Sassari rende onore a Francesco Cossiga, 10 anni dopo la sua morte il ricordo privato dello scrittore Gianni Garrucciu

Lo scrittore e giornalista sardo Gianni Garrucciu – che domani a Sassari coordina il convegno sulla figura di Francesco Cossiga a 10 anni dalla morte, voluto da Massimo Carpinelli, rettore dell’Università di Sassari dove Cossiga ha insegnato Diritto Costituzionale, e al quale partecipa il Capo dello Stato Sergio Mattarella – ricorda qui la figura dell’ottavo presidente della Repubblica, e lo fa con i toni avvolgenti di un grande romanziere, ma tacendo il dettaglio forse più importante: l’amore profondo che Cossiga aveva per lui e che poi lui ha ripagato scrivendo sulla vita di Cossiga uno dei saggi più attuali di questi ultimi 50 anni di vita politica.

di Pino Nano
Mercoledì 23 Settembre 2020
Sassari - 23 set 2020 (Prima Pagina News)

Lo scrittore e giornalista sardo Gianni Garrucciu – che domani a Sassari coordina il convegno sulla figura di Francesco Cossiga a 10 anni dalla morte, voluto da Massimo Carpinelli, rettore dell’Università di Sassari dove Cossiga ha insegnato Diritto Costituzionale, e al quale partecipa il Capo dello Stato Sergio Mattarella – ricorda qui la figura dell’ottavo presidente della Repubblica, e lo fa con i toni avvolgenti di un grande romanziere, ma tacendo il dettaglio forse più importante: l’amore profondo che Cossiga aveva per lui e che poi lui ha ripagato scrivendo sulla vita di Cossiga uno dei saggi più attuali di questi ultimi 50 anni di vita politica.

-Da dove incominciamo?

"Da questo. Quando Cossiga fu eletto presidente della Repubblica, a soli 57 anni, l’Italia si è chiesta: perché dalla Sardegna, anzi da Sassari, due diversi presidenti della Repubblica (Segni e Cossiga) su otto? Il dato, statisticamente interessante, colpiva molto gli osservatori. Alcuni intellettuali lo spiegarono così: dove gli interessi locali sono meno forti, più frammentati, lì nascono personalità più spendibili in ruoli istituzionali di mediazione. Sicché alla fine la "fabbrica dei presidenti" nasce forse paradossalmente proprio dalla debolezza complessiva delle classi dirigenti sarde nel grande risiko degli interessi nazionali."

-Il Cossiga che tu domani racconterai al Convegno della tua Universita che tinte avrà?

"Attento, Cossiga è stato un politico di razza, allevato in quella straordinaria fucina che era stata la sagrestia di San Giuseppe a Sassari, sotto le ali di un parroco molto attento alla politica com'era monsignor Giovanni Masia (parroco, consigliere e confessore anche di un altro Presidente Antonio Segni), il giovanissimo Cossiga si era subito segnalato per aver capeggiato, a soli 28 anni, la cosiddetta rivolta dei "giovani turchi". Un'escalation al potere democristiano a suo modo esemplare, per la lucidità modernissima del disegno e per l'efficacia persino spietata dei metodi impiegati (ne restò vittima lo stesso suocero di Cossiga, esponente della vecchia Dc): il rovesciamento, nello spazio di un mattino, di un'intera classe dirigente (quella nata dal vecchio Partito popolare, perpetuatasi per inerzia alla guida della Dc sassarese), la sua subitanea sostituzione con una generazione di ventenni e trentenni, la modifica radicale dei modi, dello stile, dei contenuti della politica locale. Cominciò di lì, da quel congresso provinciale di Sassari vinto contro tutte le previsioni, l'inarrestabile ascesa del giovanissimo leader: deputato, sottosegretario alla Difesa, poi ministro. Quindi via via il cursus honorum che conosciamo, sino alla presidenza del Consiglio, del Senato e infine a quella della Repubblica."

-Che carriera fu quella di Cossiga?

"Una carriera lunga e fortunata. E al tempo stesso molto singolare. Abilissimo nella navigazione tra le correnti democristiane, dotato di un suo innegabile appeal personale, esercitato persino nei confronti delle opposizioni: "Coi parenti si mangia l'agnello", rispose una volta con freddezza Enrico Berlinguer alla domanda se la cuginanza con Cossiga, e la sardità, contassero nei reciproci rapporti politici. Può darsi, ma certo un occhio di attenzione da parte del Pci ci fu sempre, sebbene proprio i comunisti proponessero nel 1979-80 la sua messa in stato d'accusa per il caso Donat Cattin (da presidente del Consiglio avrebbe rivelato al ministro amico notizie riservatissime sul figlio, terrorista rosso); per poi votare però nel 1985 il nome di Cossiga come capo dello Stato. In mezzo c'era stata la tragedia di Moro."

- Si è parlato spesso di questo parroco, monsignor Masia e della parrocchia di San Giuseppe nella costruzione di una serie di giovani che poi è passata alla guida del Paese: gli stessi Segni e Cossiga; poi Giuseppe Pisanu e Arturo Parisi, rispettivamente ministri degli interni e della difesa…

"Non solo, ma a pochi passi dalle abitazioni di questi personaggi che hai nominato, abitavano Sergio, Luigi (ministro della Pubblica Istruzione) e Enrico Berlinguer, e il banchiere Siglienti. Non sardi: sassaresi. Anzi, non sassaresi: della parrocchia di San Giuseppe. Hanno studiato tutti al liceo Azuni, lo stesso frequentato da Palmiro Togliatti, noto a Sassari per non aver mai preso meno di dieci in un compito in classe. Il parroco fu sempre lo stesso, monsignor Giovanni Masia, rimasto a presidiare la posizione fin oltre i novant’anni. Era un cattolico d’assalto, carattere non facile, per cui non piaceva a tutti. Antonio Segni gli era affezionato e a messa si metteva sempre dietro l’altare. Cossiga abitava a 20 metri dalla parrocchia, da piccolo era il pupillo del prete. Anche i Berlinguer gli erano legati. In quel raggio di 300 metri abitava la buona borghesia cittadina, benestante, ma non ricca. Fare impresa in Sardegna era difficile, quindi le migliori menti si dedicavano alle professioni. Dopo veniva la politica. E Sassari faceva la differenza, perché i sassaresi votavano per i sassaresi. La terra contava più del colore politico. Quando Antonio Segni venne candidato alla presidenza della Repubblica, Mario Berlinguer, papà di Enrico, deputato socialista prima del fascismo e aventiniano, fece una campagna sfegatata per il suo concittadino."

-Ma Cossiga era davvero il più bravo di tutti?

"Il suo compagno di banco, lo storico Manlio Brigaglia, diceva sempre: “Io a scuola ero bravissimo, Francesco era più bravissimo di me. Quando è stato mio compagno di banco, nella prima ginnasiale (si chiamava così quella che sarebbe stata la Scuola media), Francesco Cossiga, 10 anni appena compiuti, era già famoso nella cerchia di amici d’infanzia che ruotavano intorno alla parrocchia di San Giuseppe. Era famoso anche per altri motivi: innanzitutto era bravissimo a scuola, cosa che nessuno dei compagni gli perdonava, ma tutti gli invidiavano. In secondo luogo, benestante com'era (il padre era direttore generale dell'Icas, la Banca da cui è nato il Banco di Sardegna), aveva una spettacolare batteria di giocattoli, fra i quali fecero epoca le macchinine della Schuco, meraviglie della tecnologia tedesca. In terzo luogo, si avviava ad essere l'uomo di sapere enciclopedico (con preferenza per la storia militare - compresi i servizi segreti-, le bandiere e le divise) che tutti hanno poi conosciuto. Quell'anno Francesco prese gli orecchioni.”

-Dacci un altro aneddoto della sua vita…

"Nell'estate del 1944, a soli 16 anni, fece la maturità classica. Quando divenne presidente del Consiglio l'archivio del Liceo Ginnasio Azuni si popolò di giornalisti in ammirata ammirazione dei suoi voti. Si iscrisse in Giurisprudenza. Completò gli studi fra Sassari e la Cattolica di Milano (dove si laureò a vent'anni), cominciando a tessere quella rete di relazioni amicali grazie alle doti di fulminante simpatia che lo hanno accompagnato per tutta la vita. Nonostante questo bagno «continentale», Cossiga era sassarese al cento per cento: con gli umori, l'autoironia, anche le allegre bizze che sono proprie del carattere cittadino. Si sa che, da Presidente della Repubblica, rifiutò di venire a Sassari in visita ufficiale perché - diceva - i sassaresi non avrebbero sopportato la pompa e i pennacchi del cerimoniale. Fu all'Università che cominciò a fare politica. Attorno a lui si raggrumò un gruppo di giovani dc che come lui avevano letto i testi fondamentali della sociologia cattolica e della economia nord-europea. Portato dal vento delle sue doti personali e dalla stima dei leader dorotei (allora lo si diceva pupillo, oppure delfino e persino figlioccio di Antonio Segni) Cossiga volò più alto di tutti."

-Quanto ti manca?

“Quanto manca al Paese”.


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