Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
Quello che non si aspettava Mimmo Nunnari, per il suo ultimo libro “Democristiani” (Luigi Pellegrini editore), è che un vescovo noto, amato, conosciuto e apprezzato in tutt’Italia, monsignor Francesco Savino, vice presidente Cei per il Meridione e vescovo di Cassano, lo definisse un testo “rivoluzionario”, da prendere come bussola per un nuovo cammino dei cattolici in politica.
Quello che non si aspettava Mimmo Nunnari, per il suo ultimo libro “Democristiani” (Luigi Pellegrini editore), è che un vescovo noto, amato, conosciuto e apprezzato in tutt’Italia, monsignor Francesco Savino, vice presidente Cei per il Meridione e vescovo di Cassano, lo definisse un testo “rivoluzionario”, da prendere come bussola per un nuovo cammino dei cattolici in politica.
Mons. Savino, intervenendo alla presentazione del libro a Castrovillari ha sollecitato i cattolici, a prendere in eredità la lezione del passato, riattivando la consapevolezza che la vita pubblica non è un bene garantito dall’alto, ma una pratica quotidiana che si nutre del coinvolgimento di ciascun cittadino: “Scendere in campo - secondo il vescovo - significa rendere visibile la propria voce e dire: io ci sono, e credo ancora che la speranza fiorisca dove si intrecciano coraggio e scelta”.
Castrovillari è stata la tredicesima tappa calabrese di un viaggio di Nunnari col suo libro che si concluderà in autunno a Roma con una presentazione nazionale che prevede interventi dell’ultimo segretario del Partito Popolare, Pier Luigi Castagnetti e di altri leader politici e parlamentari che sono stati democristiani.
Il libro di Nunnari sta riaccendendo entusiasmi tra i nostalgici della Dc e suscitando interesse tra chi democristiano non lo è mai stato ma ha rimpianti per quella stagione politica della prima Repubblica che pur tra luci e ombre aveva portato l’Italia ad assumere un ruolo dignitoso e importante in Europa e nel mondo.
- Mimmo, che bilancio fai dopo le numerose presentazioni di questo libro che esce dalle tue tematiche abituali legate al Sud e alla Calabria?
Parto da quel “rivoluzionario”, pronunciato da monsignor Savino. Il vescovo vice di Zuppi - che so ha apprezzato il libro - ha colto il messaggio di “Democristiani” , che va oltre le storie straordinarie di leader cattolici come De Gasperi, Fanfani, Moro, La Pira, Dossetti, Lazzati. Ha colto l’importanza del pensiero politico di quegli uomini, la cui vita nel libro è raccontata, e ha messo in risalto la lezione esemplare e cristiana del loro agire, in tempi difficili e decisivi per il futuro dell’Italia. Ha pure detto Savino, per la verità, che oggi non servono nostalgie, ma piuttosto che urgenza in politica della presenza di cristiani che sappiano mettere insieme fedeltà alla sacra scrittura, e fedeltà alla storia.
Queste riflessioni, insieme a tanti altri giudizi positivi che ho raccolto girando per presentare il libro - cito uno per tutti il professor Giulio Nardo, quando sono stato a Vibo - mi confermano che l’idea di scrivere “Democristiani” è stata giusta.
- Fede, politica, società, democrazia, libertà, uguaglianza, sono temi ricorrenti del libro, che non richiama solo la storia del partito democristiano , ma offre una visione larga di un’Italia democratica con le radici cattoliche che per mezzo secolo è stata vincente…
E’ vero, come ha scritto Annachiara Valle, su “Famiglia Cristiana”, il libro non racconta solo la storia di un partito, ma sprona a pensare al contributo fondamentale della Dc alla costruzione della nostra democrazia, alla capacità di quella forza politica di cattolici, come De Gasperi che fu il fondatore e prese il testimone del Partito Popolare di don Luigi Sturzo, di fare sintesi, coltivare e trasmettere una qualche forma di identità nazionale e di essere disponibile al confronto con tutti, anche gli avversari.
Perciò, ha ragione monsignor Savino, niente nostalgie, ma presa d’atto che la Democrazia Cristiana è stata capace, dopo aver vinto le elezioni dell’aprile 1948 - scongiurando una possibile deriva italiana verso l’Unione Sovietica - di costruire la spina dorsale del Paese e di dare radici a quei valori di solidarietà e bene comune che ancora oggi - nonostante la mediocrità avvilente delle classi dirigenti che si sono in questi anni susseguite - reggono le ragioni del nostro stare insieme. Non a caso la sintesi di questi valori del passato è rappresentata oggi da Sergio Mattarella, il nostro presidente della Repubblica, l’ultimo democristiano, come lo definisco in un capitolo del libro.
- Come scrive Pierluigi Castagnetti, nella prefazione del libro, la Dc era un «sentiment»: una rete di valori radicati nel cattolicesimo democratico, che non possono essere andati perduti per sempre. Ma è vero tutto questo?
Castagnetti, è il leader in grado - se solo lo volesse - di dare vita a una stagione nuova dei cattolici in politica, ma è anche un uomo prudente, riflessivo: non guarda a ciò che conviene ma a ciò che può essere utile alla politica e soprattutto al Paese. La sua formazione dossettiana, il suo rigore morale, la sua fede solida, sono un patrimonio per i cattolici che vogliono impegnarsi in politica, L’altro giorno mi ha mandato un filmato ripreso estemporaneamente da qualcuno con un telefonino, davanti a Montecitorio, accompagnato da un emoticon col sorriso e da una didascalia: “Nostalgie pericolose!”. Nel filmato si vedono Pierferdinando Casini, Dario Franceschini, Renzo Lusetti e altri ex Dc, accogliere Gigi Castagnetti cantando “Biancofiore”, l’inno della Democrazia Cristiana; mentre qualcuno, scherzando, gridava: “Si prepari la lista, si prepari la lista”.
Naturalmente era un’improvvisata manifestazione di stampo goliardico, ma questa voglia di Dc la colgo negli incontri numerosi e affollati che sto facendo da molti mesi. Non vorrei sbagliarmi, ma alle presentazioni del libro oltre ai nostalgici democratici cristiani credo che vengano molti astensionisti: cioè gente che non va più a votare, che non sopporta la deriva populista della destra ed è smarrita e sconcertata dal vuoto di progettualità della sinistra, del Pd, un partito che ha fallito l’obiettivo di diventare movimento capace di rappresentare la maggioranza del Paese e non si sa cos’è. Anzi, e’ un partito di piccoli oligarchi, senza idee.
Alla gente che non va più a votare, manca la politica, la politica non rissosa, la politica come servizio, che è stata sostituita dal mediocre attuale spettacolo mediatico. Manca, come ha scritto Annachiara Valle su Famiglia Cristiana, la politica «con i valori in tasca», a beneficio di tutti.
- Il tuo saggio ha un profilo nazionale, racconti una storia di cattolici protagonisti in un Paese che ha avuto stagioni di armonia, di concordia, di confronti magari duri, ma senza rancori, o odio. Ma c’è anche un po’ di Calabria in questo tuo libro...
“Democristiani” nasce dall’idea di recuperare un pezzo di storia dimenticata, anzi negata dalla storiografia ufficiale e dai media. La Democrazia Cristiana, è stato il partito più importante in Italia per mezzo secolo. Dopo le macerie lasciate dal fascismo e dalla guerra la Dc ha contribuito in maniera determinante alla rinascita dell’Italia democratica e libera, guidando i primi governi, con presidente Alcide De Gasperi. Scrivendo una storia politica nazionale ho tuttavia incontrato un’anima calabrese della DC. C’è tanta Calabria nella storia che ho raccontato. Ho incontrato, tra i politici che hanno contribuito alla nascita della Dc al fianco di De Gasperi e degli altri leader il cosentino Gennaro Cassiani, un protagonista della DC ancora clandestina, un leader a cui nel 1944, nel cosiddetto primo congressino democristiano di Bari, fu affidato il compito di annunciare agli europei parlando ai microfoni della Radio Libera di Bari la nascita della nuova formazione politica.
Parlo a lungo poi nel libro di Riccardo Misasi, uomo di Giverno, leader della corrente di Base, che - come si rivela nel libro - si offrì in ostaggio alle Brigate Rosse in cambio della liberazione di Aldo Moro. Ricordo poi le radici calabresi di alcuni leader nazionali Dc. Fanfani aveva la madre calabrese (nata a Paludi) e ne andava fiero. Si chiamava Anita, era una donna con un polso di ferro, ricorda la nipote Marina. Anche Oscar Luigi Scalfaro, aveva origini calabresi, la famiglia del padre era di Sambiase.
E pure Aldo Moro aveva radici calabresi. La madre, Maria Fida Stinchi, era di Cosenza. Era una grande educatrice, fu protagonista di battaglie per il diritto allo studio, era donna con uno straordinario profilo di impegno culturale, professionale, civico e politico.
- Mimmo, cosa resta oggi della Democrazia Cristiana?
Resta la storia, ma la grande eredità si è perduta. C’è stata una diaspora dei democristiani: un otto settembre, un tutti a casa che non aveva ragione di esserci. Resta la lezione morale e culturale che ritroviamo oggi interpretata da Mattarella: il suo stile, la sua cultura, il suo rigore etico, sono l’espressione più alta di quel mondo cattolico; e glielo riconoscono tutti, con convinzione. Non so, se si può ancora recuperare quell’eredità, quel che è certo che in un’Italia polarizzata tra destra e sinistra, tra populismi e radicalismi si avverte l’urgenza di una nuova stagione politica ispirata ai valori della dottrina cristiana, che sia riformista, inclusiva, solida nei principi. Non si tratta di ricostruire il partito democristiano, ma di recuperare la bussola culturale e morale che la Dc ha rappresentato. Oggi, più che mai serve una politica che abbia un’anima.