San Ferdinando di nuovo in lutto, piange tutta la Calabria

Le sette del mattino di ieri. Accendo la radiolina che è sul comodino. Mi aspetto le notizie sul leader cinese XI a Roma. Invece? Invece l’apertura del Gr1 è sull’ennesimo incendio con morto. Non più alla baraccopoli che è stata smantellata, ma alla nuova (si fa per dire) tendopoli.

(Prima Pagina News)
Sabato 23 Marzo 2019
San Ferdinando (RC) - 23 mar 2019 (Prima Pagina News)

Le sette del mattino di ieri. Accendo la radiolina che è sul comodino. Mi aspetto le notizie sul leader cinese XI a Roma. Invece? Invece l’apertura del Gr1 è sull’ennesimo incendio con morto. Non più alla baraccopoli che è stata smantellata, ma alla nuova (si fa per dire) tendopoli.

di Gregorio Corigliano

Io sono a San Ferdinando. Dal dormiveglia alla sveglia è un tutt’uno. Al Gr1 parla una collega romana, Arianna di Giorgio. La notizia del leader cinese – la annuncia Paolo Salerno che assieme a Luana Cremasco sono i conduttori principe e più professionali del giornale radio. Mi alzo, un colpo alla barba e corro alla tendopoli che da casa mia dista appena due km. Gira e volta si sono fatte le nove. Arrivo, c’è il movimento di sempre, quando accadono questi terribili incidenti. Se, come pare, di questo si tratta. Macchine di polizia e di carabinieri, con guardie di finanza. Tanti migranti davanti all’ingresso che sembrano girare a vuoto, ma soprattutto tanti giornalisti locali che, man mano che il tempo passa, aumentano a dismisura. Non ci sono particolari misure di sicurezza. Mi avvicino all’ingresso controllato della tendopoli. Trovo la collega Emanuela Gemelli che, con Gianluca Fazio e Andrea Recchia, i due angeli custodi tecnici dei collegamenti, si sta collegando col Tg2. La saluto, mi blocca, il collegamento è pronto. Andrea Recchia mi dice che sta pressando anche Rai news 24. Da Agostino Pantano, il tuttologo della tendopoli e non solo e da Lei, apprendo subito che la vittima, l’ennesima, la sesta, si chiamava Noumo Sylla(mi aiuta un connazionale nel nome e nel cognome). Era nato in Senegal nel 1986. Dormiva con altri quattro migranti in una tenda nuova della Protezione civile. Sono tantissime qui: A1 A2 A3 B1 B2 B3. Entro, percorro il vialetto, lasciandomi alla destra un prefabbricato in legno co con le scritte “School e Hospital”. Scuola e Ospedale. Chiuso. Entro, incontro una chiesetta, anch’essa chiusa. È troppo presto, evidentemente. Mi seguono tre Suore di carità, due sono della Colonia di San Ferdinando, le conosco, mi sbracciano commosse, l’altra è di Polistena. Sono venute per recitare, comunque, una preghiera per Noumo, l’uomo che ha perso la vita, al di là delle motivazioni, è comunque uno che è volato in Cielo. Si segnano e accennano ad alcune poste del Rosario. A loro ci uniamo in tanti. Siamo di fronte a quel che resta della tenda: tutto bruciato, gli scheletri di cinque brandine, pentole annerite, libri bruciacchiati ai bordi. Solo “La chiesa della pace” è intonso. Lo prende una poliziotta. Segni di morte, non di vita, comunque. La lacrimuccia non può non scappare. Vado via, lascio le mie Suorine. Torno indietro ed incontro altri migranti. Sono inquieto, non mi do pace. Non so che fare. Incontri altri migranti, alcuni lavano i loro panni alle fontanelle. Tutti uomini, ragazzi per lo più. Alle ringhiere di chiusura ci sono già magliette e slippini stesi ad asciugare. I bagni hanno le porte aperte, loro non si preoccupano. Centinaia di biciclette, nuove e vecchie, sono poggiate alle tende e alle ringhiere. I loro mezzi di locomozione i campi dove lavorano. Non si incontrano donne, né giovani né anziane. Solo tante poliziotte dei Commissariati di Gioia Tauro, Palmi, Taurianova e Cittanova. Tutte molto cortesi. Raggiungo il varco, ripercorrendo le stradine interne al contrario. Tende, tende blu del Ministero degli interni, della Protezione civile, della Prefettura. Le immancabili parabole per la Tv: si informano, evidentemente, della vita nei paesi di provenienza. Mi fermo all’uscita, Le macchine sono triplicate rispetto a prima. Al suono delle sirene, arriva il procuratore della Repubblica di Palmi, Sferlazza. Con lui,assalito dai colleghi, il Prefetto, il Questore che oggi lascia, il Colonnello dei Carabinieri. Qualche esponente politico, la parlamentare Bruno Bossio, da Cosenza, ik consigliere della città metropolitana, Nino Castorina, l’una da Cosenza, l’altro da Reggio. Sindacalisti, esponenti di Libera, guidati dal referente regionale don Ennio Stamile. Ci saranno altri, ma che anche a causa del sole abbagliante, non ho conosciuto. Molti appoggiati al furgone della Caritas. In molti avvicinano il Sindaco di San Ferdinando, Andrea Tripodi, che già alle sei del mattino era qui. Ed è stato raggiunto, per i primi commenti, dal Gr1 e dal Gr3. Si è detto incredulo. Come è possibile, si è chiesto. Avrebbe dovuto essere, infatti, tutto in regola. Invece non è stato e non è così. Sembrava facile…. Invece. Questa della tendopoli evidentemente non è stata la risposta risolutiva. Non c’è di che rallegrarsi. Si sperava di non dover più assistere a drammi del genere. Solo nell’ultimo anno, tre vittime. Sei in totale, un’enormità. Il corpo dell’ultimo sventurato dalla pelle nera è stato portato all’obitorio, salutato dall’applauso di addio degli altri migranti, non moltissimi. Le verifiche sul perché toccano agli inquirenti e sono in corso. Serviranno a poco, nei fatti. In effetti molto resta ancora da fare. I resti della baraccopoli “sbaraccata” sono tutti qui. Il ghetto, di questo si tratta, è stato spostato di duecento metri. La dignità, a questi poveri cristi non è stata restituita. Forse bisogna andare oltre le tende. Altrimenti si torna a morire, per un verso o per l’altro. La fine di Noumo Sylla lo dimostra, ove ce ne fosse la necessità. Addio ragazzo del Senegal.


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