Massimo Fioranelli : “Cari virologi da salotto liberatevi dalla paura”, ma il pericolo maggiore è la privazione dei diritti
Il grande fisiologo romano Prof. Massimo Fioranelli traccia in esclusiva per PPN News una analisi impietosa e a tratti drammatica: “Accecati da una paura insostenibile e da un’ignoranza abissale, la politica ha assecondato la sospensione dei diritti umani e di quelli costituzionali, senza che questo avesse alcun beneficio sul contenimento dell’epidemia e, di fatto, peggiorando lo stato di salute di un intera popolazione. Oggi guardare le immagini che vengono dal nostro parlamento non ci fa presagire nulla di buono: tra populisti ed oltranzisti rischiamo una deriva autoritaria, foriera di annichilimento dei diritti costituzionali”.
di Massimo Fioranelli
Sabato 14 Novembre 2020
Roma - 14 nov 2020 (Prima Pagina News)
Il grande fisiologo romano Prof. Massimo Fioranelli traccia in esclusiva per PPN News una analisi impietosa e a tratti drammatica: “Accecati da una paura insostenibile e da un’ignoranza abissale, la politica ha assecondato la sospensione dei diritti umani e di quelli costituzionali, senza che questo avesse alcun beneficio sul contenimento dell’epidemia e, di fatto, peggiorando lo stato di salute di un intera popolazione. Oggi guardare le immagini che vengono dal nostro parlamento non ci fa presagire nulla di buono: tra populisti ed oltranzisti rischiamo una deriva autoritaria, foriera di annichilimento dei diritti costituzionali”.
Nella scienza moderna e nella filosofia contemporanea esiste un grande enigma: il LINGUAGGIO umano. Il linguaggio è irriducibile alle leggi che noi conosciamo, ed è comunque fondamentalmente un mistero. Tuttavia, in psicologia il linguaggio e la sua sintassi rappresenta una occasione unica per esplorare non tanto e non solo le capacità comunicative dell’uomo, ma la struttura psicologica generale.

Diceva il grande Gabriel Garcia Marquez “Se Dio ha creato il mondo, gli uomini hanno poi creato gli aggettivi e gli avverbi, trasformando un’impresa tutto sommato noiosetta in una meraviglia…” Per quanto oggi secondario a quello Emotivo, il Quoziente Intellettivo medio della popolazione, che dal dopoguerra alla fine degli anni '90 era sempre aumentato, ha mostrato, nell'ultimo ventennio, un notevole impoverimento, soprattutto nei paesi più sviluppati.

In questo declino annunciato, un ruolo fondamentale è rappresentato dall'impoverimento del linguaggio e dall’ incapacità di gestire le emozioni. Meno parole, meno verbi, meno aggettivi implicano meno capacità di esprimere le emozioni e meno possibilità di elaborare un pensiero. Senza parole per costruire un ragionamento, il pensiero complesso è reso impossibile.

Secondo il grande linguista Tullio De Mauro nel 1976 un giovane conosceva circa 1600 parole; nel 1996 la competenza linguistica si fondava su circa 600 -700 parole; oggi siamo arrivati a circa 300 parole. È un problema? SI, è un grosso problema, perché, come ha evidenziato Heidegger, riusciamo a pensare limitatamente alle parole di cui disponiamo, perché non riusciamo ad avere pensieri a cui non corrisponde una parola.

Vygotskij, il grande linguista russo, ha connesso il pensiero al linguaggio. Le parole non sono strumenti per esprimere il pensiero, al contrario sono condizioni per poter pensare. Il lessico cui siamo abituati in questi mesi è un’occasione per analizzare anche il valore della scienza, e soprattutto della medicina e della sua decadenza. Dai termini lockdown, coprifuoco, stanare gli asintomatici, ci si rende conto che quello che stiamo vivendo è la trasformazione di problema sanitario in una pandemia iatrogena e mediatica; un lessico da guerrafondai usato per terrorizzare e reprimere un’intera umanità.

Una sintassi così culturalmente ed umanamente miserevole impone una riflessione sui valori fondanti della nostra società e sul ruolo e la decadenza scientifico-culturale della medicina moderna. Una sistematica demistificazione di tutto ciò che riguarda la medicina, non può che essere pericolosa per la collettività.

Tutti i regimi totalitari hanno usato un linguaggio scarso di parole e di sintassi perche’ senza le parole non esiste pensiero, riflessione e quindi pensiero critico. Il dramma che stiamo vivendo è la diretta conseguenza di un sistema informativo degenerato, di parte, asservito al potere, traslato nel pensiero e nelle scelte miopi della politica.

La libertà di stampa del nostro paese è oggi classificata al 41° posto nella scala mondiale. Basterebbe vedere l’intervista della Annunziata al commissario Arcuri o a Zingaretti, o vedere qualsiasi altro programma televisivo, per esperire quel sentimento che Jan-Paul Sartre aveva ben espresso nella sua “NAUSEA”; domande imbarazzanti, senza contradditorio, finalizzate alla mistificazione della realtà e dei personaggi. Un sistema informativo che non controlla le fonti, proclama il vincitore delle presidenziali americane prima che si pronuncino le autorità preposte, stravolge ogni evidenza scientifica e la spaccia per verità assoluta.

Questa narrazione ufficiale è sostenuta da un sistema informativo di parte, medioevale, soggiogato, dipendente, violento, terrorizzato da ogni minimo dissenso. Una stampa criminale che definisce contagiati coloro che risultano positivi ad un esame clinicamente insostenibile se eseguito su asintomatici e avulso da ogni contesto clinico; viene ripetuto il solito mantra “tamponi per tutti”, senza la minima visone prospettica che questo possa condurre di fatto ad un blocco totale della società e ad un aumento di ricoveri impropri, bloccando di fatto tutte le attività assistenziali.

Oggi non si riesce più a curare adeguatamente malattie classicamente mortali. Questo stesso sistema informativo divinizza la Pfizer da cui si attende un vaccino che è già stato preventivamente acquistato. La Pfizer è la prima società al mondo nel settore della ricerca, della produzione e commercializzazione di farmaci. L’azienda americana vanta però anche altri primati.

La più grande frode commessa nella storia della sanità degli Stati Uniti, confessata dalla stessa azienda nel 2009, per aver commercializzato illegalmente 4 farmaci che è costata 2,3 miliardi di dollari di multa che ha dovuto pagare al governo americano. Nel 1996 ha condotto un test clinico non autorizzato, su 200 bambini nigeriani affetti da meningite con l’antibiotico Trovano; decine di morti e danni permanenti.

Alla fine, paga un rimborso di 700.000 dollari ed accetta di finanziare progetti sanitari in Nigeria. Nel 2012 paga un miliardo di dollari per gli effetti cancerogeni del farmaco Prempro. Nel 2013, 288 milioni di risarcimento per i danni da Chantix, un farmaco antifumo. Ha poi rifiutato di rendere generici (e dunque molto meno costosi) i propri farmaci contro l’Aids nei paesi più colpiti dalla malattia; ha imposto la promozione sul mercato di un antidolorifico vietato dalla Food and Drug Administration Usa; ha commercializzato illegalmente farmaci per cui ha pagato una multa di 2,3 miliardi di dollari.

E più volte la multinazionale è stata multata dalle autorità federali statunitensi perché il suo stabilimento a Barceloneta, Puerto Rico, per aver violato il Clean Air Act (legge sull’inquinamento atmosferico). Nel 2016 una petizione è stata lanciata sul fronte dell’inquinamento atmosferico prodotto da diverse compagnie farmaceutiche – fra le quali Pfizer – che, avendo delocalizzato in Cina fasi della lavorazione, contribuivano all’inquinamento atmosferico responsabile ogni giorno del decesso di quattromila persone nel paese. Ma si sa come va il mondo, e questa tendenza all'alienazione che si riscontra nelle classi politiche di vari paesi occidentali, ma che in quella italiana essa appare presentarsi nella sua forma più maniacale. Una volta adottato nella primavera scorsa dal governo e dal Comitato tecnico-scientifico il “frame” ufficiale – di ispirazione “cinese”, secondo cui l'unico mezzo di contrasto concepibile contro il virus sono le restrizioni delle attività economiche, della socialità, della mobilità dei cittadini, esso continua ad essere mantenuto fermo, nonostante i mutamenti profondi di contesto e le verifiche sperimentali.

Susan Murray del Royal del College of Surgeons di Dublino dice che “dobbiamo essere pronti a combattere la paura e l’ignoranza con lo stesso impegno con cui combattiamo il virus, altrimenti la paura infliggerà danni enormi alle persone più vulnerabili, anche in luoghi dove non viene registrato nemmeno un caso di contagio. Un’epidemia della paura può avere conseguenze terrificanti, soprattutto se abbinata a problematiche legate alla razza, al privilegio ed alla lingua”. Ma quando finisce una epidemia? A questa domanda la storia della medicina ha cercato di rispondere. L’influenza del 1918 è proposta spesso come esempio dei danni inflitti da una pandemia e dell’utilità della quarantena e del distanziamento sociale.

Prima di svanire, l’influenza uccise tra i cinquanta e i cento milioni di persone in tutto il mondo. Il virus colpiva gli adulti giovani e di mezza età, lasciando orfani i bambini e privando le famiglie del sostentamento. Da allora l’umanità ha vissuto altre pandemie d’influenza, spesso gravi anche se mai paragonabili a quella del 1918. L’influenza di Hong Kong del 1968 provocò la morte di un milione di persone in tutto il mondo.

In quel caso le vittime furono soprattutto anziani. Oggi il virus circola ancora come influenza stagionale, ma quasi nessuno ricorda più il suo impatto iniziale e la paura che ne conseguì.


Secondo gli storici è possibile che nel caso del covid-19 la conclusione sociale della pandemia arrivi prima di quella medica. Le persone potrebbero stancarsi delle restrizioni al punto da “dichiarare” conclusa la pandemia anche se il virus dovesse continuare a colpire la popolazione e prima che siano disponibili un vaccino ed una cura.

“Penso che vada considerato l’aspetto dello sfinimento e della frustrazione dal punto di vista della psicologia sociale”, sottolinea la storica di Yale Naomi Rogers. “Potrebbe arrivare un momento in cui le persone diranno ‘ora basta, merito di tornare alla mia vita normale’”. In un certo senso sta già succedendo. I governatori di alcuni stati americani hanno cancellato diverse restrizioni permettendo la riapertura di saloni di bellezza e palestre, ignorando gli avvertimenti degli esperti sanitari. Con il peggioramento delle condizioni economiche dovuto al virus, un numero sempre maggiore di persone sentirà di averne abbastanza.

“Sta emergendo questo genere di conflitto”, conferma Rogers. Le autorità sanitarie puntano alla conclusione medica, ma alcune persone hanno in mente soprattutto la conclusione sociale. “Chi avrà il compito di dichiarare conclusa la pandemia?”, si domanda Rogers. “Definire la conclusione della pandemia attuale “sarà un processo lungo e difficile”. Una cosa è però certa: abbiamo assistito al definitivo crollo di tutte le certezze che molti di noi avevano comunque da tempo perso: OMS, ISS, Ministero della Salute, AIFA, le società scientifiche, riviste considerate prestigiose, FDA, la medicina basata sulle evidenze, Univerità, virologi, comitati tecnico-scientifici.

Dio è morto e con esso il paradigma dominante della medicina moderna, che seppur efficientissima nelle malattie acute, ha percorso un miope paradigma riduttivo nel trattamento dei sintomi dimenticando il paziente, ed ha di fatto peggiorato lo stato di salute della popolazione. Che il re fosse nudo lo abbiamo percepito quando i cosiddetti scienziati, spaventati da una malattia che non conoscevano, autoproclamatesi esperti di una patologia che non avevano mai curato, abbiano così miserevolmente dimostrato al mondo intero di non possedere neanche i fondamentali per discutere di una infezione e della sua epidemiologia. Norme assurde contraddette quotidianamente, banchi con le rotelle per favorire l’immobilità ed il distanziamento, mascherine antisalutari all’aperto ed in classe, rapporti sessuali limitati nel tempo e protetti da plexiglass, asintomatici considerati contagiosi ed un conteggio assurdo dei contagiati, classificazione dei decessi in base alla positività tamponi “all inclusive”; una follia collettiva spacciata per scienza.

Accecati da una paura insostenibile e da un’ignoranza abissale, hanno assecondato la sospensione dei diritti umani e di quelli costituzionali, senza che questo avesse alcun beneficio sul contenimento dell’epidemia e, di fatto, peggiorando lo stato di salute di un’intera popolazione. Oggi guardare le immagini che vengono dal nostro parlamento non ci fa presagire nulla di buono: tra populisti ed oltranzisti rischiamo una deriva autoritaria, foriera di annichilimento dei diritti costituzionali.

“Anche in piena fase di emergenza da coronavirus, il sistema istituzionale e giuridico resta quello previsto dalla Costituzione, nella quale non c’è spazio per alcun diritto speciale in tempi speciali… la Costituzione non contempla un diritto speciale per i tempi eccezionali”; non sono parole mie ma di Marta Cartabia, presidente della Corte Costituzionale. Ma si sa come va il mondo, e questa tendenza all'alienazione che si riscontra nelle classi politiche di vari paesi occidentali, ma che appare presentarsi nella sua forma più monomaniacale in quella italiana.

Una volta adottato nella primavera scorsa dal governo e dal Comitato tecnico-scientifico il “frame” ufficiale – di ispirazione “cinese”, secondo cui l'unico mezzo di contrasto concepibile contro il virus sono le restrizioni delle attività economiche, della socialità, della mobilità dei cittadini, esso continua ad essere mantenuto fermo, nonostante i mutamenti profondi di contesto e le verifiche sperimentali.

Nessuno andrebbe a lezione di felicità da un maestro di pessimismo ma siamo costretti a farlo; come disse Schopenauer nel suo saggio “L’arte di essere felici” e nel pieno della sua pessimistica convinzione della vita, l’essere umano oscilla tra la noia ed il dolore; ma il dolore ha un suo limite; il posto nella nostra mente e’ limitato ed ad un certo punto si esaurisce; ed il grande filosofo di Danzica, nella sua eudemonica ci esorta a cavarcela con l’aiuto del prezioso strumento di cui madre natura ci ha dotati: l’ingegno.

Cari scienziati, virologi da salotto, usatelo più spesso e liberatevi dalla paura; la popolazione, che non ha i vostri pregiudizi, lo farà da sola.

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