La Chiesa di Francesco. Riflessi importanti anche in Calabria

Spronata da papa Francesco la Chiesa calabrese intraprende quel “cammino fuori dal palazzo” suggerito dallo stesso pontefice: “La Chiesa deve essere sempre in uscita altrimenti si ammala”.

di Mimmo Nunnari
Martedì 15 Febbraio 2022
Catanzaro - 15 feb 2022 (Prima Pagina News)

Spronata da papa Francesco la Chiesa calabrese intraprende quel “cammino fuori dal palazzo” suggerito dallo stesso pontefice: “La Chiesa deve essere sempre in uscita altrimenti si ammala”.

Un invito, che il papa rivolge anche ai cristiani cattolici, citando il Vangelo: “Voi uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso. Soprattutto accompagnate chi è rimasto al bordo della strada, «zoppi, storpi, ciechi, sordi. Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo».

E’ condividendo questa linea, che nella recente riunione della Conferenza episcopale regionale,  presieduta dall’arcivescovo di Reggio monsignor Fortunato Morrone, succeduto al dimissionario Vincenzo Bertolone, i vescovi delle diocesi calabresi hanno annunciato un cambiamento di rotta,  nella loro missione di pastori di anime.

Il loro progetto di “uscita”, spronati dal papa, come hanno scritto in un documento, si è già manifestato con la voce preoccupata sui temi del presente e del futuro della regione.

Hanno individuato le maggiori emergenze, sulle quali porre attenzione, e le hanno sinteticamente elencate: sanità, infrastrutture, futuro dei giovani. Ne hanno parlato col presidente della Regione Roberto Occhiuto e si sono ripromessi di tornare a far sentire la loro voce, che significa verificare le risposte e i progressi sui temi posti.

E’ un segnale forte l’annuncio di voler andare oltre l’esercizio delle fede e di volere accostare la storia travagliata della Calabria alla loro missione di governare l’attività pastorale delle loro comunità.  

I vescovi che guardano alle urgenze, soprattutto al futuro dei giovani, che possono essere gli artefici di un transito generazionale che porti la Calabria alla svolta nella società e nella politica, sono testimonianza di una premura che fa bene a tutti, alla politica, alla società, alla gente.   

  Nel passato, neppure tanto lontano, il Sud, la Calabria, hanno avuto un posto prioritario nell’azione dei vescovi: lettere pastorali, documenti, interlocuzioni con Chiese di altre regioni, presenze solidaristiche in situazioni critiche che hanno interessato lavoratori, disoccupati, giovani.

Poi, negli ultimi anni, è come se fosse calato il silenzio e l’assenza della voce dei vescovi si è avvertita.

Ora, questo voltar pagina, preceduto dalle nomine a Reggio di monsignor Morrone, a Mileto di monsignor Attilio Nostro e a Catanzaro di monsignor Claudio Maniago - pastori accomunati dalle loro esperienze precedenti di preti al servizio dei più deboli e indifesi -  avvenute sulla scia delle scelte “rivoluzionarie” di Francesco che hanno avuto inizio con le nomine di monsignor Carmelo Lorefice a Palermo, di Matteo Maria Zuppi a Bologna e di don Mimmo Battaglia a Napoli, è un segnale ulteriore che la Chiesa calabrese si muove verso quella Chiesa sognata dal papa: la Chiesa che vuole uscire dai palazzi per abitare le periferie. 

Periferie, che nel silenzio recente della collegialità dei vescovi l’esercito quieto e operoso della carità fatto di preti, religiose e religiose, di volontari laici, già abitava.

Sono le “truppe” che operano accanto agli invisibili, nelle comunità urbane di anziani, poveri, donne e giovani in difficoltà; truppe che supplendo, in molti casi, all’assenza delle istituzioni e della società hanno fatto girare il mondo, con in mano la guida del Vangelo.

Il cambio di rotta dei vescovi (“spronati dal Papa”) è un segnale dunque importante, non solo per il popolo dei credenti ma per tutti, poiché la Chiesa di Francesco si è abituata ad affrontare le sfide rivolgendosi a tutti, e cercando alleanze che comprendono l’umanità intera, senza differenze. E’ anche un voltar pagina che viene da una Chiesa calabrese ultimamente attraversata da problemi spinosi e vicende poco chiare, come quelle emerse con gli avvicendamenti nelle diocesi di Mileto e di Catanzaro, dove i vescovi hanno lasciato anzitempo la loro missione, senza che si conoscessero i motivi reali del loro allontanamento. Ma le piaghe della Chiesa calabrese degli ultimi tempi sono anche altre: preti coinvolti in vicende cupe, altri sfiorati da inchieste giudiziarie e episodi, più lontani nel tempo, che hanno avuto enorme rilevanza mediatica: inchini di statue sacre davanti alle abitazioni di famiglie mafiose, dispute e conflitti tra clero e laici, per la gestione di fondazioni, immoralità di alcuni sacerdoti colti in situazioni imbarazzanti. Sono tutte vicende che hanno appannato l’immagine della Chiesa calabrese, ma non hanno certo minimamente scalfito l’immagine “dell’esercito” che tenendosi lontano, dall’inutile e dannoso chiacchiericcio, è sceso quotidianamente in campo per farsi compagno di viaggio degli ultimi. Sono gli eroi moderni questi preti in “uscita”, che lavorano dentro e fuori le chiese, che raffigurano realmente la Chiesa. Rappresentano quella Chiesa “accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”, come dice il papa.

La Calabria è ricca di questa Chiesa. Lo sanno bene le persone che soffrono per privazioni, ma anche per mali esistenziali, e si ritrovano parroci di periferia che le sostengono concretamente, camminando accanto a loro.

Questa Chiesa, diffusa dal Pollino allo Stretto, non cancella tuttavia quel malessere che deriva dai fatti (che abbiamo citato) in cui rimangono impigliati a volte i rappresentanti del clero e che non possono essere sottaciute. Certo i mali della Chiesa sono antichi e come abbiamo visto di recente, con gli episodi di pedofilia, di violenza, sono mali globali, mali che accadono in tutto il mondo. Il punto è che questi mali, dovunque si manifestino, non vanno sottaciuti, non vanno tollerati, ma devono emergere, per aiutare la riforma del papa che vuole preti che assomiglino al samaritano, che amino il rischio di vivere per il Vangelo sapendolo raccontare - dice - in “allegria, con la vita prima che con le parole”.      

 Il segnale che arriva dalla Conferenza Episcopale Calabrese è perciò importante per una regione che deve riscattarsi e ha bisogno della voce forte della sua Chiesa, che ha bisogno della collegialità e unità dell’episcopato. Episcopato che è chiamato a incoraggiare i suoi “eroi” in tonaca, che sono ogni giorno sul campo, episcopato che cambia definitivamente rotta se riesce a stare accanto a un popolo umiliato da un secolo e mezzo di esclusione dalla vita democratica, sociale e civile.

Con la Chiesa calabrese in campo si può aprire una prospettiva nuova per la Calabria: si può guardare al futuro con più fiducia, trovare l’audacia, credenti e non credenti, di percorrere insieme le strade per costruire il futuro.

 

 


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