Le Leggende dell'Alpinismo: Walter Bonatti e la tragedia che sconvolse la Francia
Tra Natale e Capodanno del '56, quattro uomini lottano insieme contro la tempesta sul Monte Bianco. Due riescono a salvarsi. Per gli altri due, in trappola a 4mila metri nel freddo estremo, inizia un terribile calvario pieno di colpi di scena.
di Antonio Panei
Mercoledì 26 Aprile 2023
Roma - 26 apr 2023 (Prima Pagina News)
Tra Natale e Capodanno del '56, quattro uomini lottano insieme contro la tempesta sul Monte Bianco. Due riescono a salvarsi. Per gli altri due, in trappola a 4mila metri nel freddo estremo, inizia un terribile calvario pieno di colpi di scena.
Natale 1956, Walter Bonatti e Silvano Gheser si muovono nella tempesta, sul Monte Bianco, insieme a due studenti universitari incontrati casualmente al bivacco della Fourche. Si chiamano Francois Henry e Jean Vincendon. Il primo ha 23 anni ed é belga, il secondo, francese, ne ha 24. Entrambi sono aspiranti guide alpine. Gli italiani sono saliti all'alba del 24 dicembre per attaccare la via della Poire. Gli altri due, che hanno solo due-tre anni meno di loro, sono in parete dal 22 dicembre e puntano allo Sperone della Brenva. A causa del maltempo le due cordate sono costrette a cambiare programma e a ripiegare verso la Capanna Vallot.

A 4100 metri, i quattro, affrontano un bivacco notturno a 30 gradi sotto zero. La mattina seguente si rimettono in cammino. Dopo qualche ora, mentre sono in mezzo ad una bufera da fine del mondo, Vincendon, che è stremato dalla fatica, chiede una sosta collettiva di mezz'ora per mangiare. Bonatti si rifiuta. Gheser, il suo compagno di cordata, ha manifestato i primi segni di congelamento agli arti, troppo rischioso fermarsi.
Bonatti e Gheser vanno avanti verso la vetta del Monte Bianco, raggiungono il Colle della Brenva e poi la Capanna Vallot. Passa un'altra notte. Alle prime luci del giorno i due alpinisti si dirigono verso il rifugio Gonella. "La neve - scrive Bonatti nel suo resoconto - in certi punti era così alta da affondarvi fino alle natiche. Per alzare una gamba e fare un varco davanti a me dovevo spesso aiutarmi con le mani".

Bonatti e Gheser avanzano completamente avvolti dalla nebbia. Il 28 dicembre sono all'interno del Rifugio Gonella. Le guide alpine, partite da Courmayeur, li raggiungono dopo poche ore. Sono in salvo. Intanto dei due ragazzi non si hanno più notizie. Vincendon e Henry, invece di proseguire verso la Capanna Vallot come indicato loro da Bonatti, hanno deciso di scendere direttamente sul Grand Plateau, verso Chamonix, trovandosi però intrappolati in un labirinto di seracchi. Non possono né scendere né salire. Hanno le dita congelate, non riescono ad installare la tenda che portano nello zaino. Si appoggiano ad una torre di ghiaccio che rischia di crollare da un momento all'altro.

Dal versante francese partono le ricerche. Vengono individuati da un elicottero. Dal velivolo viene lanciato un biglietto con su scritto: "Salite per 200 metri fino al Dôme du Goûter, solo in quel posto possiamo atterrare". Lentamente i due risalgono il pendio sopra Punta Maudite e attendono i soccorritori. L'elicottero volteggia sopra di loro. Il pilota cerca la traiettoria migliore per planare. Il vento, che soffia a 100 km/h, fa dondolare il velivolo paurosamente. L'elicottero si abbassa e rialza, uno, due, tre volte, poi una impetuosa folata improvvisa lo fa schiantare sulla neve. Le quattro persone a bordo rimangono illese. Raggiungono i due dispersi, li accompagnano al riparo nella cabina del relitto e forniscono loro cibo e coperte.

La vigilia di Capodanno nell'altipiano atterra un secondo elicottero con altre guide di Chamonix. Ma c'è un ennesimo problema: sono passate troppe ore, Vincendon e Henry, martoriati dal freddo estremo, sono ormai semi-assiderati, incapaci di muoversi autonomamente. Portarli in salvo, in quelle condizioni e con quel tempo, è impossibile. Decidono di lasciarli lì in attesa dell'arrivo, da terra, di una carovana di soccorritori. Si preoccupano solo di accompagnare l'equipaggio dell'elicottero precipitato verso il rifugio più vicino.

La Francia rimane col fiato sospeso. Il primo gennaio tutte le speranze svaniscono. La cordata dei soccorritori guidati da Lionel Terray si arrende al maltempo. Il giorno dopo le operazioni di salvataggio vengono ufficialmente sospese. Anche il padre di Vincendon accetta questa decisione. Un velivolo sorvola per l'ultima volta il relitto e non scorge segni di vita. Un giornalista transalpino che si trova a bordo scrive: "E' solo una bara di ferro e gelo". I corpi dei due studenti vengono recuperati tre mesi dopo. Il cadavere di Vincendon lo trovano fuori dalla carlinga. E' la prova che quando sono state sospese le ricerche era ancora in vita.

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