#Covid-19 e riaperture discoteche, Bornigia (Piper Club-AssoIntrattenimento Lazio): ok a green pass, no a limitazioni
Via libera al green pass per l’accesso ai locali da ballo, ma no alle limitazioni. E’ quanto dice a Prima Pagina News il titolare del Piper Club, storico locale di Roma, e Presidente delegato di AssoIntrattenimento per il Lazio, Giancarlo Bornigia.
di Nazario Ricciardi
Lunedì 19 Luglio 2021
Roma - 19 lug 2021 (Prima Pagina News)
Via libera al green pass per l’accesso ai locali da ballo, ma no alle limitazioni. E’ quanto dice a Prima Pagina News il titolare del Piper Club, storico locale di Roma, e Presidente delegato di AssoIntrattenimento per il Lazio, Giancarlo Bornigia.
- Il Covid-19 ha tolto ogni possibilità di socializzare all’interno di un luogo sicuro. Come sta vivendo il Piper questa situazione?

"Il Piper è chiuso dal 28 febbraio del 2020. Da questa situazione, il club ha ovviamente subito un danno inestimabile, perché l’attività si è interrotta e, quindi, le perdite sono molto gravi. Inoltre, non ci sono previsioni o regole certe per la riapertura, e quel che è peggio è che non c’è un quadro d’insieme di regole che possano definirsi stabili che possano rimetterci in condizione di ragionare su un’ipotetica ripresa delle attività. Siccome questa situazione è del tutto nuova, e le istituzioni non sanno come reagire a questo fenomeno – tant’è che ad oggi non ci sono linee guida chiare anche per le attività da ballo – e questo crea un sistema di incertezza economica e giuridica che influisce sugli operatori del settore e su tutta la filiera. La situazione, dunque, è molto, molto grave".

- Il Covid-19 ha anche negato la possibilità a molti giovani emergenti di esibirsi dal vivo. Il Piper, peraltro, ha dato la possibilità a gente come Renato Zero, Mia Martini, Loredana Bertè, Patty Pravo di esibirsi, oltre ad aver ospitato personalità del calibro di Raffaella Carrà. Secondo lei, cosa vuol dire oggi, per i giovani emergenti, non potersi esibire?

"Beh, sicuramente è una grande penalizzazione. Per loro, per la loro esperienza artistica e per la loro crescita professionale. Sul fronte della musica dal vivo, il governo ha messo qualche piccola regola, tant’è che, in alcuni spazi, al chiuso, al di sotto di un certo numero, con posti preassegnati, è possibile fare qualche evento o qualche concerto ma, in generale, la situazione è grave perché, comunque, come per gli operatori del settore dei locali da ballo, anche per quelli dei concerti quest’incertezza fa sì che, in ogni caso, gli artisti non possano suonare, non possano esprimersi dal punto di vista artistico e non possano nemmeno programmare il proprio futuro e, quindi, la situazione è sicuramente grave anche per loro".

- Avete ricevuto aiuti economici?

"Da parte del Comune di Roma, non abbiamo ricevuto alcun aiuto. Anzi: la nostra categoria è stata veramente maltrattata e vessata. Non da ultimo, stanno arrivando le fatture dell’Ama a prezzo pieno per operatori che sono fermi e non producono rifiuti dalla fine di febbraio del 2020".

- E da parte del governo?

"Sicuramente ci sono stati aiuti sia da parte del governo Conte con i Decreti Ristori, sia dall’attuale governo con il Decreto Sostegni e il Sostegni bis, ma le somme erogate per le imprese, in particolare quelle come la nostra, che non hanno un fatturato da un anno e mezzo, sono sostanzialmente inconsistenti, non raggiungono quella minima percentuale di contribuzione o fatturato che permettono la copertura delle spese vive (luce, acqua, nettezza urbana, ecc.), che le imprese sostengono nonostante il fatto che non stanno lavorando. Le spese vive non arrivano allo stesso regime, perché il costo variabile di luce, acqua e gas è ridotto, ma fra costi fissi e quant’altro, le spese restano comunque elevate, soprattutto per quei locali che consumano un elevato numero di kilowatt per la corrente elettrica o metri cubi di acqua importanti, che fanno lievitare i costi fissi. Ci sono, poi, i mutui, che le aziende comunque devono rimborsare. Le moratorie di questi anni, infatti, non sono state a costo zero: il fatto che la banca abbia sospeso il pagamento delle rate del mutuo fino a giugno del 2020 non sta a significare il fatto che non siano stati applicati costi maggiori in termini di interessi. Da luglio di quest’anno, poi, le banche, attraverso le leggi emanate, hanno dichiarato che dovranno far pagare gli interessi sulla quota capitale alle imprese. La moratoria, quindi, fa sì che la quota capitale non venga pagata, ma l’interesse deve essere corrisposto. Ciò vuol dire: allungare la durata del prestito pagando un maggiore interesse e fare un favore alle banche".

- A quanto ammonta la percentuale media degli interessi?

"Se si paga una rata di mutuo di 8mila euro, se un’impresa è all’inizio, gli interessi sono elevati, perché la quota capitale è più elevata. Questo perché si pagano entrambe le quote. Quando si calcola la rata mensile successiva del rimborso, quindi, gli interessi saranno calcolati su una quota inferiore del capitale. Se un’impresa non paga la quota capitale, perché da un anno e mezzo non riesce a pagare il mutuo, gli interessi, di conseguenza, saranno più elevati, a grande vantaggio delle banche. Quindi, il governo, ancora una volta, anziché difendere chi sta soffrendo, come le nostre imprese, sta prendendo le difese dei poteri forti. Non da ultimo, chi ha un’azienda in affitto, apriti cielo: i proprietari vogliono vedere gli affitti onorati, non si lavora e non c’è liquidità per pagare e l’unico escamotage che il governo si è inventato, a mio avviso insufficiente, è il credito di imposta del 60% sugli affitti, quindi il 40% degli affitti deve essere pagato. Se poi si aggiungono le utenze, si pagano importi mensili a partire da qualche decina di migliaia di euro in su. Come Piper, mi sento di dire che, oggi come oggi, la nostra impresa è a rischio fallimento, senza nessun interesse da parte dell’opinione pubblica e soprattutto del governo. Abbiamo provato a richiamare l’attenzione dell’esecutivo in tutti i modi, sia con lettere scritte tramite i sindacati, a cui non abbiamo ricevuto risposta, sia con manifestazioni di piazza, in cui siamo stati anche osteggiati dalle forze dell’ordine, davanti a Montecitorio, per il semplice diritto di manifestare, e, ciliegina sulla torta, ci sentiamo anche derisi da chi, invece, oggi come oggi, in barba a tutte le regole, sta facendo ballare la gente nei propri locali. In questi giorni, infatti, hanno aperto nuovi locali estive, dove si organizzano feste con duemila o tremila persone, senza alcun rispetto delle regole anticontagio e senza il green pass. Questo è il risultato della grave inefficienza di questo governo. Quando si vedono, inoltre, i ristoranti alzare il volume e far ballare la clientela, la cosa è imbarazzante: oggi come oggi, dopo 18 mesi di chiusura dell’attività, non posso non essere estremamente deluso e dichiarare l’incapacità di questo governo di prendere posizione sul tema. In Inghilterra, Johnson, nonostante l’aumento dei contagi, ha permesso, da ieri sera, la ripresa dell’attività per le discoteche. Il nostro governo, quindi, deve prendere una decisione, altrimenti sembra di ritrovarsi nella stessa situazione del problema prostituzione: le discoteche sono chiuse, eppure ogni 50 metri c’è un locale con persone che ballano. Se fossi Draghi, anzitutto cercherei di capire qual è il problema e come gestirlo, ma evidentemente non sanno neanche loro quale sia il problema. Fermo restando che ritengo che tutti i provvedimenti presi sono contrari alla Costituzione. La situazione, quindi, è veramente grave. Ora, sembrerebbe che domani ci dovrebbe essere un Consiglio dei Ministri, all’esito del quale dovrebbero dirci che il green pass ci permetterà di riaprire le nostre attività".

- A proposito di green pass: di recente è stato introdotto in Francia da Macron e, come ha accennato, anche il governo Draghi sembra essere orientato in questa direzione per poter andare in discoteca, al cinema e al teatro. E’ un’opzione fattibile, secondo lei?

"Il green pass può essere una soluzione fattibile in una situazione emergenziale. Fintantochè continua ad esserci una situazione di emergenza, con un elevato numero di morti e ricoverati in terapia intensiva, allora bisogna individuare una misura straordinaria, come il green pass, che significa limitare il diritto di un cittadino di accedere ad un locale se prima non si è sottoposto a vaccinazione o a diagnosi di positività ad un virus. Il green pass, quindi, è una misura eccezionale, ma allo stato attuale, in Italia, la situazione è preoccupante ma non emergenziale, per cui bisogna individuare uno strumento diverso. Se il governo ci vuole “cornuti e mazziati”, cioè se ci chiede che si applichino il green pass e la riduzione della capienza, si decreta la fine di un settore".

- Infatti, si pensa di far ripartire le discoteche all’aperto e con un numero limitato di persone…

"A prescindere dal discorso dei locali all’aperto o al chiuso, nel momento in cui si lavora sulla capienza, si va a limitare la capacità produttiva di un’impresa. Se la capacità produttiva viene limitata al di sotto del “break-even point”, cioè al di sotto del punto in cui i costi variabili coprono quelli fissi, la sopravvivenza delle imprese è a serio rischio. Per questo mi sono battuto per dire sì al green pass, ma no alla riduzione della capienza. Non possono coesistere entrambe le cose".

- Tuttavia, c’è una situazione particolare per quanto riguarda i vaccini, con più di due milioni di over-50 non ancora vaccinati e i giovani che si stanno contagiando, con la possibilità di veicolare il virus e di infettare i meno giovani…

"Qui si ritorna sulla Costituzione: lo Stato ha fatto il suo, mettendo a disposizione uno o più vaccini. Se si vuole, ci si protegge e ci si immunizza, chi non vuole non lo fa. Non parliamo di minorenni, ma di persone in grado di intendere e di volere: è una loro libera scelta. Tuttavia, le loro libere scelte non possono pregiudicare le libere scelte, inviolabili, di chi vuole lavorare, socializzare… altrimenti, diventa una dittatura di pochi".

- Dopo quello che ha detto il Cts il 25 giugno scorso, non ci sono state altre indicazioni?

"No. E questo è gravissimo. Se il Cts dà una strada, uno strumento, un via libera, anche se criticabile, perché la riduzione della capienza al 50%, che mette fuori gioco tantissime imprese, il governo, dopo il via libera di un organo consultivo, deve dire la sua e anche assumersi l’iniziativa, magari sconveniente, di sconsigliare la riapertura per la situazione sanitaria, garantendo ristori per una determinata percentuale. Il governo deve tirare fuori gli attributi, deve avere la capacità di dire cosa fare e cosa no, non può lasciare migliaia di cittadini in balia del nulla. Quest’assenza rilevante del governo ha fatto sì che proliferino molte attività abusive, perché molti imprenditori, ahimè, hanno ricominciato con l’attività, senza il rispetto delle regole e della sicurezza. Ormai, la situazione è degenerata, e la degenerazione è avvenuta anche quando il governo ha consentito cose come il giro in bus allo scoperto della Nazionale dopo la vittoria dell’Europeo. Questa è una cosa che qualcuno dovrà spiegare: com’è possibile che il capitano della Nazionale possa decidere di far muovere un bus o no? Quante persone pagheranno la vita per questo gesto? L’aver vinto il Campionato Europeo vale anche una sola vita? Penso proprio di no. Qualcuno, quindi, deve dare queste risposte".

- A proposito di rispote: la scorsa settimana, AssoIntrattenimento e le altre organizzazioni di categoria hanno avuto un incontro, da cui è scaturita, in particolare, la richiesta di ridurre l’Iva al 4% e di ridurre l’Imposta sugli Intrattenimenti. I Decreti finora emanati hanno dato una qualche risposta o bisogna fare di più?

"Il punto è questo: il sistema delle nostre aziende, dei locali di pubblico spettacolo, è gravato dall’Iva al 22%, quando nel mondo del cinema, del teatro e della musica dal vivo è al 10%. Abbiamo parlato del 4% perché, quando il cinema ha avuto la sua più grande crisi, con l’introduzione dei mercoledì gratuiti e dei biglietti a costi molto bassi, l’Iva era stata abolita per quel giorno. Si è voluto, quindi, inserire nella lettera firmata dalle unioni sindacali indirizzata a Draghi, porre l’attenzione sia sul problema dell’Iva sia sull’Imposta sugli Intrattenimenti, che l’Unione Europea ha bandito da tempo, ma che l’Italia soltanto continua a far pagare. Quest’imposta fa lievitare la pressione fiscale sul prezzo del biglietto ad oltre il 50%. Ad esempio: sommiamo il 10% dell’imposta Siae, il 16% dell’imposta spettacoli, il 22% dell’Iva, siamo al 48%. Poi ci sono compensi integrativi sul biglietto, che ruotano intorno al 3%, l’imposizione fiscale sul prezzo del biglietto è alle stelle. Come è possibile pensare di poter sviluppare i fatturati delle nostre aziende se oltre il 50% se lo riprende lo Stato? A questo punto, lo Stato non deve lamentarsi dell’evasione fiscale, perché c’è gente che vive di questo lavoro e deve sopravvivere. Sembra di essere tornati al sistema feudatario, quando i contadini lavoravano e il feudatario di turno, quando scendeva a valle, si portava via gran parte del raccolto. Questa è la situazione, inutile nascondersi dietro a un dito. Parliamo tanto, in Italia, di riduzione della pressione fiscale, ma le sole imposte indirette incidono per oltre il 50%. A ciò si aggiungano le imposte dirette, cioè l’Iras, l’Irep… tutto quello che viene calcolato alla fine".

- Senza considerare le trattenute da parte delle agenzie sulla vendita dei biglietti per gli spettacoli musicali live..

"Sì, ma sul mondo degli spettacoli musicali dal vivo, l’Isi non c’è: c’è la Siae al 10%, l’Iva al 10%, non ci sono compensi integrativi sul prezzo del biglietto, cosa che è richiesta per l’intrattenimento danzante, per cui, a differenza degli spettacoli live, le discoteche e le sale da ballo sono martoriate. Qualora i live club facciano soltanto un concerto non si pagano trattenute, mentre se si apre con un concerto e si prosegue con una serata danzante con l’uso di strumenti meccanici, si deve pagare l’imposta spettacoli e il compenso integrativo. La normativa è complicatissima, e non aiuta gli imprenditori, che si trovano ad essere vessati e non capiscono la ratio, perché poi quello che ritorna, in termini di servizio pubblico, a favore delle nostre aziende, a volte, è anche controproducente. Basta pensare all’articolo 100 del Testo Unico di Pubblica Sicurezza, secondo cui, se avviene un fatto violento o un atto vandalico anche a tre chilometri di distanza dalla discoteca, il gestore del locale, ignaro e incolpevole, può essere sanzionato con la chiusura dell’attività per un giorno, piuttosto che con il ritiro della licenza. Le forze dell’ordine, invece, dovrebbero coadiuvare e assistere ogni sera le attività del settore, magari istituendo pattuglie che, di tanto in tanto, si avvicinino ai locali e controllino che tutto sia in regola. Chiaramente, chi opera seriamente nel settore dell’intrattenimento, auspica il coinvolgimento delle forze dell’ordine e dello Stato, per trovare soluzioni pratiche a vantaggio di tutti e, quindi, garantire un vero servizio pubblico".

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