L’Università della Calabria guarda allo spazio, ma sembra aver dimenticato le sue radici
Può un Campus universitario immaginare come proprio futuro la conquista dello spazio e dimenticare nel frattempo le sue origini storiche? E’ il rischio reale che oggi corre l’Università della Calabria. L’analisi, per certi versi impietosa, è dello storico portavoce ufficiale dell'ateneo, Franco Bartucci.
di Franco Bartucci
Venerdì 08 Dicembre 2023
Roma - 08 dic 2023 (Prima Pagina News)
Può un Campus universitario immaginare come proprio futuro la conquista dello spazio e dimenticare nel frattempo le sue origini storiche? E’ il rischio reale che oggi corre l’Università della Calabria. L’analisi, per certi versi impietosa, è dello storico portavoce ufficiale dell'ateneo, Franco Bartucci.

“La lettura di un servizio giornalistico, pubblicato lo scorso 20 novembre da “Il Quotidiano del Sud”, a firma di Luisa Longobucco, il cui titolo è spaziale, proiettato nel presente e nel futuro: “Da Arcavacata alla Nasa L’aerospazio di Afredo Garro”, crea un motivo e una ragione a fare una profonda analisi sullo stato vissuto attuale della nostra Università”.

Anzitutto il prof. Garro è un bravo, competente e passionevole docente ricercatore dell’UniCal ed in particolare del Dipartimento Dimes, che insieme al prof. Francesco Valentini, del Dipartimento di Fisica, stanno scrivendo una pagina storica e futuristica della nostra Università. In sostanza ci stanno preparando a godere di un evento straordinario tra qualche tempo, quello che l’UniCal scenderà per il suo contributo scientifico sulla luna e navigherà nello spazio grazie ai loro impegni di studio e ricerca.

Di fronte a tali meraviglie però c’è da constatare con amarezza e dispiacere che chi frequenta oggi per ragioni di studio e chi vi lavora, in buona parte, non conosce nulla delle radici dell’Università della Calabria, senza avere contezza sul come si è arrivati a tali traguardi e prospettive; anche tenendo conto del pianeta dell’intelligenza artificiale, come della digitalizzazione e delle nuove tecnologie tanto discusse, che sono di attualità negli ultimi anni, ma di casa in questa nostra Università per l’impegno profuso da figure che fanno parte della sua storia. Un Ateneo che da ben cinquantadue anni ne segna il tempo dalla sua nascita, avvenuta con l’insediamento degli Organi Amministrativi ed Accademici, la cui data ufficiale risale al 22 maggio 1971; passando attraverso il cinquantesimo del primo anno accademico 1972/73.

Sono anniversari trascorsi e chiusi nel silenzio più totale, da parte degli organi accademici, i quali non hanno intuito e saputo cogliere il senso e gli effetti che tali anniversari avrebbero potuto creare sull’attuale comunità universitaria, che ne frequenta le strutture, come sulla generazione dei propri laureati, il cui numero ammonterebbe ad oltre le centomila unità per come ha dichiarato lo stesso Rettore Leone lo scorso anno, in occasione della cerimonia inaugurale del 51° anno accademico 2022/2023. Era il momento giusto per ricomporre il clima di forte attrazione tra vecchia e nuova generazione ad ogni livello studenti/laureati, docenti/non docenti, società/mondo della politica, nonché dell’associazionismo ed istituzioni per ricomporre uno spirito e delle azioni umane che risultano assenti nel ripercorrere gli ambienti e le strutture dell’Ateneo.

Si corre soltanto e si fa a gara per consegnare titoli accademici e sbarcare sulla luna nel modo più freddo possibile senza memoria ed afflati, dimenticando che i padri fondatori ci hanno consegnato un Campus quale ragione di vita e convivenza sociale ed umana nella pratica della concordia e della pace senza confini e separatezze ideologiche e di razza.

La fortuna ed il caso hanno voluto che negli ultimi tre anni questa Università ed il suo Campus si ravvivassero per una significativa presenza di studenti stranieri, ma dall’esterno non si ha contezza di frequentazione e confronto per come avrebbe potuto dare ed essere un segno tangibile del valore della pace, trasformando l’antico borgo del Centro Residenziale in “Giardino di Pace tra gli ulivi”. Guarda caso che proprio ai suoi piedi per impegno del Prorettore con delega alla gestione del Centro residenziale, prof.ssa Patrizia Piro, è stata realizzata una “stanza del silenzio”; mentre a pochi metri di distanza è stata collocata, sotto l’aula “Umberto Caldora”,  una scultura in ferro dal titolo  “no alla violenza alle imprese”, luogo ideale per collocarci attorno due panchine rosse, quale segno e simbolo di tutela e rispetto delle donne in  ricordo della studentessa in Scienze Economiche e Sociali Roberta Lanzino e della giornalista Maria Rosaria Sessa, laureata in lingue della Facoltà di Lettere e Filosofia, strappate con la violenza a questo mondo dopo aver trascorso e vissuto l’esperienza di studio nel Campus universitario di Arcavacata. Ma questo non accade ed è incomprensibile nel tempo della trasparenza il silenzio e l’inefficienza risolutiva, mentre attorno nella società crescono le iniziative di riferimento con la collocazione di panchine rosse e monumenti, in ricordo di valori che vanno rispettati e vissuti in modo permanente e costante.

L’UniCal da tempo ha il suo centro antiviolenza di riferimento per gli studenti lungo la struttura del ponte Bucci, ma guarda caso manca il riferimento visibile della panchina rossa che ne attualizza i comportamenti nel vivere quotidiano e nella ricerca di una convivenza pacifica, serena e solidale.

 Quel luogo, quel largo, noto come “Piazza dei Popoli”, sarebbe un punto di  profondo riconoscimento umano, quale espressione di legame alla propria storia e agli uomini e donne che vi hanno partecipato a realizzarla, intitolarne la strada di accesso e di collegamento con l’aula magna, divenuta “Centro  congressi Beniamino Andreatta”, alla figura di Aldo Moro, firmatario della legge istitutiva dell’Università della Calabria, quale Presidente del Consiglio, simbolo di un filo rosso di comune volontà e collaborazione tra lo statista, ucciso dalle Brigate Rosse, padre istitutivo dell’Ateneo, ed il suo primo Rettore, suo collaboratore economico e Ministro della Repubblica negli anni a seguire.

Un buon giornale, fonte d’informazione e conoscenza, dovrebbe approfondire, attraverso opportune inchieste, questi aspetti sopra trattati in modo da contribuire a creare un nuovo spirito di collegamento e conoscenza del rapporto società civile ed istituzione universitaria, ricordando che si è da pochi giorni entrati nel cinquantesimo anniversario del primo anno accademico 1973/1974 dei corsi di laurea in Lettere, Filosofia, Lingue Moderne della Facoltà di Lettere e Filosofia con Preside il prof. Gianvito Resta.  La stessa domanda e riflessione dovrebbero farsela tutti coloro che oggi vivono l’esperienza UniCal e tutti coloro che vi sono passati come la stessa società civile che ne ha vissuto le speranze.

In quello stesso anno accademico, secondo nella sua cronologia, furono attivati il primo anno dei corsi di laurea in Matematica e Scienze Naturali.

Di ciò nell’UniCal non c’è finora traccia e memoria che ne ricordi la partenza. Peraltro si è ancora in tempo, se esista una tale sensibilità, a spegnere la candelina del cinquantesimo anniversario di questi frequentatissimi percorsi di studio all’interno della prima università statale calabrese.  Gli accademici e gli attuali studenti Ne comprenderanno la ragione e dare un senso storico ed umano al loro percorso di studio e presenza all’interno del loro Ateneo che significherebbe ritrovarsi in comunità.


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