Sei sicuro di voler sbloccare questo articolo?
Il giornalista milanese è morto a 95 anni: dalla Domenica Sportiva a Quelli che il calcio, la sua moviola.
Il giornalista milanese è morto a 95 anni: dalla Domenica Sportiva a Quelli che il calcio, la sua moviola.
Dalla moviola della Domenica Sportiva a Quelli che il calcio, il giornalista milanese ha trasformato un dettaglio tecnico in passione popolare
Carlo Sassi non era un semplice giornalista sportivo: era l’uomo che ha introdotto nelle case degli italiani un nuovo modo di osservare il calcio. Con lui la “moviola” smise di essere un artificio tecnico e divenne un rito domenicale, capace di scaldare discussioni da bar e salotti televisivi. Se n’è andato a 95 anni, lasciando un’eredità che va oltre la televisione.
Nato a Milano, aveva inseguito da giovane il sogno di diventare calciatore. Dopo un provino fallito con l’Inter, militò in Serie C e nei dilettanti, ma la sua vera vocazione era il racconto del gioco. Entrò in Rai nel 1960 e, sette anni più tardi, il 22 ottobre 1967, esordì con la prima analisi moviolistica: il celebre gol fantasma di Gianni Rivera nel derby tra Milan e Inter. Quella lente d’ingrandimento televisiva cambiò per sempre la percezione delle partite.
Sassi portava rigore e competenza, ma anche pacatezza. Non si limitava a mostrare le immagini: le spiegava, le contestualizzava, invitava i protagonisti stessi a commentare gli episodi nella rubrica Pronto moviola. Così la sua voce divenne familiare e autorevole, un punto di riferimento in un’epoca in cui la tecnologia non era ancora invadente e il dubbio arbitrale poteva restare vivo per giorni.
Conclusa l’esperienza alla Domenica Sportiva nel 1991, Sassi seppe reinventarsi. Con Sandro Ciotti firmò Quasi Gol e, negli anni ’90, partecipò al successo di Quelli che il calcio, affiancando Fabio Fazio e Marino Bartoletti. Sempre con lo stesso stile: discreto, competente, mai sopra le righe.
Oggi, nell’era del VAR, il nome di Carlo Sassi resta legato a un calcio che non esiste più, fatto di attese e di discussioni infinite, quando bastava un fermo immagine a dividere l’Italia. La sua moviola non era solo televisione: era cultura popolare.