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Impietosa analisi sull’Unione Europea che il Presidente Giuseppe Conte il prossimo 7 aprile avrà davanti e di cui discuterà oggi con i leaders del Centro Destra
Impietosa analisi sull’Unione Europea che il Presidente Giuseppe Conte il prossimo 7 aprile avrà davanti e di cui discuterà oggi con i leaders del Centro Destra
di Rocco Turi
“Se l’Europa non ci ascolta, l’Italia farà da sola”, “L’Europa è unita oppure non esiste”, sono frasi sorprendenti, quanto inattese, del nostro Presidente del Consiglio; parole dure ma anche il massimo concetto possibile che Giuseppe Conte avrebbe potuto esprimere per non creare frizioni all’interno del suo Governo. Anche il Presidente della Repubblica si è lasciato sfuggire, forse malvolentieri, frasi ancorché inaspettate dagli italiani, del tipo: “L’Europa capisca o sarà troppo tardi”.
Lungi entrambi, Conte e Mattarella, dall’esprimere la volontà per la quale “uscire dall’Unione europea” sarebbe cosa buona e giusta. Eppure, l’Europa “è un nemico invisibile, che procede come il vento”; qualcuno sul web, riferendosi ai Paesi del nord Europa, parla anche di “un’accozzaglia di ipocriti, invidiosi e indifferenti ai problemi altrui”.
Per dirla con Livio e Orazio, l’anti italianità dell’Unione europea dovrebbe essere nota a “ciechi, cisposi e barbieri”. Parlare con chi difende l’appartenenza all’Unione europea acriticamente è piuttosto difficile perché se lo fai diventi “fascista e leghista”; è difficile anche perché i loro argomenti sono i soliti, triti e ritriti del pensiero non più dominante, fuori contesto e fuori dalla realtà: “Se non fosse stato per l’Unione europea, l’Italia avrebbe ben prima raggiunto il fondo”; “Incredibile pensare che l’Italia starebbe meglio fuori dall’UE, perché anche in questo momento la Bce sta aiutando l’Italia in modo massiccio”, senza accorgersi che il nostro Paese è “quasi” fallito.
La verità è che, talvolta, costoro nascondono interessi politici personali soddisfatti nel passato o pronti per il futuro, valevoli anche per classe giornalistica, loro testate e giovani poco liberi e ben tenuti sotto controllo, con la prospettiva di facili carriere. Più che di “Unione”, i fatti dimostrano che l’Italia fa parte di una “Disunione europea”, confermando ciò che nei primi anni ottanta avevo chiaramente scritto nella mia tesi di laurea, ma non esprimevo concetti indimostrati che qui richiamo alla mia memoria. Nel frattempo, come previsto, l’Unione europea non è diventata altro che una banca, figlia di quella Comunità Economia Europea maturata dopo il Trattato di Roma.
Tutto quello che dell’antica CEE si è trasformata in ciò che vediamo oggi è unicamente “Banca”. Per essere tale avrebbe dovuto essere costruita intorno a un Parlamento europeo, esattamente il “carrozzone” che ha distrutto il nostro Paese, salvo favorire uomini privilegiati che ostinatamente difendono la cosiddetta “Unione Europea” per difendere le classi dominanti e non il cittadino comune, a cui la politica europea non è interessata, se non per elargire assistenza ed elemosine.
Lo dimostrano i sondaggi dell’Eurobarometro i quali, sebbene sotto l’egida del Parlamento europeo, presentano variabili sfuggiti al suo controllo che, se incrociati statisticamente, dimostrano esattamente la realtà di entità nemica dei cittadini europei. L’Eurobarometro utilizzato per i sondaggi europei è figlia dell’efficientissima (ma non tanto ingombrante) Comunità Economica Europea, poi degenerata in un farraginoso e distruttivo Parlamento europeo. Lo avevo ipotizzato quando - recandomi come studente a Bruxelles ben prima che arrivasse l’Erasmus - avevo osservato l’organizzazione europea come costruttrice di carriere per soggetti mediocri o, quanto meno, capaci ma privilegiati dal potere politico. Bene… già all’epoca in cui i membri della Comunità Economica Europea erano soltanto in 6 ebbi l’occasione di scrivere che se l’Italia fosse entrata a far parte di un ipotetico Parlamento europeo - e avesse trovato difficoltà - “i costi di una uscita dalla CEE sarebbero (stati) assai elevati”.
Ecco perché ora, dopo l’uscita della Gran Bretagna, creando meccanismi sempre più gravosi per l’Italia, viene reso più difficile una possibile uscita dall’Unione europea. Fu lo studio dell’Eurobarometro, che ricevevo sistematicamente in tutti gli anni “dell’Europa a sei” e poi otto a suggerirmi l’opinione per la quale in Europa non esisteva un solo Paese con identiche caratteristiche strutturali ad altro, ancorché impossibili da amalgamare.
Era un concetto semplice da metabolizzare, ma altri ritenevano che esattamente quelle diversità sarebbero state “base di partenza” per riunire gli europei. Un vero fallimento, ma un fallimento previsto. Le previsioni scaturite dallo studio dell’Eurobarometro poggiavano su dati concreti che indicavano l’eterogeneità delle caratteristiche nazionali. In primis, dopo aver lavorato anni su un mastodontico cervellone elettronico a elaborare le “pizze” che ricevevo da Bruxelles, l’Italia risultava rappresentata, allora come oggi, dalla “fragilità dell’ordine sociale interno, come equilibrio politico ed ordine economico”.
La Francia dimostrava una “diminuzione della soddisfazione del proprio livello di vita”, mentre la Germania era fortemente ossessionata dal “pericolo esterno, costituito dal rapporto con i Paesi dell’est, che rimane(va) sempre ambivalente e rischioso”. La Gran Bretagna mostrava desiderio di “maggior progresso” ed è stata, evidentemente, la delusione ricevuta negli anni che ha fatto maturare nella maggior parte dei cittadini inglesi la cosiddetta “Brexit”.
L’Irlanda era caratterizzata dal desiderio di “maggiore unità” che, forse, è ciò che nell’Unione europea è sempre risultata assente da ogni punto di osservazione. L’Olanda mostrava di avere “fiducia nei giovani” e gli olandesi credevano che aprendo i mercati della CEE l’esplosione dei suoi giovani avrebbe fatto crescere l’intera Europa. Il Belgio badava al “maggiore benessere”, ritenendo che la correlazione positiva tra la qualità del livello di vita dei suoi abitanti e la felicità avesse affinità con l’Europa delle banche, di cui a quelle latitudini erano già precursori, che avrebbe ancor più favorito il benessere e il progresso.
I risultati dell’Eurobarometro inerenti la Danimarca, analogamente alla Gran Bretagna, lasciavano intendere un “atteggiamento abbastanza critico nei confronti della politica della CEE” e difendevano “con spirito isolazionista i propri interessi nazionali” auspicando una “crescita dell’unità politica” danese. Insomma, otto Paesi diversi prima / diversi oggi, per cui quella “base di partenza” evidente e impossibile da superare si fece sempre più granitica, contro le aspettative degli “europeisti”.
Gli unici Paesi decisamente favorevoli, oltre la Germania, risultavano essere Olanda e Belgio - nord Europa, insomma - proprio quei piccoli Paesi che, contribuendo all’Unione europea con meno denaro, hanno avuto “l’intelligenza” di cooptare l’Italia all’unico scopo di spillare maggiori contributi.
Cooptando i mass media, “forzando” anche le variabili dell’Eurobarometro, che fino ad allora era rimasto tendenzialmente più asettico, il “capolavoro” del Parlamento europeo fu possibile creando ad arte un quadro sociale ed economico apparentemente tranquillo in tutti i Paesi, nel senso che: Un elevato livello di benessere economico rispetto ai Paesi in via di sviluppo garantiva tutta la popolazione europea; La maggior parte delle famiglie europee si mostrava soddisfatta del proprio livello di vita;
I Governi nazionali erano contestati da una opposizione minoritaria che spesso non raggiungeva il 5% dei consensi e dimostrava l’assenza di conflitti sociali irrisolvibili; L’atteggiamento nei confronti della CEE risultava di natura progressista e riformista; La democrazia dell’Europa unita veniva considerata, in una prospettiva storica, il tipo di governo maggiormente desiderabile dalla gran parte della popolazione; I timori di una guerra mondiale, di cui all’epoca si parlava diffusamente, influenzavano in realtà una parte minoritaria del pubblico europeo. I Paesi che riuscirono “nell’impresa” sono quelli che oggi, in tempi di coronavirus, si oppongono alle richieste della nostra Nazione.
E’ scandaloso! Ecco perché qualcuno sul web parla di “un’accozzaglia di ipocriti, invidiosi e indifferenti ai problemi altrui”. Insomma, otto Paese e otto realtà sociali, morali e politiche, chi favorevole e chi no all’evoluzione dell’antica CEE in entità politica, che l’Italia, già allora, mostrando di essere l’anello debole - e fra i più danarosi - della catena, attraverso una classe politica nazionale inerme e incapace, ha approvato senza logica e ragione insieme a tanti altri Paesi aggiuntisi negli anni successivi. Altro che elogiare i rappresentanti italiani come “Grandi uomini ed europeisti!”.
Insomma, ha prevalso l’opinione dei banchieri e l’Italia, i cui banchieri, all’epoca, non godevano di alcuna autorevolezza, fu cooptata come si fa con i bambini a cui si offre un gradito gelato e si promette qualcosa di buono a titolo personale. Ecco perché oggi esiste l’Europa delle Banche e dei partiti pro Europa e anti italiani, delle lobby e del liberalismo drogato, non certo quella degli uomini liberi e delle libere capacità.