Medicina. Agricoltura, botanica, malattie infettive e sostenibilità ambientale

In occasione della giornata di studio sull’apertura del Master di Medicina Integrata dell’Universita’ Guglielmo Marconi di Roma, pubblichiamo un documento redatto da due noti ricercatori, il Prof. Massimo Fioranelli, direttore del Master ed il Prof. Eugenio Luigi Iorio, docente al Corso di Specializzazione in Medicina Integrativa dell’Università Uniube (Uberlandia, Minas Gerais, Brasile).

 

di Angela Marocco
Martedì 27 Dicembre 2022
Roma - 27 dic 2022 (Prima Pagina News)

In occasione della giornata di studio sull’apertura del Master di Medicina Integrata dell’Universita’ Guglielmo Marconi di Roma, pubblichiamo un documento redatto da due noti ricercatori, il Prof. Massimo Fioranelli, direttore del Master ed il Prof. Eugenio Luigi Iorio, docente al Corso di Specializzazione in Medicina Integrativa dell’Università Uniube (Uberlandia, Minas Gerais, Brasile).

 

di Massimo Fioranelli  e  Eugenio Luigi Iorio

Le società occidentali stanno affrontando le incongruenze dei suoi modelli di sviluppo che mettono a repentaglio la sussistenza, il benessere e la salute dell’intera umanità.

 

Oggi viviamo una nuova epoca storica: l'Antropocene che può essere definito come l'era del pianeta Terra in cui una singola specie (Homo Sapiens Sapiens) ha acquisito il predominio assoluto ed ha così rapidamente e radicalmente trasformato l'intera ecosfera da mettere in pericolo la propria esistenza.

 

Come dice il nostro docente Ernesto Burgio “Tra i fattori fondamentali di questa trasformazione vengono in genere indicati: lo sfruttamento sempre più intensivo da parte di Homo sapiens delle risorse energetiche e materiali e delle catene alimentari; la crescita esponenziale della popolazione umana su tutto il pianeta; il conseguente inquinamento e lo stravolgimento dei principali cicli biogeochimici. In questo quadro viene spesso trascurato quello che è l'effetto forse più drammatico: la trasformazione repentina e radicale degli ecosistemi microbici e virali che costituiscono l'essenza della biosfera e che sono i veri motori dell'evoluzione biologica da oltre 4 miliardi di anni”.

 

Nello sviluppo dell’umanità esiste un evento cruciale, uno vero e proprio  iato, un prima ed un dopo, che e’ rappresentato dalla comparsa dell’agricoltura nell’ era del neolitico. Il famoso antropologo Jared Diamond affermò che l’agricoltura rappresentò "il peggior errore nella storia della specie umana” e  la  Rivoluzione Industriale , invece, “ il secondo".

 

Secondo Francesco Saba Sardi nel suo saggio “Dominio”, la nascita dell’agricoltura avrebbe reso cruciale il possesso della terra e causato una rivoluzione antropologica;  in questa epoca storica sarebbe nata  la guerra come testimonierebbero i rinvenimenti di sepolture collettive, in cui, per la prima volta, emergono gruppi di scheletri con il cranio fratturato.

 

James Lovelock negli anni 70 applicò il modello sistemico cibernetico all’analisi di diversi settori, incluso quello emergente dell'ecologia. Nel 1979 propose una interessante ipotesi – denominata "Ipotesi Gaia" - secondo la quale il pianeta Terra può essere visto come un macro-sistema; un'entità complessa comprendente la biosfera, l'atmosfera, gli oceani ed il suolo. Un sistema che tramite controlli retroattivi cerca di mantenere un ambiente fisico e chimico in equilibrio ottimale allo sviluppo della vita.  Gaia rappresentò un'alternativa alla visione pessimistica della natura come una forza primitiva da soggiogare e da conquistare; un concetto purtroppo trainante dei grandi gruppi di potere. Gaia rappresentò una rivoluzione concettuale che avrebbe potuto aprire una fase di transizione verso lo sviluppo  di una meravigliosa era di armonia tra l'uomo ed il suo ambiente; un sistema globale costituito da tutti gli organismi viventi del pianeta, capace di equilibrio, creatività e bellezza;  un sistema in cui ogni elemento, dai microbi alle piante, dagli animali all'uomo, svolge un suo ruolo preciso e necessario.

 

L’uomo si e’ progressivamente allontanato dalla Natura, modificando drammaticamente i processi evolutivi, incidendo sulle principali trasformazioni ecologiche ed epidemiologiche della storia. I due momenti cruciali che hanno radicalmente trasformato il pianeta accelerandone lo sfruttamento furono la rivoluzione agricola/neolitica di circa 10-12.000 anni fa e quella industriale e chimica degli ultimi due secoli.

 

Attraverso l’uso generalizzato di macchine azionate da energia meccanica e l'utilizzo di combustibili fossili, si sono diffuse in tutta l’ecosfera (litosfera, atmosfera, idrosfera, biosfera) migliaia di molecole. Composti non prodotti da un processo di co-evoluzione molecolare a cui sono necessari miliardi di anni, ma molecole potenzialmente tossiche, disperse su tutta la crosta terrestre, che finiscono per entrare nelle catene alimentari.

 

I primi insediamenti di agricoltori cominciarono a costruire villaggi, a fortificarli ed a convivere con altri animali progressivamente domesticati. Questa trasformazione stanziale determino’ nelle epoche successive sostanziali cambiamenti nello stile di vita che hanno influito sugli equilibri complessi degli ecosistemi microbico-virali.

 

È molto probabile, come afferma Ernesto Burgio, che le malattie infettive siano un epifenomeno di un meccanismo di perdita della bioiversità microbica ancestrale, causata dai rapidi cambiamenti di vita che si è registrata negli ultimi millenni.

 

Un numero significativo di studi dimostra l'importanza del viroma, cioè dei virus associati al microbiota, che sono in grado di svolgere un ruolo importante nel "trasferimento orizzontale" di informazioni genetiche all'interno della biosfera non solo tra microrganismi, ma probabilmente anche tra gli organismi superiori che li contengono.

 

Le conseguenze di questa sempre più rapida riduzione di bio-diversità e modifica nella composizione del microbiota/microbioma umano sono associate a svariate patologie umane come disturbi gastrointestinali, obesità e malattie autoimmunitarie.

  

Secondo i recenti studi sull'alimentazione umana di Tom Standage c’e’ un vero mistero nella storia dell’uomo: perché gli umani sono passati dalla raccolta e dalla caccia all'agricoltura? Un cambiamento che ha peggiorato la vita dell'uomo, non solo da un punto di vista nutrizionale. La raccolta del cibo esige molto meno tempo di quanto ne richieda produrre la medesima quantità di cibo con l'agricoltura. L'agricoltura è più produttiva; produce più cibo per unità di terra, ma è meno produttiva se la si misura in base alla quantità di cibo prodotto per un'ora di lavoro. In altre parole, è un'impresa molto più faticosa, e, a quanto sembra, i cacciatori raccoglitori erano molto più sani dei primi agricoltori. Gli agricoltori seguivano una dieta meno varia e meno bilanciata dei cacciatori-raccoglitori. I cereali forniscono sufficienti calorie, ma non contengono l'intero spettro di nutrienti essenziali; per questo gli agricoltori erano più bassi dei cacciatori/raccoglitori e, studiando i reperti ossei, si è scoperto che gli agricoltori soffrivano di varie patologie dovute a malnutrizione, che nei cacciatori-raccoglitori erano rare o assenti, come il rachitismo (carenza di vitamina D), lo scorbuto (carenza di vitamina C), l'anemia da carenza di ferro. L'aspettativa media di vita passò da 26 anni per i cacciatori-raccoglitori a 19 per gli agricoltori. Man mano che i gruppi diventavano stanziali e si ingrandivano aumentava l'incidenza di malnutrizione, malattie parassitarle malattie infettive. Considerati gli svantaggi, perché gli esseri umani si diedero all'agricoltura? La risposta, in sintesi, è che non si accorsero di quel che accadeva se non quando fu troppo tardi."

 

Infine, Tom Standage dimostra, con grande dovizia di esempi, come praticamente tutti gli alimenti di cui abbiamo fatto uso in questi 10.000 anni abbiano assai poco di veramente "naturale", essendo il prodotto di una incalzante "selezione artificiale" e di vere e proprie innovazioni "biotecnologiche" che hanno, in genere, puntato a incrementare la produttività e a rendere più facili i raccolti, fatalmente indebolendo piante e animali e impoverendo, sul piano nutrizionale gli alimenti stessi. Inoltre, e soprattutto, l'invenzione della zootecnia, dei primi conglomerati abitativi, dei primi sistemi di irrigazione e il passaggio a una vita più sedentaria avrebbero rapidamente favorito il diffondersi nella nostra specie delle malattie infettive e parassitane, come lebbra, tubercolosi e malaria.

 

In sintesi, la Rivoluzione neolitica fu la prima e fondamentale tappa della trasformazione globale dell'ambiente terrestre operata da Homo sapiens. E avrebbe innescato, come detto in tempi brevissimi sul piano bio-evolutivo, uno stravolgimento progressivo e irreversibile di tutti gli equilibri della biosfera e, solo di recente, siamo in grado di comprendere e di riconoscere come causa principale della transizione epidemiologica in atto consistente nel rapido aumento di tutte le patologie croniche, endocrino-metaboliche, immuno-infiammatorie, del neurosviluppo, neurodegenerative e tumorali.

Per mantenere uno sviluppo sostenibile e salutare per l’uomo, dobbiamo tornare ad occuparci della natura e del mondo vegetale.

 

Secondo le ricerche del Prof. Iorio, la crescita, lo sviluppo, la salute e quindi la resa delle piante dipende, tra gli altri fattori, dalla comprensione dei meccanismi molecolari di adattamento a vari fattori di stress abiotici come siccità, inquinamento da metalli pesanti e biotici come le infezioni parassitarie). Tra questi meccanismi ha assunto particolare importanza quello gestito dal sistema redox, responsabile di una particolare forma di stress, lo stress ossidativo. Purtroppo, contrariamente a quanto avvenuto in campo umano e veterinario, la trasposizione dei risultati degli studi che la ricerca scientifica ha prodotto in questo ambito sta muovendo i primi passi solo da pochi anni. L'obiettivo di queste ricerche è aiutare ad accelerare questo processo, almeno da un punto di vista teorico, partendo da una panoramica del ruolo del sistema redox nei processi di adattamento delle piante a fattori di stress abiotici e biotici.

Il sistema redox è un sistema adattivo ubiquitario, presente in qualsiasi organismo vivente, che sfrutta il passaggio di equivalenti riducenti (elettroni isolati o legati a uno ione protone/idrogeno sotto forma di atomi di idrogeno) da una specie chimica riducente a una specie chimica ossidante, al fine di attivare meccanismi di segnalazione o di difesa in risposta a fattori di stress interni o esterni. Nella sua modalità di funzionamento più semplice, l'evento stressante attiva uno specifico enzima in grado di produrre, direttamente o indirettamente, specie reattive ossidanti, quali il perossido d’idrogeno (acqua ossigenata) o il radicale idrossilico (OH-). Ognuna di queste specie chimiche persegue lo scopo di ossidare, cioè di estrarre un riducente equivalente ad un bersaglio molecolare per modulare la sua azione biologica, in senso positivo (attivazione) o negativo (inibizione) o per danneggiarlo/neutralizzarlo. Ad esempio, il perossido di idrogeno, agendo come molecola di segnalazione, può ossidare determinate proteine bersaglio, come enzimi o fattori di trascrizione; l'aumento/riduzione della velocità di una certa reazione chimica o, rispettivamente, l'attivazione/inibizione dell'espressione di un gene saranno l'evento molecolare reattivo che permetterà all'organismo vivente di fronteggiare lo stress e sopravvivere. Parliamo, in questo caso, di eu-stress ossidativo, una forma di adattamento del tutto fisiologica che va sopportata o, almeno, non ostacolata. L'effetto biologico, ovviamente, deve essere limitato nel tempo: e qui, a questo punto, entra in gioco la rete delle specie riducenti (chiamate impropriamente antiossidanti), pronte a restituire l'equivalente riducente al bersaglio molecolare (enzima o fattore di trascrizione) e riportarlo al suo stato iniziale di attività. Il radicale ossidrile, invece, è molto più reattivo dell'acqua ossigenata, ha la funzione di ossidare irreversibilmente molecole o complessi molecolari potenzialmente dannosi, come tossine o batteri, difendendo così l'organismo vivente da pericolose infezioni o infestazioni. Anche questa è una forma di eu-stress, senza la quale sarebbe impossibile sopravvivere. Purtroppo, se l'evento stressante è molto intenso e/o la sua durata supera un certo limite temporale, può accadere che il sistema redox, per deficienze genetiche o acquisite nei sistemi di modulazione degli antiossidanti, non riesca a gestirlo, con conseguenti alterazioni qualitative o quantitativa nella risposta adattativa, malattia o morte. Ecco lo stress ossidativo da prevenire e combattere: il di-stress ossidativo.

Le piante generano continuamente specie chimiche reattive in risposta a vari stress biotici o abiotici. I principali produttori di specie reattive sono i mitocondri. Infatti, come accade nelle cellule animali, anche le cellule vegetali riducono fisiologicamente dell'1,0 – 2,0% di ossigeno atmosferico, seguendo la modalità monovalente, quella che, appunto, porta alla generazione sequenziale molecole ossidanti (anione superossido, radicale idrossile e perossido di idrogeno). Contribuisce ad aumentare il livello fisiologico di queste specie chimiche l'attività dei cloroplasti e dei perossisomi. Anche la membrana cellulare, grazie al già citato “omologo della NADPH ossidasi”, produce quantità significative di specie reattive centrate sull’ossigeno. Inoltre, l'esposizione di una molecola d’acqua ad una radiazione ultravioletta provoca la scissione di essa in due radicali liberi, idrogeno e ossidrile (fotolisi); se invece le stesse radiazioni colpiscono una molecola di ossigeno, l'effetto sarà la generazione di una molecola di ossigeno singoletto, altamente reattiva. Ognuna di queste specie chimiche ha un proprio bersaglio biologico da raggiungere e ossidare per modulare la sua funzione o danneggiarlo/neutralizzarlo. L'effetto finale dipenderà dalla natura chimica, dalla reattività, dalla diffusibilità, dal raggio d'azione delle specie ossidanti, dalle caratteristiche fisico-chimiche del mezzo (es. pH, forza ionica, pressione osmotica) e, in particolare, dalla capacità di riduzione/modulazione antiossidante del sistema.

L'attività modulante delle piante nei confronti delle specie reattive ossidanti è affidata sia ad antiossidanti solubili a basso peso molecolare (ascorbato, glutatione, carotenoidi, α-tocoferolo, prolina, polifenoli) sia ad enzimi ad attività antiossidante (catalasi, glutatione perossidasi, monodeidroascorbato reduttasi, deidroascorbato reduttasi, ascorbato perossidasi e guaiacolo perossidasi). A parte va considerata l'attività della superossido dismutasi che catalizza la trasformazione dell'anione superossido (specie chimica riducente) in  acqua ossigenata (specie chimica moderatamente ossidante). Alcune di queste attività antiossidanti possono essere indotte. Ad esempio, alcune piante di riso colpite da stress idrico hanno dimostrato di avere un livello complessivo e medio più elevato, rispetto ai controlli, di enzimi antiossidanti (ascorbato perossidasi, catalasi, glutatione perossidasi, glutatione reduttasi) e superossido dismutasi. Allo stesso modo, lo stress indotto dal rame è associato a una sovraespressione di acido ascrobico, glutatione, sostanze fenoliche, fitochelatine (come gli oligomeri del glutatione) e zuccheri in Colobanthus quinsis (Kunth) Bartl in Antartide. Simili fenomeni adattativi sono stati osservati in piante di fagiolino (Phaseolus vulgaris L.) affette da stress salino.

Grazie a questa interazione tra specie reattive ossidanti, bersagli molecolari e specie riducenti/antiossidanti, il sistema redox regola la crescita delle radicila fioritura, lo sviluppo degli organi fiorali e il fotoperiodismo. Le specie reattive, in particolare, sono fondamentali nella regolazione della dormienza e della germinazione delle piante, mentre gli antiossidanti ne influenzano la crescita e lo sviluppo, modulando il ciclo riproduttivo (dalla mitosi alla senescenza fino alla morte cellulare).

Uno dei fattori determinanti nel funzionamento del sistema redox è lo stato nutrizionale della pianta, che a sua volta dipende dalla salute del microbiota e dall'apporto di sostanze inorganiche e organiche. Infatti, la carenza di elementi nutritivi, come azoto, fosforo o zolfo, induce reazioni metaboliche adattative che, se non adeguatamente controllate, possono causare distress ossidativo. Ad esempio, la privazione di azoto può causare un aumento di cinque volte dei livelli di acido ascorbico nelle foglie di Arabidopsis thaliana e, in generale, un aumento dei livelli di ascorbato e glutatione. L'esaurimento dello zolfo fa anche scendere i livelli di glutatione al di sotto del 25% rispetto ai controlli.

Sfortunatamente, piante, animali ed esseri umani possono sviluppare una condizione di di-stress ossidativo dopo un'esposizione intensa e/o persistente a fattori pro-ossidanti esogeni (ad es. illuminazione eccessiva, radiazioni ionizzanti come radiazioni ultraviolette e gamma, ozono, alogeni, alcuni xenobiotici, metalli come ferro, rame, manganese, nichel, mercurio, in grado di trasformare l'acqua ossigenata in un radicale idrossilico, infezioni e infestazioni parassitarie, ecc.) come cloroplasti, mitocondri, perossisomi, ecc. 

Lo stress ossidativo non ha ancora una codificazione specifica in Botanica e, pertanto, sono piuttosto limitati gli studi disponibili in letteratura in cui si tenta timidamente di trasferire la ricerca alla pratica fitopatologica. 

Si intravede la potenziale utilità della valutazione delle attività enzimatiche pro-ossidanti e antiossidanti nella pratica fitopatologica, un'applicazione della redoxomica alla biologia vegetale. Banalmente, ma non del tutto, sapere che la risposta del patogeno è associata ad un aumento dei livelli di glutatione reduttasi, che riduce il glutatione ossidato (GSSG) riciclandolo nella sua forma biologicamente attiva (2GSH), fornisce la giustificazione per un possibile intervento protettivo mirato ad aumentare livelli intracellulari di glutatione. 

Questo approccio è comune nella medicina umana e veterinaria, ma è ancora lontano dalla patologia vegetale. Pertanto, una delle grandi sfide della ricerca sarà lo sviluppo di analisi di laboratorio in grado di valutare in modo integrato lo stato redox, sia della pianta, intesa come olobionte (unità ecologica discreta tra la pianta e i microrganismi con cui essa vive in simbiosi), e dalla terra, dove sono le sue radici. Analogamente a quanto avviene in ambito umano e veterinario, la misurazione di parametri oggettivi consentirà di individuare, prevenire e trattare precocemente situazioni di stress, in modo personalizzato, attraverso un utilizzo mirato delle risorse attualmente disponibili, nel rispetto della sostenibilità (es., fertilizzanti, inoculazioni microbiche, lotta biologica integrata, ecc.).


Come abbiamo visto la conseguenza maggiore della Rivoluzione neolitica è stata certamente il drammatico e progressivo incremento demografico; un tasso di crescita stimato cinque volte superiore a quello che si avrebbe avuto, come dimostrano rinvenimenti archeologici, allo sviluppo dell'agricoltura.


Ma la crescita veramente esponenziale della popolazione umana è stata la conseguenza della seconda e certamente più drammatica crisi epocale dell'ecosfera innescata da Homo sapiens: la Rivoluzione industriale e chimica.


La rivoluzione industriale ha innescato una trasformazione profonda tanto del sistema economico e produttivo, sociale e politico globale, quanto dell'ecosfera e, in particolare, dell'atmosfera e della biosfera, con ripercussioni a livello biologico, epidemiologico e sanitario.

 

Questo processo di sviluppo umano, che ha un impatto indiscusso sul piano ecologico, biologico e addirittura bio-evolutivo e sanitario, non puo’ essere arrestato se non a costo di una nuova ingegneria sociale che pone a rischio diritti e libertà che non possono essere negoziabili. Per fronteggiare i rischi connessi alla rapidissima trasformazione ambientale e climatica indotta dall'uomo in pochi decenni, che potrebbero avere su equilibri biologici, delicati e complessi, formatisi in miliardi di anni, di cui anche l'uomo fa parte e, di conseguenza, sulla salute umana, possono essere affrontati abbandonando la darwiniana visione pessimistica della natura come una forza primitiva da soggiogare e da conquistare. Bisogna formulare un nuovo progetto di sviluppo. Uno sviluppo sostenibile, basato una nuova visione della natura meritevole di essere conosciuta, imitata e rispettata.

 

Massimo Fioranelli,

Professore Associato di Fisiologia Umana Unimarconi Roma, Italia.

 

Eugenio Luigi Iorio,

Professore Master Medicina Integrata Unimarconi Uberlandia, Minas Gerais, Brasile.

 


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