Eccellenze Italiane, a Elisabetta Belloni il Premio Intelligence
L’appuntamento è per il prossimo 4 ottobre, Camera dei Deputati, Auletta dei Gruppi di via Campo Marzio 79, alle 10 del mattino, dove il Presidente della Società Italiana di Intelligence Mario Caligiuri consegnerà insieme a Gianni Letta il Premio Francesco Cossiga a Elisabetta Belloni.
di Pino Nano
Lunedì 02 Ottobre 2023
Roma - 02 ott 2023 (Prima Pagina News)
L’appuntamento è per il prossimo 4 ottobre, Camera dei Deputati, Auletta dei Gruppi di via Campo Marzio 79, alle 10 del mattino, dove il Presidente della Società Italiana di Intelligence Mario Caligiuri consegnerà insieme a Gianni Letta il Premio Francesco Cossiga a Elisabetta Belloni.

Dal 2021 Elisabetta Belloni è direttrice generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, che è il dipartimento istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e che ha compiti di coordinamento e vigilanza sulle attività dei servizi segreti italiani. Una delle strutture strategiche operative più importanti della Repubblica.

Badate bene, Elisabetta Belloni è stata la prima donna in Italia a ricoprire il ruolo di Segretario generale del Ministero degli affari esteri e oggi è la prima donna nella storia del Paese a coordinare i servizi segreti nazionali.

Con lei, dunque, si tinge di rosa anche la storia più intima della Società Italiana di Intelligence che ha come sua guida un giornalista calabrese illustre, Mario Caligiuri, che è prima di tutto professore ordinario all’Università della Calabria, Direttore del Master in Intelligence, e che in questi anni ha fatto della Società da lui fondata uno dei fari del mondo dell’intelligence in tutta Europa.

Come ogni anno -da tre anni a questa parte- il prof. Mario Caligiuri per ricordare la figura di un grande statista come lo fu il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che era soprattutto anche suo amico personale, assegna il “Premio dell’Anno” a chi nel mondo dell’Intelligence ha lasciato un segno indelebile. E quest’anno toccherà appunto a lei, Elisabetta Belloni, lei diplomatica e ambasciatrice di vecchia scuola e di vecchia tradizione, traghettata poi dagli eventi della vita alla guida dei nostri Servizi Segreti. Storia di una eccellenza tutta italiana e con un peso istituzionale che è oggi davvero internazionale.

-Prof. Caligiuri, come nasce questo Premio?

Il Premio nasce per promuovere la cultura dell’intelligence nel nostro Paese. Oggi l’intelligence si puó considerare un’autentica necessità sociale poichè serve alle persone per fronteggiare la società della disinformazione in cui si è immersi; serve alle aziende per affrontare la competizione sfrenata della globalizzazione e serve agli Stati per garantire il benessere e la sicurezza dei cittadini. Il Premio è promosso dalla Società Italiana di Intelligence che ha come scopo principale quello di fare riconoscere l’intelligence materia di studio nelle università italiane, come accade in tanti altri Paesi.

-Perchè un Premio intestato al Presidente Francesco Cossiga?

Perchè Francesco Cossiga è stato l’uomo di Stato e il politico che ha apertamente espresso la sua attenzione verso l’intelligence, considerandola un fattore decisivo per perseguire l’interesse nazionale. La passione di Cossiga per l’intelligence rispondeva a esigenze di trasparenza e non a logiche di segretezza, incompatibili con i sistemi democratici.

-Chi saranno i relatori della cerimonia, e perché ha scelto loro?

Una scelta naturale. Gianni Letta è il presidente del Premio ed è un uomo delle istituzioni unanimemente riconosciuto. Giuseppe Cossiga è il figlio del Presidente emerito e ne coltiva l’eredità politica e istituzionale. Lorenzo Guerini è il presidente del Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica e quindi rappresenta il controllo dei cittadini sull’operato dei Servizi. Avrebbe dovuto essere presente anche Alfredo Mantovano, Autorità delegata per la Sicurezza della Repubblica ma in quella data sarà impegnato fuori Roma. E poi c’è la premiata Elisabetta Belloni che ovviamente concluderà l’evento.

-Posso chiederle cosa lascia ancora oggi al Paese il Presidente Cossiga?

Il senso delle istituzioni e la capacità di guardare lontano. Nel primo caso per rafforzare la democrazia e difendere la sicurezza dello Stato, nell’ambito delle alleanze internazionali. Ne sono un esempio, le dimissioni da ministro dell’Interno dopo l’assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse e l’impegno da presidente del Consiglio per la creazione delle premesse irreversibili relative all’installazione dei missili Cruise. Tale ultima azione, avvenuta anche in altri Paesi occidentali, rappresentò, secondo alcuni, una delle cause principali dell’imprevista implosione dell’Unione Sovietica. Nel secondo caso, Cossiga fu uno dei pochi a comprendere cosa avrebbe significato la fine della guerra fredda per il sistema politico italiano, dimostrando una straordinaria capacità profetica di “guardare oltre il muro”. La stagione delle “picconate” e dell’inascoltato messaggio alle Camere sulle riforme istituzionali si inserisce in questa visione di necessario cambiamento. Fu inascoltato, incompreso, contrastato.

E arrivò tangentopoli che spazzò via i partiti di governo, provocando l’avvento dell’attuale sistema politico.

-Che rapporto lei ha avuto con Cossiga?

Di grande affinità intellettuale. Quando pubblicai nel 2000 un mio saggio sulla rivista del SISDE “Per Aspera ad Veritatem” sul rapporto tra comunicazione istituzionale e intelligence, mi telefonó per dirmi: “Non sapevo che ti occupavi di queste cose: siamo in due in Italia”. Da allora i nostri contatti sono stati costanti. Volle pubblicare con Rubbettino il suo testo sui Servizi dal titolo “Abecedario per principianti, politici e militari, civili e gente comune”, chiedendomi di scrivere la prefazione che titolai “Nome in codice Cesare”, che era il nome con il quale veniva indicato dall’intelligence di una nazione amica. Quando nel 2004 ebbi la notizia di avere superato il concorso di professore associato feci cinque telefonate: la prima a lui. Mi diede gli auguri e mi disse: “adesso devi pensare a diventare ordinario”. Ancora non sapevo quando avrei preso servizio come professore associato e lui già pensava al passo successivo. Guardava sempre avanti e per questo capiva prima degli altri. Nel 2007 mi sollecitò ad avviare il primo Master in Intelligence nelle università italiane e accettò di diventare il presidente del Comitato scientifico. Ci sentivamo spesso. Nel 2009 mi telefonò per dirmi di andare a trovarlo. Presi l’aereo e andai a Roma a casa sua in Via Ennio Quirino Visconti 77 e quando arrivai mi donó una sua foto con una dedica molto affettuosa, che conservo tra i miei ricordi più cari. Sono stato onorato della sua amicizia e ancora oggi rappresenta per me un punto di riferimento umano, politico e culturale: mi ha aperto la mente e mi ha fatto vedere il mondo con occhi diversi.

-Professore, quanto conta l'intelligence in un Paese come il nostro?

L’intelligence è fondamentale per ogni Stato ma in particolare per uno come il nostro che è al centro del Mediterraneo, un mare di scontri e di mutamenti, di immigrazioni e di scambi. L’Italia è una indiscussa potenza culturale, una delle dieci economie industriali più importanti del pianeta. Non siamo affatto un Paese secondario, anche se spesso nella storia ci siamo comportati come se lo fossimo. La tutela dell’interesse nazionale è fondamentale più che mai, tenendo conto che, oltre ai temi ineludibili del contrasto al terrorismo, alla criminalità e alle azioni ostili di Stati esteri e multinazionali, per cui diventa decisiva la guerra normativa, dovremmo prestare sempre maggiore attenzione al disagio sociale, che può compromettere la stabilità delle istituzioni democratiche; al confronto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale che sta modificando alla radice l’ordine mondiale; alla disinformazione che è una componente sempre più determinante nella lotta per il potere, dove l’obbiettivo finale è la conquista della mente delle persone che è il campo di battaglia definitivo.

-Può anticiparci con quale motivazione verrà assegnato il Premio alla Direttrice Elisabetta Belloni?

Per la prima volta l’intelligence italiana ha al suo vertice una donna che è stata anche la prima donna a dirigere la Farnesina. La sua profonda conoscenza dello scenario internazionale assicura ai nostri Servizi una visione consona agli interessi del nostro Paese. Non a caso si è fatto anche il suo nome come possibile Presidente della Repubblica. In questi due anni alla guida del DIS si è concretamente adoperata per diffondere in Italia la cultura dell’intelligence, non come argomento specialistico ma di natura generale, che garantisce la sicurezza dei cittadini e l’efficienza delle istituzioni democratiche.

Ricordiamo per gli appassionati di questa materia che nella prima edizione il Premio Cossiga era andato a Carlo Mosca, prefetto e Vice Direttore del Sisde, e l’anno successivo a Paolo Savona, presidente della Consob e più volte ministro della Repubblica. Il vincitore dell’edizione 2022, Franco Gabrielli, è stato invece sottosegretario di Stato e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, dopo essere stato direttore del Sisde, direttore dell’Aisi, Prefetto dell’Aquila, Capo della Protezione Civile, Prefetto di Roma e Capo della Polizia.


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