Fortune Italia. Una Lectio Magistralis di Maurizio Santori sui rischi dell’Outsourcing

Il famoso giuslavorista Maurizio Santori ha appena pubblicato sulle pagine del prestigioso “Fortune Italia” una vera e propria lectio magistralis che ci aiuta a capire tra codice civile e decreti legislativi “Se la responsabilità solidale negli appalti vada considerata, o meno, oggettiva”. Un contributo di alto spessore accademico che Prima Pagina News riprende oggi in maniera integrale dato l’altissimo interesse del tema.

di Maurizio Santori
Venerdì 06 Maggio 2022
Roma - 06 mag 2022 (Prima Pagina News)

Il famoso giuslavorista Maurizio Santori ha appena pubblicato sulle pagine del prestigioso “Fortune Italia” una vera e propria lectio magistralis che ci aiuta a capire tra codice civile e decreti legislativi “Se la responsabilità solidale negli appalti vada considerata, o meno, oggettiva”. Un contributo di alto spessore accademico che Prima Pagina News riprende oggi in maniera integrale dato l’altissimo interesse del tema.

Uno spettro si staglia nei sogni di ogni imprenditore che decida di ricorrere a fenomeni di outsourcing. Ciò avviene quando, mediante un contratto di appalto di servizi, un’impresa si avvale di un’altra per la realizzazione di un segmento di attività produttiva che non vuole o non può svolgere direttamente.

È, ad esempio, il caso in cui un’azienda che esternalizza attività di call center o servizi di pulizia e manutenzione, oppure quando una compagnia aerea affida all’esterno l’handling aeroportuale o quando un editore conferisce a un’azienda poligrafica-stampatrice l’attività di stampa e distribuzione del giornale.

Ebbene, in tali casi di appalto il nostro ordinamento impone un meccanismo solidale (articolo 1676 Codice civile, articolo 29, comma 2 del decreto legislativo di attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro 276/2003 e articolo 26, comma 4 del decreto legislativo in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro 81/2008). Lo schema legale è tanto semplice quanto tranchant e non ammette deroghe neppure da parte della contrattazione collettiva. Vediamo di disvelare in breve di cosa si tratta. Quando un’impresa o un professionista conferiscono la realizzazione di un’opera o di un servizio a un soggetto terzo dotato di una effettiva struttura imprenditoriale, si configura un contratto di appalto mediante il quale il soggetto incaricato (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento dell’attività commissionata dal soggetto appaltante a fronte di un corrispettivo in denaro.

Sotto un profilo giuslavoristico, il decreto legislativo n. 276/2003, nell’ambito della disciplina della fattispecie di decentramento produttivo, ha distinto nettamente l’istituto della somministrazione di lavoro (già lavoro interinale) da quello dell’appalto di servizi. In estrema sintesi, mentre l’oggetto della somministrazione è il conferimento di manodopera da parte di agenzie per il lavoro munite di apposita autorizzazione ministeriale, l’oggetto dell’appalto è la realizzazione di un’opera o di un servizio mediante l’utilizzo di lavoratori dipendenti che devono essere eterodiretti e (etero) organizzati. La dissociazione soggettiva tra formale datore di lavoro e utilizzatore della forza la - voro avviene, dunque, solo per effetto di un contratto di somministrazione; mentre con l’appalto il potere direttivo, organizzativo, gerarchico e disciplinare resta appannaggio del datore di lavoro sia formale che sostanziale. Affinché un incarico per servizi non tracimi illegittimamente in una somministrazione illecita di manodopera, occorre che l’impresa appaltante non fornisca (quanto meno non tutti) i mezzi di produzione e non ingerisca sull’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati, lasciando in capo all’appaltatore il rischio d’impresa. Sennonché, l’art. 29 decreto legislativo del 2003 dispone che l’imprenditore committente è obbligato in solido con l’appaltatore e con gli eventuali subappaltatori (con il limite di due anni dalla fine) a corrisponde - re ai lavoratori i trattamenti retributivi e i versamenti contributivi.

In sostanza, se l’appaltatore non paga stipendio e contributi previdenziali ai suoi dipendenti, lo dovrà fare l’impresa appaltante che, dunque, potrà essere convenuta in giudizio diretta - mente dai lavoratori senza che si possa più, nemmeno, eccepire il beneficium excussionis, cioè che venga prioritariamente escusso il patrimonio dell’appaltatore. È vero che l’impresa committente potrà esercitare in seguito l’azione di regresso nei confronti del coobbligato solidale, ma è pur vero che, il più delle volte, le difficoltà economico-finanziarie che hanno determinato l’inadempimento retributivo da parte dell’impresa appaltatrice si riverberano, gioco forza, in termini di insolvenza anche in danno dell’impresa committente che agisca in regresso. Si pone dunque un tema di aporia concettuale e normativa dal momento che l’ordinamento prevede due disposizioni in frontale contrasto apparentemente insuperabile tra loro: da un lato afferma che l’appaltatore debba operare assumendosi il rischio d’impresa, dall’altro stabilisce che la società committente (estranea dunque alla gestione del personale dell’azienda che espleta il servizio) debba rispondere, in una sorta di fideiussione di legge e quindi non di fonte pattizia, degli inadempimenti del terzo perpetrati nei confronti dei propri dipendenti. Tale apparente contrasto deve tuttavia necessariamente trovare la sua giustificazione (non foss’altro che per alleviare i sonni agitati degli imprenditori) nella ratio dell’istituto della responsabilità solidale negli appalti riveniente nel “nesso unitario” insito nell’operazione economica complessa che si realizza con il contratto di appalto e che coinvolge i lavoratori ritenuti dalla legge meritevoli di una tutela rafforzata.

La legge, in definitiva, riconosce - con la funzione di tutelare i crediti retributivi e contributivi delle maestranze interessate - la sussistenza di un interesse comune in capo al committente e all’appaltatore, tale da giustificare l’effetto della solidarietà tra due soggetti che sono sì distinti ma che risultano, per effetto dell’obbligazione, oggettivamente e teleologicamente legati da un comune vantaggio produttivo. Più che una responsabilità oggettiva si tratta quindi di una modalità adottata dal legislatore per unire i patrimoni di due soggetti imprenditoriali a garanzia dei lavoratori, intesi quali soggetti contrattualmente ed economicamente più deboli che però, soprattutto negli appalti cosiddetti labour intensive, rappresentano l’anello core del fenomeno organizzativo e produttivo nell’ambito delle genuine relazioni contrattuali tra imprese.

Maurizio Santori 
Senior partner Studio Pessi e Associati


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