Tamponi negli ambulatori dei Medici generici : sono davvero fattibili? I motivi per cui noi riteniamo di no
È stato recentemente siglato un AIR che di fatto rende operativa l’ esecuzione dei tamponi da parte dei Medici Generici/Pediatri di libera scelta
(Prima Pagina News)
Martedì 17 Novembre 2020
Roma - 17 nov 2020 (Prima Pagina News)
È stato recentemente siglato un AIR che di fatto rende operativa l’ esecuzione dei tamponi da parte dei Medici Generici/Pediatri di libera scelta
Sulla base di quanto indicato nell’accordo nazionale, MMG e PLS (Medici Generici/Pediatri di libera scelta) dovranno eseguire i tamponi presso il proprio studio oppure presso altre strutture indicate e messe eventualmente a disposizione da Aziende/Agenzie, qualora lo studio del medico non risultasse idoneo allo scopo.

L’accordo identifica anche su quali dei propri assistiti il MMG può o deve effettuare i tamponi antigenici. Questi sono rappresentati in particolare dai contatti stretti asintomatici, da pazienti per i quali lo stesso MMG sospetta un contagio, oltre che dai contatti stretti asintomatici allo scadere dei 10 giorni di isolamento. Secondo quanto affermato l’obbligo cadrebbe nel caso non fosse possibile operare in piena sicurezza.

Come si legge infatti in un comunicato stampa FIMMG, in base all’accordo “i medici di medicina generale saranno dotati di tutti i dispositivi di protezione individuale necessari e saranno tenuti ad effettuare i tamponi antigenici solo a fronte di queste forniture”. Già a marzo 2020 la FIMMG ha creato un documento dedicato proprio alla gestione dello studio dei MMG, seguita poi da un protocollo per gli ambulatori medici relativa all’emergenza COVID.

Tale documento tuttavia non è mai stato pubblicato in riviste ad alto impact factor considerando anche che, in base ai principi su cui si basa la metodologia del risk management, le procedure dovrebbero prevedere sopralluoghi, check list e verifiche ed essere validate e certificate da appositi indicatori di processo e di esito.

Queste le indicazioni principali, descritte in dettaglio nei documenti sopra citati e riportate anche nel recente AIR : -nessun accesso libero all’ambulatorio, ma solo su appuntamento; -triage telefonico per tutti i pazienti (anche tramite un collaboratore di studio) -accesso all’ambulatorio per una sola persona alla volta (tranne nei casi di pazienti non autosufficienti); -presenza in sala d’attesa di un solo paziente se possibile e comunque sempre con la distanza minima di 1 metro; -utilizzo da parte del medico di tutti i dispositivi di protezione individuale raccomandati; -mezzi per la disinfezione delle mani a disposizione dei pazienti; -esecuzione frequente di tutte le procedure di aereazione, disinfezione e igienizzazione dei locali e delle attrezzature; -creazione, ove possibile, di percorsi “sporchi” e “puliti” ben distinti.

Seppur con alcune differenze e specificità, queste indicazioni e raccomandazioni sono presenti anche nei documenti di alcune organizzazioni e società internazionali come per esempio il report dell’European Centre for Disease Prevention and Control (https://www.ecdc.europa.eu/enECDC) sulla prevenzione delle infezioni e l’organizzazione degli studi medici, giunto già al quinto aggiornamento.

Tutto ciò però potrebbe non essere sufficiente, dichiara la dott.ssa Soldo referente per la Regione Lazio dell’Area MMG di Co.Si.P.S. se, oltre al paziente che si rivolge al medico per questioni non legate alla pandemia, gli ambulatori si trovassero a gestire decine di pazienti potenzialmente infetti. E per dimostrarlo basta guardare le raccomandazioni prodotte da altre istituzioni all’estero L’American Academy of Family Physicians (AAFP), per esempio, ha preparato una checklist per gli ambulatori medici: le raccomandazioni sono moltissime, e spesso inapplicabili negli studi italiani.

Tra queste, per esempio, il fatto che si dà per scontata la presenza di personale di accoglienza e infermieristico addestrato e dotato di presidi di protezione (una situazione rarissima in Italia), nonché la possibilità di gestire flussi differenziati in entrata e uscita, e flussi differenziati per pazienti potenzialmente a rischio e non.

Infine, il documento pone l’accento sull’importante questione dello stoccaggio e smaltimento dei rifiuti potenzialmente infetti, un punto che nel recente AIR viene genericamente indicato e che in molte Regioni non è ancora stato risolto, confermando di fatto che le procedure in essere sono ancora totalmente disomogenee nelle varie realtà locali e nazionali.

L’American Medical Association (AMA) ha pubblicato infine alcuni consigli per permettere ai medici di mantenere aperti i propri studi anche in corso di pandemia. Tra questi spicca la raccomandazione di non far entrare in ambulatorio pazienti potenzialmente infetti ma di effettuare il triage telefonico e inviarli ai punti di screening stabiliti dalle autorità (quindi luogo predisposti appositamente per l’esecuzione di tamponi, rapidi o molecolari che siano).

Non mancano infine i documenti dedicati alle buone pratiche di disinfezione e pulizia degli studi come le indicazioni dell’OMS, il report dell’ECDC e dei Centers for Disease Prevention and Control (CDC) statunitensi e, a livello nazionale, i vari disciplinari tecnici dell’ISS. Oltre alla normale pulizia (da effettuarsi comunque con guanti, mascherina e camice usa e getta) è richiesta infatti la disinfezione delle superfici con prodotti disinfettanti, un compito non certo facile da eseguire in uno studio che non possiede adeguate superfici lavabili e non è stato appositamente arredato e svuotato di ogni oggetto inutile o decorativo. In Italia, tra l’altro, viste le disposizioni dell’ACN e dei vari AIR, l’obbligo di pulizia e disinfezione potrebbe estendersi alle parti comuni dei palazzi in cui gli studi medici sono ubicati, dato che solo raramente gli studi di medicina generale sono in strutture sanitarie o sedi di ASL/ATS.

Non meno importante per la sicurezza è il tema dell’organizzazione, così come tra l'altro evidenziato dai recenti documenti del ISS, al quale i documenti rimandano l’autonomia ai singoli studi rendendo di fatto disomogenea l’operatività nelle varie realtà locali senza alcuno standard o verifica univoca misurabile e certificabile.

Per poter svolgere al meglio e in sicurezza le proprie attività, inclusa quella di effettuare test antigenici, è necessario riorganizzare gli spazi pensando magari a soluzioni di collaborazione, ma anche e soprattutto le modalità di lavoro. Se il medico disponesse infatti di collaboratori quali personale infermieristico e di segreteria, potrebbe liberarsi di una serie di compiti burocratici o che possono essere svolti anche da personale sanitario non medico guadagnando tempo da dedicare ad altre attività.

Peccato però che la maggior parte degli studi medici, strutture libero professionali convenzionate con il SSN, non sia adeguatamente strutturata e soprattutto organizzata in tal modo non essendo tra l'altro, gli studi medici, ne accreditati con il SSN, ne equiparati e autorizzati come ambulatori, come peraltro previsto per legge per gli ambulatori e le strutture sanitarie che operano anche per conto del SSN.

Si auspica pertanto, conclude la dott.ssa Soldo, per la realizzazione di tali procedure, che tutti i medici possano realmente disporre dei dispositivi di protezione individuale e di organizzazione di cui hanno bisogno e degli strumenti per garantire la propria sicurezza personale, ma anche quella dei propri collaboratori e dei pazienti per un reale servizio alla prevenzione, alla sicurezza delle cure e alla salute personale e pubblica.

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