Prescrizione: il ministro Bonafede ha mai sentito parlare della vicenda processuale del sen. Beniamino Andreatta?

Emblematico caso giudiziario quello del Sen. Andreatta “a processo” a Cosenza

(Prima Pagina News)
Domenica 09 Febbraio 2020
Roma - 09 feb 2020 (Prima Pagina News)

Emblematico caso giudiziario quello del Sen. Andreatta “a processo” a Cosenza

La nuova legge sulla sospensione della prescrizione dopo il processo di primo grado, in vigore dal primo gennaio, continua a fare discutere sia in ambito giudiziario tra avvocati e magistrati su fronti opposti e sia politicamente per una rivisitazione della legge stessa.

Anche da parte del presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Mammone, in occasione della recente manifestazione di inaugurazione dell’Anno giudiziario, sono arrivate parole stimolanti verso una rilettura della legge in questione che porterebbe ad un significativo incremento, pari a 20/25 mila processi per anno, del carico penale con le vittime del reato in base alla nuova legge, che vedrebbero prolungarsi i tempi della risposta di giustizia e del risarcimento del danno patito.

Mentre il guardasigilli Alfonso Bonafede continua a difendere la sua legge di riforma definendola come una conquista di civiltà; ma aprendosi, comunque, ad un confronto serrato all’interno della maggioranza per superare le divergenze.

Chi vuole il mantenimento dell’istituto della prescrizione porta a giustificazione il fatto che bisogna evitare che un processo duri all’infinito senza pensare tanto alla beffa che l’innocente o la vittima verrebbe a subire con l’estinzione del procedimento penale, invocando, comunque, una giusta durata dei processi.

Da cinquant’anni, considerata la nostra età di cittadino di questa nostra amata Italia, interessato in modo consapevole e responsabile degli obblighi dei doveri quanto dei diritti nel rapporto di una convivenza civile e pacifica, nell’ambito della nostra società, le problematiche legate ad una buona amministrazione della giustizia sono all’ordine del giorno costantemente e con continuità nel tempo.

Tutti riconoscono che la lunga durata dei processi è dovuta ad una cattiva gestione organizzativa per carenza di giudici, magistrati, ufficiali giudiziari, cancellieri, uscieri e quanto altro serve alla gestione dignitosa dei tribunali.

A questi va aggiunto anche lo spirito di forte litigiosità emergente tra cittadini del nostro popolo che li portano a trovare la loro giustizia nei tribunali, non trascurando per ultimo il costume della illegalità molto diffuso, poco rispettoso del dovere civico che finisce per danneggiare tutti e soprattutto chi vive la sua esistenza in modo corretto.

Per alleggerire in questo contesto il travaglio e la fatica impegnati per il raggiungimento di una buona amministrazione della giustizia durante questi anni ci sono stati vari provvedimenti che hanno portato all’istituzione del giudice di pace, alla modifica degli anni di durata della prescrizione, ai processi brevi o giusto processo, all’informatizzazione dei vari servizi ai fini dell’abolizione della documentazione cartacea, come della digitalizzazione e relative comunicazioni di notifiche dei provvedimenti giudiziari alle persone coinvolte.

Tutto questo a sentire e leggere sull’amministrazione della giustizia non ha portato alla risoluzione dei problemi, a cominciare dal giusto processo in tempi certi di moda in questi giorni, su cui va ad incidere l’efficacia o meno della prescrizione, la quale va sempre a creare delle vittime, a cominciare dallo stesso valore della giustizia nel detto “La legge è uguale per tutti”, come per le vittime del reato.

Per la risoluzione del problema entra quindi in gioco il ruolo e la funzione dell’uomo (giudice, magistrato, cancelliere, usciere, bidello, addetto tecnico ed amministrativo dei tribunali), come esso si pone in tale ambito di fronte al valore della giustizia e della sua dedizione nel rendere efficace ed efficiente tale servizio per la collettività, fermo restando che gli effetti della nuova legge sulla prescrizione si vedranno a partire dal 2023.

Un periodo di tre anni che potrebbero servire nel frattempo ad eliminare, attraverso una nuova organizzazione utilizzando i mezzi in dotazione con più personale, il gravame del contenzioso dei processi accumulatisi nel corso di questi anni.

Ai politici che in questi giorni sono in contrasto tra di loro sulla riforma dell’istituto della prescrizione vorrei esporre un caso di una esperienza vissuta da un accademico e politico “gentiluomo”, come lo ha definito il regista Gianni Amelio nel corso di un nostro colloquio riservato avuto a Cosenza. Sto parlando del primo Rettore dell’Università della Calabria, Beniamino Andreatta, economista, politico, senatore della Repubblica Italiana e Ministro in più governi del nostro Stato.

Nel mese di dicembre del 1972, insieme al prof. Paolo Sylos Labini e al prof. Adriano Vanzetti, fu querelato penalmente presso la Procura della Repubblica di Cosenza dal sen. prof. Luigi Gullo per un concorso e mancato incarico d’insegnamento nella Facoltà di Scienze Economiche e Sociali, i cui contenuti conflittuali vennero dibattuti nella prima udienza del processo penale svoltasi nel tribunale di Cosenza il 1° giugno 1976, con rinvio della seconda udienza al 6 luglio 1976.

Nel frattempo, nelle consultazioni elettorali del 20 giugno dello stesso anno il prof. Beniamino Andreatta venne eletto in Emilia-Romagna nella lista della Democrazia Cristiana senatore della Repubblica Italiana entrando così nel regime dell’immunità parlamentare.

Nel 1977 il Tribunale di Cosenza ottiene da parte del Senato della Repubblica, su sollecitazione dello stesso sen. Andreatta, l’autorizzazione a procedere consentendo così la continuazione del processo che non trova la sua conclusione nemmeno nel 1982 allo scadere dei dieci anni entrando così in regime di prescrizione, alla quale i tre imputati Andreatta, Sylos Labini e Vanzetti rinunciarono arrivando così al 3 dicembre 1985, dopo 13 anni di non poca sofferenza e ostacoli vari, alla conclusione del processo penale con l’assoluzione piena.

Chi è sicuro della propria innocenza per corretti comportamenti non accetterà mai di uscire dal processo senza l’affermazione ed il trionfo della verità. L’esempio di Andreatta e dei suoi due colleghi ne sono un esempio e una testimonianza etica e morale molto alta che suona come un forte monito a quei politici che utilizzano oggi l’immunità parlamentare per fuggire dai processi, come anche la prescrizione per nascondere colpe e malefici che frenano il progresso e la democrazia di un paese attraverso una società inquieta e conflittuale.

Un processo una volta iniziato deve essere portato a termine per la conquista della verità e per il trionfo stesso della giustizia ridando dignità alle persone coinvolte.

Franco Bartucci


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