Libri: Negoziatori si nasce o si diventa? L’una e l’altra cosa.

Francesco Tufarelli, Cristiano Zagari, Negoziando,  Una cassetta degli attrezzi per classi dirigenti. Edizioni The Skill Press, pagine 305, 20 euro.

di Mario Nanni
Giovedì 25 Marzo 2021
Roma - 25 mar 2021 (Prima Pagina News)

Francesco Tufarelli, Cristiano Zagari, Negoziando,  Una cassetta degli attrezzi per classi dirigenti. Edizioni The Skill Press, pagine 305, 20 euro.

Negoziare, trattare per un accordo – tra aziende, imprese, tra Stati, e perché no? tra forze poliriche, ma anche nelle situazioni più varie della vita quotidiana - è una scienza o un’arte? Forse l’una e l’altra cosa insieme. Bisogna conoscere regole, codici di linguaggio, nozioni sul comportamento, la psicologia, la fisiognomica, precedenti storici, figure famose. E poi bisogna interpretare con abilità, spirito creativo, quelle regole, e qui siamo nel campo dell’arte.

Altro quesito: negoziatori si nasce o si diventa? L’una e l’altra cosa, anche qui. Alla base di tutto c’è la conoscenza, non solo di come impostare un negoziato, di come avviarlo, di come condurlo, fino al successo.

Ma bisogna conoscere anche ‘’l’altro’’, l’interlocutore: sapere come stanarlo, come affrontarlo, e specialmente bisogna sapere la cultura, usi e costumi del Paese a cui appartiene, per non fare gaffe ed errori a volte irreparabili. Guai, negoziando con i Russi, a usare la parola ‘’compromesso’’.

Il termine che Berlinguer usò, nel settembre 1973 con tre articoli sulla rivista ‘’Rinascita’’, per lanciare la proposta di un accordo politico e storico, immaginato epocale con le masse cattoliche, per i Russi invece è sinonimo di sconfitta. E non è difficile immaginare quale dovette essere la reazione dell’Unione Sovietica a quella proposta del segretario del Pci.

Nel 1979 il segretario generale dell’Onu rischiò il linciaggio a Teheran per aver impiegato il termine compromesso che in Iran venne percepito come un’accusa di corruzione. E guai a stringere la mano ai Russi stando vicino alla porta: per loro questo gesto vuol dire sfortuna. E il negoziato rischierebbe di naufragare.

Nella trattativa i Russi sono giocatori di scacchi, sono orgogliosi della loro letteratura, dei loro progressi scientifici; elogiarli, citarli fa acquistare punti ai loro occhi. Attenti alle parole parlando con i russi: se dicono "è impossibile" vuol dire che si può ancora negoziare; se dicono "è molto difficile", significa che l’accordo si farà. Negoziando con i Russi infine bisogna capire che per loro il silenzio significa che stanno pensando, è
rischioso portare fretta, altrimenti il negoziato rischia di naufragare.

Il negoziatore, specialmente se tratta con stranieri, deve preoccuparsi della qualità delle traduzioni . Un negoziato può andare in fumo per una traduzione sbagliata. Un imprenditore europeo trattando con un ministro cinese disse: "Non si può forzare un asino a bere". La traduzione fu: "Vi forzeremo a bere". Ci vollero sei mesi per recuperare questo disastro comunicativo.

Questa messe di dati e di riferimenti li leggiamo nel prezioso libro "Negoziando. Una cassetta degli attrezzi per classi dirigenti". edito da The Skill Press. Autori, Francesco Tufarelli e Cristiano Zagari, docenti universitari ed esperti di pubblica amministrazione, ed esperti della materia; hanno compulsato opere storiche, diplomatiche, scientifiche, economiche e letterarie, studiato figure come Machiavelli, Guicciardini, Jefferson, Talleyrand, Lord Palmerston,Bismarck, e principi della creazione pubblicitaria dei nostri giorni.

Una cassetta per gli attrezzi è formula che dà l’idea della profonda utilità pratica ma non rende giustizia alla ricchezza di dati, episodi, circostanze, suggerimenti, dritte, "discorsi sul metodo" di cristallina chiarezza cartesiana.

Un libro che ha il carattere di un manuale, si consulta come un atlante, una mappa, una carta nautica con cui classi dirigenti di vari livelli e settori della società avranno facilità orientarsi. Vi troveranno utili spunti e idee illuminanti anzitutto i manager, capitani d’industria e dirigenti, per i quali forse è stato originariamente pensato; ma farebbero bene a leggerlo anche politici ( nella ‘’cassetta degli attrezzi forse non ci sarà il cacciavite di Letta ma strumenti più incisivi e necessari), diplomatici, e tante figure produttive, compreso tutto il mondo che ruota attorno al principio della mediazione, della trattativa, del confronto, del negoziato, a tutti i livelli, dalla più piccola cerchia domestico alle più grandi cerchie della vita nazionale e internazionale.

Il negoziatore, e il suo team, deve essere ferrato in storia, sugli usi e costumi del Paese con cui negozia. In un decalogo scritto da un francese, François de Callières quattro secoli fa, il negoziatore deve avere la "pazienza di un orologiaio", e deve sapersi guardare "dalle donne e dalle trappole della seduzione" . Deve tener conto che negli incontri negoziali, l’interlocutore, specialmente orientale, si presenta con un team molto numeroso: lo fa anche per fare fumo, per dare segno di potenza e forse intimorire; come facevano i Bizantini che facevano sfilare i loro soldati con divise sempre diverse per trarre in inganno, dare l’idea che il loro esercito era molto numeroso. Invece i soldati erano sempre gli stessi.

Non ricorda il trucco delle mucche itineranti al tempo di Mussolini? Venivano mostrate in grandi fattorie, durante le visite di Stato, ma mentre le Autorità si spostavano da una località all’altra, si spostavano anche le mucche. Il negoziatore deve conoscere il linguaggio del corpo, e non ignorare per esempio che: sbattere le palpebre è segno di nervosismo; toccarsi la faccia segnala mancanza di sincerità.

Lasciarsi interrompere, durante un negoziato, è un modo per far scoprire l’interlocutore; è utile ritardare le proprie reazioni; non leggere quando l’altro parla; specchiare la postura della controparte.

Conclusione molto abile su questo punto: il miglior modo di parlare è far parlare gli altri. Indurli a scoprirsi.

Il libro di Tufarelli e Zagari offre indicazioni preziose per ogni fase del negoziato, con l’ausilio di schemi, prospetti ed esempi tratti da ben 106 casi concreti attentamente studiati. Il metodo, va riconosciuto agli autori, è lo stesso di Machiavelli, che dall’esame delle condotte di vari principi e stati ricavò una ‘’scienza della politica’’ e alcune regole o tendenze che indicavano virtù da praticare ed errori da evitare.

Un esempio: per cominciare bene la trattativa: occorre evitare insulti; contrapposizioni irritanti ( frasi come ‘’cerchiamo di ragionare’’), o controproposte troppo rapide ( segno che non si ascolta); evitare parole come "sempre" , "mai", usare condizionali ( scoraggiano).

Bisogna stare attenti a non sbagliare l’esordio nel discorso durante la trattativa, o nel presentare una proposta. Come esempio errato, viene citato il dialogo nel "Gattopardo" in cui Chevalley propone al principe di Salina il laticlavio. Il succo della critica mossa dagli autori è: l’incaricato piemontese parlava dando tutto per fatto e scontato, mentre avrebbe potuto esordire in modo più problematico: posso suggerire qualcosa? Posso farle una domanda? In questo modo avrebbe attirato l’attenzione, avrebbe preparato l’interlocutore ad ascoltare.

Altre curiosità significative. Se si tratta con i Sauditi ( Renzi ne tenga conto): bisogna stare a distanza almeno per la lunghezza di un braccio teso; sapere che i preliminari delle trattative sono importanti, che i Sauditi amano parlare della famiglia, della salute, del calcio; che con loro bisogna non avere fretta, che il rapporto di fiducia costituisce il 90 per cento della trattativa.

Nel negoziato con Cinesi e Giapponesi: è noto il modo di porgere il biglietto da visita tenendolo stretto nelle due mani; i Giapponesi lo offrono muovendo il corpo in avanti. Attenti alla numerologia cinese: per loro il 6 vuol dire che tutto andrà bene; il 9 indica eternità, l’8 che la fortuna si avvicina, il 4 la morte. Non amano il contatto fisico, non vogliono essere guardati negli occhi, la stretta di mano deve essere delicata, bisogna evitare il saluto con la pacca sulle spalle; il colore giallo vuol dire prosperità, il bianco la morte, il rosso è la fine del rapporto. I cinesi sono negoziatori umorali, non parlano mai in modo diretto, amano le digressioni, tendono a dilatare i tempi della trattativa anche allo scopo di sfinire l’interlocutore.

Anche i giapponesi condividono con i cinesi la stessa idea del tempo circolare, dilatato. Non bisogna fissarli negli occhi; se si sente fissato, un giapponese volge gli occhi agli angoli della sala. Amano le pause, i silenzi, tra due frasi. E questi silenzi bisogna rispettarli. Molti negoziati sono falliti per mancato rispetto del silenzio. Per il giapponese dire No è considerata una offesa. Se annuisce significa che ti sa seguendo ma non necessariamente che è d’accordo. Anche i russi amano il silenzio. Essi pensano in silenzio prima di parlare. Mai portare fretta a un russo: si indispone .

La conclusione di un negoziato – puntualizzano gli autori del libro - richiede consapevolezza: il momento ideale per concludere è quello in cui la controparte si convince che da parte nostra nulla più verrà fatto per avvicinare le posizioni. Non poteva mancare la pandemia, come elemento di complicazione dei negoziati: oggi tra due o più negoziatori si è inserito per causa del lockdown un terzo elemento, non sempre neutrale: la rete e la sua inevitabile appendice: una buona connessione. Sono cambiate e la modalità e la durata dei negoziati. Quaderni di aggiornamento rispetto alla nuova situazione che si è creata a livello internazionale sono in preparazione. Insomma, dopo la cassetta degli attrezzi, d’impronta generalista, gli autori annunciano come imminenti "strumenti di maggiore precisione" abbinati a scenari più particolari e specifici.

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