Breaking news infrastrutture - IA nelle imprese: cresce l’uso ma resta “non strutturato”, servono infrastrutture dati e competenze per innovare

Un’impresa su cinque usa l’intelligenza artificiale per R&S e innovazione, ma aumentano gli utilizzi senza obiettivi chiari: pesano competenze, norme, qualità dei dati e costi.

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Lunedì 15 Dicembre 2025
Roma - 15 dic 2025 (Prima Pagina News)

Un’impresa su cinque usa l’intelligenza artificiale per R&S e innovazione, ma aumentano gli utilizzi senza obiettivi chiari: pesano competenze, norme, qualità dei dati e costi.

L’adozione dell’intelligenza artificiale nelle imprese italiane continua a crescere, ma il salto di qualità verso applicazioni mature e misurabili non è ancora generalizzato. Accanto alle realtà che impiegano l’IA per ricerca e sviluppo e per rafforzare i processi di innovazione, emerge infatti un fenomeno in aumento: molte aziende dichiarano di utilizzare soluzioni di IA senza ricondurre l’impiego a finalità aziendali definite, segnale di sperimentazioni diffuse ma spesso non incardinate in una strategia.

Questa dinamica riguarda soprattutto le imprese di piccola dimensione, dove l’IA entra più facilmente attraverso strumenti pronti all’uso (software, servizi in cloud, automazioni di base) che non richiedono grandi progetti, ma che possono restare “episodici” se non vengono governati con obiettivi, responsabilità e indicatori di risultato. Il rischio è che l’innovazione resti superficiale: si prova la tecnologia, ma non si trasformano davvero prodotti, processi e modelli operativi.

Un capitolo a parte riguarda le applicazioni più complesse, come la movimentazione autonoma delle macchine e, in generale, l’automazione avanzata in produzione e logistica. Qui i livelli di adozione risultano più contenuti perché servono investimenti e soprattutto infrastrutture dedicate: sensoristica, reti industriali affidabili, connettività a bassa latenza, integrazione con i sistemi di fabbrica e un patrimonio dati continuo e di qualità. Senza questa base, l’IA non riesce a passare dal laboratorio al campo.

Tra le imprese che non utilizzano l’IA, cresce però la quota di quelle che ne hanno valutato l’introduzione, segno che l’interesse è in aumento anche dove la tecnologia non è ancora entrata nei flussi quotidiani. Quando si passa dall’intenzione all’implementazione, emergono ostacoli ricorrenti: la mancanza di competenze interne è spesso il primo freno, seguita da incertezze normative, problemi di disponibilità o qualità dei dati, e timori legati a privacy e protezione delle informazioni.

I vincoli economici restano un’altra barriera concreta. Per molte PMI, il costo non è solo quello delle licenze o dei servizi, ma anche quello di riorganizzare i processi, mettere ordine nei dati, formare le persone e costruire una governance che eviti usi impropri o inefficaci. In questo scenario, anche le considerazioni etiche entrano nel perimetro decisionale: trasparenza degli algoritmi, impatti sul lavoro, correttezza nell’uso dei dati e responsabilità in caso di errore.

Per trasformare l’adozione “sperimentale” in vantaggio competitivo serve un approccio infrastrutturale, prima ancora che tecnologico. Significa investire in data platform, qualità e tracciabilità dei dati, integrazione tra sistemi, cybersecurity e compliance, oltre a percorsi di upskilling per figure tecniche e manageriali. È su questa base che l’IA può diventare leva di produttività e innovazione, soprattutto nei settori dove produzione, logistica e servizi digitali si intrecciano con infrastrutture fisiche.


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