Il Mose di Venezia, “Proiettiamolo nel 2071 per capire meglio cosa è successo mezzo secolo prima”.

Effetto Mose. Le sfide di un progetto per il futuro” La stabilità del provvisorio. Puntuale e dettagliatissima l’analisi dello storico inviato speciale del TG2 Maurizio Crovato intellettuale di grande fascino e soprattutto veneziano doc sul Mose di Venezia, e che da cronista lo ha visto nascere

di Maurizio Crovato
Domenica 10 Ottobre 2021
Venezia - 10 ott 2021 (Prima Pagina News)

Effetto Mose. Le sfide di un progetto per il futuro” La stabilità del provvisorio. Puntuale e dettagliatissima l’analisi dello storico inviato speciale del TG2 Maurizio Crovato intellettuale di grande fascino e soprattutto veneziano doc sul Mose di Venezia, e che da cronista lo ha visto nascere

Venezia 2071. La CWCV, Corte web dei conti virtuale, analizza le spese sostenute mezzo secolo prima dalle amministrazioni pubbliche. Una analisi storica su tre errori commessi. Mose, banchine grandi navi a Marghera, mura di vetro per difendere la Basilica di San Marco dallo sgretolamento marmoreo per colpa dell’acqua alta. Sempre mezzo secolo dopo le tre opere definite provvisorie costarono miliardi dei vecchi euro, ora criptovalute.

 

Il Mose, addirittura costituito da un Consorzio (Venezia Nuova) nato pensate nel 1985, concepiva secondo la scienza dell’epoca, una barriera per difendere Venezia e la laguna dalle acque alte. Si faceva tutto alla grande all’epoca. Il Comitatone concepì il Progettone. Vennero scelte 27 aziende leader italiane, capofila la Fiat degli otto-novecenteschi Agnelli, quelli che cominciarono con le carrozze a motore per le passeggiate in campagna, senza prevedere il boom futuro delle auto. Serendipity.0

 

Secondo i calcoli sbagliati del secolo scorso le 78 paratoie pensate dalla Tchnital spa nel 1988 avrebbero dovuto proteggere Venezia dalle aggressioni marine. Non avevano calcolato, gli scienziati dell’epoca, che 5.500 km2 della pianura costiera del nord Italia, ovvero metà della popolazione italiana dell’epoca, sarebbero stati sommersi dall’acqua.

 

 In questi 50 anni, le principali dieci metropoli del mondo, Giakarta, Manila, Ho Chi Min City, New Orleans, Bangkok, Osaka. Dacca, Shanghai, Alessandria D’Egitto, oltre alla piccola Venezia, sarebbero sparite.

 

Per Venezia erano stati spesi miliardi di euro mentre non avevano calcolato i cambiamenti epocali. Una leggerezza di mezzo secolo fa. Le banchine del porto, praticamente inutilizzate per l’uso quasi giornaliero del Mose, erano anch’esse all’epoca, un’altra “opera provvisoria”.

 

 

Milioni di criptovalute buttate. Altra idea geniale degli inizi del Ventunesimo secolo, fu circondare con un muretto di cristallo la Basilica di San Marco. Lavori iniziati con le perplessità di quelle che allora erano chiamate “Soprintendenze”, oggi “Archeoautorità Digital” (ndr). Agli inizi dei lavori, sospesi un sacco di volte perché all’epoca la marea entrava in Basilica a 70 centimetri del medio marea di allora. Un dato che oggi ci fa sorridere.

 

 

Il dibattito sui cambiamenti climatici, gli effetti gas e serra, l’insostenibile esplosione demografica, la scarsità di provvigioni idriche congiunta allo scioglimento dei ghiacciai, la sparizione di Polo nord e Polo sud, come erano concepiti geograficamente un secolo fa, era solo agli inizi e sorte come ipotesi bizzarre, dai primi scienziati dubitosi e poco ascoltati.

 

 

La fortuna di Venezia e del salvamento della laguna, destinata all’interramento, fu la geniale idea di un cinese, chiamato il Leonardo Da Vinci di Shanghai. Inoculando gas e acqua sotto il caranto, riuscì a sollevare i 550 chilometri quadrati da Jesolo a Chioggia, alzando il territorio dei fondamentali tre metri di sopravvivenza. Un monumento tridimensionale gli é stato dedicato al centro di Piazza San Marco, ora Campo dei Mandarini. Con i visori in 3d, in realtà virtuale, si può assistere ad una acqua alta dell’epoca.

 

 

Scusate, ho dato spazio alla fantasia e alla fantascienza, spostandomi nel 2071, ma lo spunto mi è venuto spontaneo, leggendo il libro, nuovo di zecca, con i tipi della Marsilio, dedicati al Mose, alla sua storia e al suo funzionamento. Un libro con tanto di presentazione del ministro dell’economia e delle finanze Daniele Franco che cita il poeta “veneziano” Brodskij, la sacralità dell’acqua e l’invenzione, da esportare, delle dighe “a scomparsa”. Prefazione del sindaco Luigi Brugnaro: “Venezia ha fermato il mare”. Gli oceani per fortuna sono più distanti.

 

 

Mose. Effetto Mose. Le sfide di un progetto per il futuro” con i contributi di Elisabetta Spitz (la commissaria governativa), Pier Vellinga, Anja Visini, la storica Elena Svalduz, e i meteorologi Stefano Libardo, Alvise Papa e Davide Sernaglia, è molto interessante e invita a serie riflessioni, a parte l’ultimo contributo di cronaca della giornalista Rai, Milvia Andriolli, sulla storica data dell’avvio sperimentale del Mose il 3 ottobre del 2020. Alla collega mi verrebbe da suggerire: o intervisti la commissaria Spitz per la televisione pubblica o scrivi per il Consorzio Venezia Nuova. Delle due l’una.

 

 

Fa riflettere parecchio la storia di un progetto concepito 40 anni fa. All’epoca le grandi opere di sbarramento sul Tamigi a Londra e sullo Schelda nei Paesi Bassi furono scartate subito per motivi estetici. Venezia non poteva vedere quelle orribili torri e le barriere a scorrimento. Ma tant’è. Elisabetta Spitz, architetto, romana, nominata nel 2019 commissario straordinario del Mose, è persona di grande esperienza ai ministeri.

 

La prima domanda che si pone è un dubbio: finirà l’opera nel 2022? A saperlo. Solo nel 2020 è stato sollevato (sperimentalmente) 20 volte. Punta il dito la commissaria sull’enorme spreco di energia elettrica ad ogni sollevamento (14 GWh). Un costo altissimo. E si proclama sicura che il Mose resisterà fino a tre metri d’altezza. Nel mio piccolo mi chiedo: ma al Lido e a Pellestrina lo sanno?

 

I saggi successivi sono praticamente drammatici. Ecco il motivo del fantascientifico che fantasia non è. Secondo l’Enea negli ultimi 200 anni il livello marino è salito di più che negli ultimi 3.000 anni (tremila). Solo negli ultimi decenni la subsidenza accelera a Venezia di 3,4 millimetri all’anno. Senza contare l’eustatismo. Secondo i più autorevoli scienziati mondiali nel 2100, la morfologia del mondo sarà radicalmente mutata. Oggi come oggi metà della popolazione italiana è a rischio. 5.500 km quadrati della pianura costiera verranno aggrediti dal mare e dalle esondazioni.

 

 

La storica Elena Svalduz riporta la saggezza dei nostri Savi alle Acque, fin dall’antica Magistratura del Piovego, preoccupati perennemente per le sorti della laguna. Una lotta continua alla sopravvivenza e al calcolo, tra nuovi canali e imbonimenti.

 

 

Il saggio del Consorzio Venezia Nuova è utilissimo per capire la cronistoria novecentesca del Mose. Il “problema di Venezia” nasce nel 1962 con uno storico convegno della Fondazione Cini che chiama al capezzale della grande ammalata i maggiori esperti del mondo. Un triste presagio.

 

Quattro anni dopo, la grande alluvione del 1966, pone Venezia al centro del pianeta per la sua sopravvivenza. Nel 1973 la prima legge speciale, d’ora in avanti sarà tutto speciale. Definisce le sorti della città di “preminente interesse nazionale”. Un bene e un male. Da questo momento in poi, sarà Roma, ovvero il potere centrale ad assumerne le redini del comando. Tutti i casini del Consorzio saranno dovuti a questa centralità, l’estromissione della Regione e dei Comuni locali. Nel 1975 (46 anni fa…) il ministero dei Lavori pubblici approva la prima gara d’appalto per la difesa di Venezia.

 

Cinque anni dopo, e siamo nel 1980, i 5 progetti presentati da altrettante multinazionali private, vengono respinti e accettati tutti. Un piatto misto. Ci penserà il Governo, con il Progettone, a fare una sintesi di questa salsa complicata. Nel 1981 viene approvato dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, il grande progetto per le opere mobili. Mi chiedo, quanti sono i saggi dell’epoca che oggi si dichiarano contrari al Mose…Nel 1984, nuova legge speciale, la n.798, prevede barriere a scomparsa nelle tre bocche di porto e una serie articolata di opere complementari. Si comincia con i “sopralzi” in calli e campi a grande scorrimento, per limitare i disagi delle acque medio alte. Le Soprintendenze danno l’ok.

 

 

Si parla anche di marginamenti per rafforzare sponde e isole minori e maggiori. Un lavoro enorme e spesso misconosciuto. Pensiamo a S.Erasmo finalmente completata di rive in marmo d’Istria. Nel 1985 nasce il Consorzio Venezia Nuova. È formato da 27 aziende nazionali, direttore sarà Giovanni Mazzacurati, con esperienze in Furlanis, Condotte, Impregilo. I presidenti del CVN saranno tutti romani doc, Luigi Zanda, Franco Carraro, Paolo Savona. Verrà creato vicino a Padova, Voltabarozzo, un modello della laguna in miniatura per studiare i modelli matematici. Opera inutile? A saperlo.

 

Comunque, costosissima. Il quadriennio 1989/92 passa veloce tra studi per strutture e impianti. In fondo si tratta della più grande opera di salvaguardia ambientale al mondo. Abbiamo gli occhi puntati addosso, soprattutto dei tecnici olandesi, quelli che abbiamo respinto. Parliamo di un’opera che costerà sui 7 miliardi di euro. Vengono divisi i capitoli: idrodinamica, morfologia lagunare, litorali e bocche di porto, sedimenti, qualità delle acque, condizioni meteomarine e metereologiche per anticipare nel minor tempo possibile le maree eccezionali.

 

E inoltre: geotecnica, comportamento opere mobili, bonifiche. Un lavoro bestiale, con consulenze a volte pagate profumatamente. Mi ricordo che un DVD di 17 minuti sulle sorti magnifiche e progressive del Mose, realizzato da due giornalisti romani che mai avevano visto la laguna, costò 780 milioni delle vecchie lire. Ma le musiche erano di Ennio Morricone! Romano.

 

 

Alla fine dopo mezzo secolo, saranno 78 paratoie mobili distribuite nelle bocche di porto a salvarci dalle acque alte. Nei fondali ci sono una ventina di cassoni in cemento armato a permettere alle barriere in metallo a sollevarsi, con un sistema complesso di auto sollevamento idraulico.

 

 

 

Non ho parlato degli scandali. È storia. Come quella del ponte di Rialto, durata mezzo secolo con i proti salvati dalla forca. Concepito nel 1554, concluso nel 1592. Polemiche a non finire con il rischio di mandare gli ingegneri al patibolo. Un terremoto face capire che il ponte in marmo era resistente. Per l’epoca il costo era favoloso: ben 250 mila ducati. Ma ne valse la pena.

Buon lavoro Mose e lunga vita a te.


RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright Prima Pagina News

Mose di Venezia
PPN
Prima Pagina News

APPUNTAMENTI IN AGENDA

SEGUICI SU