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A firmare l’emendamento per la sua abrogazione sono stati i deputati Federico Mollicone (Fratelli d’Italia, neoeletto Presidente della VII Commissione Cultura, Scienza e Istruzione alla Camera), Rossano Sasso (Lega) e Rita Dalla Chiesa (Forza Italia), destinando così le risorse di 18App – ovvero 230 milioni di euro – ad altri comparti della cultura, tra cui il mondo dello spettacolo.
Immediata la reazione di Matteo Renzi leader di Italia Viva: "Un emendamento di Fratelli di Italia vuole cancellare la #18app, il bonus cultura per i giovani. Per me è un errore gravissimo".
Il Vice Presidente del Senato Maurizio Gasparri affrontando il tema in un convegno di qualche giorno fa a Battipaglia è stato durissimo nell’analisi e nel giudizio finale.
“Inutile la levata di scudi del Pd e altri a difesa della ’18App’ voluta da Matteo Renzi e poi anche da Dario Franceschini- dice Gasparri- Sotto il cappello di una misura pensata per allargare, giustamente, gli strumenti di fruizione della cultura, si sono moltiplicati imbrogli e furbizie. Troppi con quei 500 euro, si compravano telefonini, videogiochi e perfino lavatrici. La guardia di finanza ha rilevato truffe per 9 milioni di euro e la Corte dei Conti ha accertato un’ipotesi di danno erariale. E’ una misura che va sostituita con strumenti più efficaci. Il centrodestra vuole difendere la cultura e gli strumenti del sapere, a cui destinare queste risorse. Sinistre e grillini invece calpestano la cultura e finanziano l’imbroglio. Non avendolo fatto apposta, invece di criticare chiedano scusa”.
Ma gli usi indebiti di 18 app, il cosiddetto bonus Cultura per i 18enni, ammonterebbero a circa nove milioni di euro. Si tratterebbe di un dato parziale, visto che altre indagini sono ancora in corso, e coperte da segreto istruttorio.
Le truffe ai danni dello Stato si sarebbero consumate con la corresponsabilità di esercenti e 18enni. Al ministero della Cultura sono giunte peraltro anche segnalazione di diciottenni che hanno denunciato la vendita a loro insaputa di bonus loro assegnati.
Non è raro invece il caso di commercianti che avrebbero comunicato al ministero della Cultura la vendita di libri, biglietti per il cinema e spettacoli teatrali, quando in realtà sarebbero stati venduti ai 18enni beni non contemplati nelle categorie ammesse da 18 app, come computer,tablet, smartphone e tv.
In un caso, emerso nella primavera scorsa, le indagini della guardia di finanza avrebbero fatto emergere una vera e propria organizzazione che avrebbe lucrato sul bonus.
Un sistema in cui un commerciante, ricevuti i buoni procacciati da quello che gli investigatori hanno definito il “capomaglia”, li avrebbe convalidati sulla piattaforma dedicata emettendo in seguito la fattura per l’importo di 500 euro giustificandola con la compravendita mai avvenuta di beni destinati alla vendita dei bonus.
In tal modo l’esercente avrebbe ricevuto dal MIC il rimborso dell’intero importo, dal quale avrebbe trattenuto il 30%. Al capomaglia sarebbe invece spettato il restante 70% da dividere con ogni singolo titolare del bonus”.