I RICORDI DI PPN: Franco Cipriani è stato uno dei grandi maestri del giornalismo calabrese

Venti anni fa moriva a Reggio Calabria un pioniere del giornalismo radiotelevisivo

di Pino Nano
Giovedì 26 Marzo 2020
Roma - 26 mar 2020 (Prima Pagina News)

Venti anni fa moriva a Reggio Calabria un pioniere del giornalismo radiotelevisivo

Per il giornalismo calabrese Franco Cipriani rimarrà una delle pietre miliari della professione, un personaggio con cui ogni generazione futura di cronisti non potrà non fare i conti. La sua storia personale, che poi è la storia stessa dei Cipriani, la sua famiglia, nobile dinastia reggina, è nei fatti anche la storia della Rai in Calabria, oltre che del grande giornalismo meridionale del XX secolo. Franco Cipriani nasce a Reggio Calabria il 17 gennaio 1917 da Orazio Cipriani e Clelia Francesca Paola Minervini, una famiglia “importante” la sua, basti pensare che Franco Cipriani aveva ben 11 sorelle, Maria, Giulia, Cesira, Elvira, Evelina, Elena, Amalia, Jolanda, Marianna (Anna), Lucrezia, Elisabetta. Il 14 febbraio 1953 sposa una ragazza reggina, Giovanna Zuccalà, e da questa unione nasce Orazio Cipriani, che segue le orme del padre e del nonno. Oggi Orazio Cipriani è il capo della redazione reggina della RAI. Franco inizia a fare il giornalista ancora giovanissimo. La sua prima collaborazione è con il quotidiano romano “La Tribuna”. Basterà portare in redazione il suo primo pezzo, la sua prima inchiesta perché il direttore del giornale intuisse che ha aveva che fare con un vero e proprio “animale da redazione”. Chiede su di lui informazioni dettagliate, e scopre che già suo padre, Orazio, faceva questo mestiere. Ma questo mestiere lo aveva già fatto anche suo nonno, Orazio Minervini. Passano i giorni, le settimane, i mesi, e il giovane Franco Cipriani diventa sempre più bravo. Vive in prima persona la fase più delicata della sua città. È la Reggio Calabria della ricostruzione, del dopo-terremoto, quel maledetto terremoto del 28 dicembre 1908, una ferita lacerante nel cuore del Paese. I suoi articoli sulle mille “miserie umane” di quel periodo faranno il giro del mondo, e verranno tradotti e ricopiati dagli inviati delle più importanti agenzie internazionali. Poi arriva la guerra, il secondo conflitto mondiale, e Franco Cipriani diventa per tutti i grandi giornali italiani il punto d’osservazione privilegiato in fondo allo stivale. Nel 1942 diventa inviato di guerra. Viene spedito nei Balcani, e qui dirige la stazione radio della città albanese di Koritza. Come inviato di guerra ha libero accesso nei punti caldi del conflitto. Questo gli procurerà anche una ferita in combattimento. Viene allora rimpatriato in Italia. Per lui è un giorno difficile da dimenticare, perché “arrivai a Reggio Calabria esattamente nel giorno dello sbarco anglo-americano”. Sono giorni decisivi per il Paese. Ma lo sono ancora di più per il Mezzogiorno. A Reggio Franco Cipriani decide allora di riprendere la pubblicazione del “Corriere di Calabria”, quotidiano che era stato fondato e diretto da suo padre Orazio. Per quasi quarant’anni era stato l’unico quotidiano calabrese in edicola, e sotto la sua direzione “Il Corriere di Calabria” ridiventa il giornale di un tempo, unico e solo punto di riferimento per quanti avevano voglia di conoscere più da vicino l’ultima regione d’Italia, vera e propria testata storica calabrese, ma lo diventò ancora di più nel 1924, quando venne soppresso dal regime fascista per aver pubblicato la notizia delle dimissioni di Mussolini, dimissioni legate all’assassinio di Giacomo Matteotti. Purtroppo, però, l’esperienza del “Corriere di Calabria” dura assai poco. Il Governo Militare Alleato decide la soppressione di tutti i fogli che venivano stampati in quel periodo. Viene invece favorita la nascita di un solo quotidiano indipendente, che gli viene completamente affidato, “IL Tempo”, testata imposta dal governatore britannico in ricordo del più famoso quotidiano londinese, e che poco più tardi prenderà il nome della capitale liberata, “Roma”. Intanto a Milano al posto dell’agenzia “Stefani” nasce l’Ansa e Franco Cipriani ne diventa uno dei fondatori. Subito dopo prende a collaborare con la Rai. Prima come “consulente letterario”, poi come corrispondente ufficiale dalla Calabria. Sono gli anni del boom economico. Nascono dovunque nuovi giornali, e Franco Cipriani diventa per molti di questi il corrispondente privilegiato., il “Roma”, di Napoli, Il “Giornale di Sicilia”, di Palermo, “La Sicilia”, di Catania, “Il Notiziario”, di Messina, “La Tribuna del Mezzogiorno” di Messina. Nel 1947, venne chiamato a far parte della delegazione dei giornalisti italiani “in missione speciale” in Gran Bretagna, gli anni successivi sarà la volta della Germania, della Polonia, della Turchia, della Spagna, della Francia, ospite ormai privilegiato della “Forrestal”, la mitica portaerei americana in navigazione nel Mediterraneo. Franco Cipriani sarà infatti uno dei pochi giornalisti italiani ad essere ammesso a bordo della nave, nel pieno di una esercitazione Nato: “forse per gli americani - raccontava lui- era un modo molto speciale per dimostrarmi la riconoscenza per il lavoro svolto dai giornalisti per cui lavoravo a Reggio durante lo sbarco alleato”. Ma su questo, per anni, il vecchio Franco Cipriani ha preferito non aggiungere mai nessun altro dettaglio. I suoi libri “Ucciso dal cavallo con un colpo di pistola”, “L’Aeroporto dello Stretto”, e “Storia di una vita”, rimangono una testimonianza viva della sua lunga esperienza giornalistica. Ma Franco Cipriani ventava anche una lunga storia sindacale, che coincide con la nascita del Sindacato Regionale del Giornalisti Calabresi. Era esattamente il 3 settembre 1974. Il Sindacato Regionale del Giornalisti Calabresi nasce a Vibo Valentia alla vigilia del XIV Congresso Nazionale della Stampa Italiana, congresso svoltosi a Rimini dal 17 al 22 settembre, “Un avvenimento che nessuno di noi -ricordava Cipriani in uno dei suoi ultimi incontri pubblici con la categoria - dovrà e potrà mai più dimenticare”. Lo stesso Segretario Nazionale della Fnsi del tempo, Luciano Ceschia in quella occasione non fece che ribadire: «La struttura della nostra Federazione festeggia oggi anche la nascita di una nuova Associazione. È il Sindacato dei Giornalisti Calabresi, e siamo stati a Vibo in Calabria per tenerla a battesimo». La platea presente a Rimini quel giorno sottolineò il saluto di Luciano Ceschia ai colleghi calabresi con un lungo applauso, poi, uno dopo l’altro, i delegati delle varie regioni sfilarono dinanzi alla delegazione calabrese per rendere il proprio saluto, in testa c’era lo storico Presidente dell’Ordine Raffaele Nicolò e accanto a lui Franco Cipriani, Mario Casalinuovo, Enzo Laganà, Italo Lanucara, Franco Liconti, Franco Scrima, Aldo Sgroj, Vincenzo D’Atri, Renato Mantelli e Franco Falvo. «Ai giornalisti che vengono dalla Calabria - commentò pubblicamente in quella sede Luciano Ceschia- rinnoviamo il nostro saluto più caloroso e l’augurio che questo nuovo organismo regionale possa migliorare ancora di più la tutela fin qui assicurata dall’Associazione Napoletana», e da cui i giornalisti calabresi dipendevano. Lo stesso Raffaele Nicolò in precedenza aveva ricoperto anche la carica di Vicepresidente dell’Ordine Interregionale della Campania e della Calabria, e primo segretario regionale del Sindacato dei Giornalisti Calabresi venne eletto proprio Franco Cipriani. Cipriani parlava della nascita del Sindacato come di un «evento straordinario che ebbe in Raffaele Nicolò il suo unico grande artefice», e a lui riconosceva «doti di grande stratega». Ma la nascita del Sindacato per i Giornalisti Calabresi rappresenterà anche la possibilità di diventare essi stessi titolari di un proprio ufficio fiduciario dell’Istituto Nazionale di Previdenza. Poi verrà a cascata tutto il resto, la Casagit, il primo bollettino ufficiale, il primo annuario dell’Ordine, le prime iniziative in difesa dell’abusivismo, ma anche le prime incomprensioni: «ma solo chi non opera- ripeteva Franco Cipriani- rischia di non poter mai essere giudicato dagli altri». Nel frattempo, Cipriani entra a far parte del Direttivo Nazionale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, fonda l’Unione Stampa Turistica Italiana, dà vita all’Unione Stampa Cattolica Italiana, e diventa autorevole Consigliere Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Italiani. Dopo la sua morte Franco Cipriani lascia la sua eredità spirituale, e soprattutto il vero grande tesoro della sua vita che è la grande emeroteca storica tutta calabrese conservata nella sua vecchia casa reggina, a suo figlio Orazio, che della Rai in Calabria rimane, anche a lui suo modo, un protagonista storico, se non altro per essere stato per oltre trent’anni il testimone privilegiato che la Rai, dopo suo padre Franco, ha avuto a Reggio Calabria, città che Orazio non solo ha raccontato ogni giorno in mille modi diversi ma che, a differenza di suo padre Franco, ha anche palesemente, visceralmente, e profondamente amato come forse nessun altro di noi avrebbe saputo fare. Cronista fino in fondo, ma anche parte integrante della vita cittadina, di Reggio Calabria Orazio è stato una sorta di testimone attentissimo, severo, soprattutto equilibrato e rigoroso, al limite della censura verso sé stesso, ma perfettamente consapevole della grande eredità professionale e morale ricevuta da suo padre. C’è un particolare che vale la pena di ricordare: a differenza di molti dei cronisti del suo tempo, Franco Cipriani pareva avere una certezza assoluta, e di questo ne parlava continuamente con gran parte di noi che lo consideravamo un maestro, ed era la consapevolezza di aver svolto sempre e fino in fondo il suo dovere, sia nei confronti della società di cui faceva parte, sia anche nei riguardi della grande famiglia dei giornalisti che per lunghi anni lo aveva visto protagonista e decano di primissimo piano. Credo che alla fine, proprio per questo, Franco Cipriani sia morto in maniera assolutamente serena. Era il 3 dicembre 1998.


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