Il giornalista Paolo Liguori è convinto che il covid-19 sia stato propagato “dai laboratori” cinesi e, confidando su “date certe”, ha costruito un totem intorno al quale vi gira sistematicamente. Nella sua trasmissione quotidiana, già dall’inizio della pandemia in Italia, Liguori non perde occasione di interpretare, a modo suo, le notizie cinesi sul virus e sui vaccini e lo fa con crescente vanagloria.
Essendo l’unico a insistere su tale concetto, è come se egli desiderasse legittimare un primato. A suo parere, la genesi della pandemia sarebbe del tutto chiara: il primo caso di covid-19 sarebbe stato accertato in Cina il 25 novembre 2019, mentre l’informazione sarebbe giunta in Italia in data 20 gennaio con notevole e colpevole ritardo.
Per Liguori questi passaggi sarebbero sufficienti e inconfutabili per accusare i cinesi di aver “giocato d’anticipo” allo scopo di essere i primi ad avere un vaccino e, per questo, avere “capacità di invadere il mercato”. Egli aggiunge che per questioni “di geopolitica” i cinesi sarebbero ora in grado di fornire il brevetto sul vaccino al Marocco, alla Turchia e ad Israele, in cambio di contratti e concessioni.
Tanto basta per chiudere un cerchio. Ma Liguori si è accorto con stupore che i suoi argomenti non appaiono sufficiente affinché il pensiero venga condiviso universalmente e usa la trasmissione con lunghi monologhi e un metodo giornalistico ambiguo. Attraverso i frequenti e non corrisposti sorrisi, Liguori lascia passare l’idea che le sue argomentazioni sulla Cina siano scontate e sarebbe banale ignorarle; d’altra parte, rivendica di essere stato il primo in Italia ad accusare il laboratorio di Wuhan e cerca conferme negli ospiti della trasmissione, i quali non aderiscono alla sua teoria.
Liguori è quasi frustrato perché la sua bomba mediatica stenta a scoppiare. È pur vero che egli abbia un’opinione della scienza un po' sui generis quando, tra il serio, il faceto e ricorrendo anche ai suoi studi universitari, dice che essa non sarebbe neutra. Va da sé, piuttosto, che il concetto di non neutralità debba forse essere attribuito alla stampa e ai giornalisti. In ogni modo, Liguori pare abbia elaborato i suoi lunghi monologhi per costruire teorie a senso unico, finalizzate a dimostrare un concetto preciso: i cinesi come responsabili della diffusione del virus. Sarà molto difficile ricostruire la genesi di questa pandemia se i suoi artefici non daranno segnali.
Si potrebbe altresì iniziare facendo le pulci a chi questa pandemia l’aveva prevista già da alcuni anni, in modi e forme ampiamente verificatesi: Bill Gates. Se Paolo Liguori ha reale interesse ad approfondire la questione geopolitica relativa al covd-19 dovrebbe approfondire l’orrore delle dichiarazioni del magnate, nonché “filantropo” americano il quale, già nel 2015, disse che “se nei prossimi decenni qualcosa ucciderà dieci milioni di persone, sarà certamente un virus contagioso piuttosto che una guerra”; e poi parlò di “un virus con cui ci si senta bene anche se si è contagiosi da poter andare al mercato”. Esattamente quelli che ora chiamiamo “asintomatici”. Già Bill Gates ebbe modo di rispondere con frasi vaghe e aleatorie.
Ma si sa che la stampa non è neutra e con determinati soggetti si può anche soprassedere ed evitare di insistere. Se Liguori ricorresse agli studi di Jacques Attali e ai documenti di Rockfeller troverebbe espliciti riferimenti a una pandemia distruttiva con la perdita di 8 milioni di persone in sette mesi, esattamente entro il 2020.
Ancora, la logica di questa “pratica”, come all’epoca di oltre dieci anni fa veniva “ipotizzato”, sarebbe sfociata nel controllo politico della popolazione e in un governo mondiale entro il 2025, tranne la possibilità di incidere con la medesima strategia all’interno della Cina. Salvo operare a tal fine dall’esterno, in maniera chirurgica… Ma da parte di chi? Questo è il problema, caro Liguori.
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