinato, di acciaio, che non si piega, semmai si spezza. La sua biografia è troppo nota per pretendere di aggiungervi qualcosa, o di appiccicarle etichette.

Per esempio, sul suo antifascismo (figlia orgogliosa di partigiano) c’è poco da dire. Perciò, sicuramente c’è altro, nella competizione per la superpoltrona del Pirellone: magari il disegno (in verità non nascosto dai suoi alleati del Terzo polo) di scuotere il sistema politico ingessato dell’Italia, da tempo avvitata in una crisi che non vede vie d’uscita; una nazione dove c’è bisogno di spalancare le finestre, cambiare l’aria.

Cosa non facile, in un Parlamento di “nominati” dove c’è da una parte una maggioranza che non sembra adeguata a interpretare e risolvere il “caso italiano” e dall’altra la “zattera della medusa” della minoranza (Pd, 5 Stelle e pezzi sparsi della sinistra) che naviga verso la tempesta. La ciambella di salvataggio offerta al Pd, con la richiesta di appoggiare la candidatura Moratti, è stata rifiutata: il Pd preferisce affondare.

La domanda è: la candidatura di Letizia Moratti farà più male alla destra o alla sinistra? E’ presto, per rispondere. Quel che è certo la Moratti al momento ha spaccato la destra, messo dubbi al Pd, unito il centro rappresentato dal Terzo Polo di Calenda, Renzi e Carfagna e attirato pezzi di Lega, Forza Italia e altre forze moderate, col sindaco di Milano Sala in posizione di attesa. L’esordio in campagna elettorale non lascia dubbi sulla scelta di campo fatta dell’ex vicepresidente della Regione.

E’ un je accuse chiaro alla destra come neppure da sinistra finora era stato fatto: “Questa è una destra che a furia di alzare muri, ci chiude tutti in un recinto”. Dichiarazioni chiare, inequivoche, che hanno spiazzato a destra e sottratto argomenti alla sinistra.

La destra l’accusa di essere passata a sinistra e la sinistra continua a marchiarla come donna di destra: “E’ ex ministra di Berlusconi ed ex assessora del leghista Fontana”, ha sbrigativamente dichiarato Enrico Letta, segretario Pd, chiudendo la porta all’ipotesi di sostegno alla candidatura alla presidenza di Lombardia.

E’, però, un Letta smemorato quello che s’indigna, che ha dimenticato - tanto per fare un solo esempio - il caso di Beatrice Lorenzin, ministro della Salute con Berlusconi, passata al Pd dopo lunga militanza in Forza Italia, col Popolo della Libertà, col Nuovo Centro Destra di Alfano. Giustamente, Lorenzin, ormai nel Pd, si giustificò così: “Solo gli sciocchi nella vita restano sempre nello stesso posto”.

E tanto bastò per “lavarla” dal peccato e restituirle l’innocenza. Il problema, per Letizia Moratti, è di essere sostenuta da Calenda e Renzi? Nomi che fanno venire l’orticaria ai naufraghi del Nazareno o il travaso di bile alla ditta post comunista? Per loro è meglio perdere in Lombardia anziché vincere, pur di non ritrovarsi al fianco del romano dei Parioli e del toscano di Rignano.

Domanda - su la Repubblica - Natalia Aspesi, una delle teste più lucide del buon vecchio giornalismo italiano: “Sareste soddisfatti di perdere ancora, pur di non far vincere una delle altre sinistre, contro tre destre che si odiano, più di quanto vi odiate voi, ma si presentano unite perché sanno come va il mondo”.

La partita di Milano è comunque ancora aperta e non è detto che il Pd, o frange del Pd, non ci ripensino. L’endorsement dell’ex senatore Luigi Zanda, che del Pd fu influente capogruppo, nella passata legislatura, non è certo caduta nel vuoto: “Moratti può vincere, il Pd la sostenga, in gioco non c’è solo la Lombardia”. Il voto di Milano, secondo Zanda, può infatti avere riflessi sugli “equilibri istituzionali nazionali e sul sistema democratico complessivo”.

Un altro autorevole endorsement alla candidatura Moratti arriva da un intellettuale e politico della sinistra storica come Michele Salvati: “Sostenerla [la Moratti] non è solo conveniente, ma sarebbe una scelta strategica e politica davvero socialdemocratica” (l’ha scritto su Il Foglio). E Roberta Pinotti, ex ministro della Difesa, esponente di primo piano del Pd è stata ancora più esplicita: “Dire no all’ex vicepresidente della Lombardia è sbagliato.

La destra la teme, i dem non tornino all’araba fenice”. La candidatura Moratti - si fa anche questa ipotesi - porterebbe a collocare il “laboratorio Lombardia”, con quelle impennate della società civile che in Italia a cicli rifioriscono, soprattutto nei momento in cui il caos è totale e molte cose muoiono e nessuna ne nasce. 

Nessuno sa, in questo momento, verso dove va la crisi italiana.

Il processo di democrazia tuttavia porta in sé paradossi e con sé contraddizioni; a volte saltano le regole del gioco e la candidatura Moratti potrebbe far parte di questi momenti di rottura e ricomposizione. Sarà interessante osservare che cosa succederà al Sud nei prossimi mesi, dove paradossalmente cerca di rifugiarsi il leghista Salvini, considerato che al Nord il Carroccio non tira più come prima.

Se Salvini perde la Lombardia, anche alcuni “porti sicuri” del Sud probabilmente gli negheranno l’accoglienza e si rimescoleranno le carte: a cominciare da Calabria e Sicilia, regioni dove il partito di Salvini, nonostante la sua trazione nordista, ha ancora una qualche influenza.  

 


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