Arte: a Bologna la presentazione di due sculture attribuite a Canova
Appuntamento domani alle 15, alla Cappella Farnese di Palazzo d'Accursio.
(Prima Pagina News)
Mercoledì 03 Aprile 2024
Bologna - 03 apr 2024 (Prima Pagina News)
Appuntamento domani alle 15, alla Cappella Farnese di Palazzo d'Accursio.

Musei Civici d’Arte Antica del Settore Musei Civici Bologna presentano al pubblico i restauri di due importanti sculture attribuite ad Antonio Canova conservate alle Collezioni Comunali d’Arte, resi possibili grazie alla collaborazione scientifica con istituzioni e professionisti di eccellenza quali Opificio delle Pietre DureMuseo Gypsotheca Antonio CanovaPolitecnico di Milano – Dipartimento di Design e Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale.

Si tratta dell’Apollino, capolavoro della fase giovanile dell’artista, scolpito nel 1797 - di cui si erano perse le tracce dal 1839 e riscoperto nel 2013 da Antonella Mampieri, storica dell’arte dei Musei Civici d’Arte Antica di Bologna, all’interno delle stesse Collezioni Comunali d’Arte dove la statua in marmo è in realtà sempre stata esposta ma riferita allo scultore Cincinnato Baruzzi, allievo del grande maestro - e di una Testa di vecchio, storicamente attribuita alla produzione canoviana come unica opera in terracotta, databile tra il 1820 e 1830, opera discussa e di controversa attribuzione.


L’incontro si svolge giovedì 4 aprile 2024 alle ore 15.00 nella Cappella Farnese di Palazzo d’Accursio, in Piazza Maggiore 6 a Bologna, con ingresso gratuito.

Sarà possibile seguire la presentazione in diretta streaming sul canale YouTube Storia e Memoria di Bologna (www.youtube.com/@storiamemoriabologna).


Il contesto del restauro

Il progetto per i restauri delle due opere nasce dalla ricorrenza del bicentenario della morte di Antonio Canova (Possagno, 1757 - Venezia, 1822), celebrata con una ricca programmazione di attività orientata alla tutela, valorizzazione e conservazione dell’opera del maggiore scultore italiano dell’Ottocento.

Nel 2022 l’Apollino è stato esposto per la prima volta al pubblico nella sua rinnovata bellezza nella mostra Canova e il potereLa collezione Giovanni Battista Sommariva, ideata da Vittorio Sgarbi e curata da Moira Mascotto ed Elena Catra al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (TV), che ha inteso ricostruire le prestigiose relazioni dell’artista con i massimi esponenti del panorama politico e culturale della sua epoca. Prima dell’esposizione la statua è stata restaurata presso l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, grazie alla generosità della Fondazione Canova, e dopo essere stato oggetto di un progetto di digitalizzazione in 3D eseguito con tecnologie di nuova generazione dal Politecnico di Milano.

Il Comune di Bologna ha aderito alle celebrazioni del bicentenario finanziando il restauro della Testa di vecchio, rara terracotta patinata tradizionalmente attribuita a Canova. L’intervento, condotto da Giovanni Giannelli del Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale, ha recuperato a una migliore leggibilità l’opera, che torna così alla fruizione del pubblico e all’attenzione degli storici dell’arte, libera da colorazioni incoerenti e da restauri inadeguati, offrendosi a una nuova valutazione critica.



Programma


Saluto istituzionale:

Silvia Battistiniconservatrice Collezioni Comunali d’Arte | Settore Musei Civici Bologna



Intervengono:

• per la storia e la contestualizzazione delle opere

Antonella Mampieri, referente Archivio fotografico e Catalogo Musei Civici d’Arte Antica | Settore Musei Civici Bologna

Cincinnato Baruzzi collezionista di Canova


• per il restauro dell’Apollino
Paola Franca Lorenzirestauratrice Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze - Settore restauro Materiali lapidei

Riccardo Gennaiolifunzionario storico dell’arte Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di Restauro di Firenze - Settore restauro Materiali lapidei

Moira Mascottodirettrice Museo Gypsotheca Antonio Canova, Possagno

Giuseppe Amorusoprofessore associato Dipartimento di Design - Politecnico di Milano


• per il restauro della Testa di vecchio
Giovanni Giannellidirettore tecnico Laboratorio di Restauro Ottorino Nonfarmale S.r.l., San Lazzaro di Savena.

Durante l’incontro sarà possibile vedere le opere restaurate, esposte nel percorso di visita delle Collezioni Comunali d’Arte: Apollino nella Sala Boschereccia (Sala 16) e Testa di vecchio nella Sala 20, una delle due sale Palagi. 

 

 

Le opere

Entrambe le sculture sono pervenute alle Collezioni Comunali d’Arte grazie alla donazione disposta nel 1878 dallo scultore Cincinnato Baruzzi (Imola, 1796 - Bologna, 1878), allievo di Canova e a lungo direttore del famoso studio romano del maestro in via delle Colonnette, a favore del Comune di Bologna, nominato suo erede universale.


Antonio Canova (Possagno, 1757 - Venezia, 1822)

Apollino, 1797

Marmo bianco apuano, cm 53 x 145 x 44 x 62, altezza base cm 78

Bologna, Collezioni Comunali d’Arte, n. inv. S 25


La scultura, che appartiene alla produzione giovanile di Canova, era stata particolarmente amata da colui che l’aveva creata ed è ricordata nelle sue memorie autografe come opera di grande valore.
Il dio è rappresentato come un giovane nudo dalle forme perfette, in appoggio sulla gamba destra e con la sinistra flessa, leggermente scartata di lato. Il corpo è animato da una lieve torsione serpentinata. Il volto androgino è incorniciato da una chioma di capelli lievemente arricciati e raccolti classicamente sulla sommità del capo in un nodo, che esalta l’effetto etereo della luce. Apollo trattiene con la mano sinistra l’arco, che termina con delle piccole teste di rapace, appoggiato al suolo, in evidenza rispetto alla corteccia del tronco posto dietro di lui. Con la mano destra tratteneva una freccia di metallo, ora perduta. La faretra è legata con un fiocco al tronco d’albero dove il serpente Pitone sta avviluppando le sue spire.

La scultura, scolpita a tutto tondo, è associata al piedistallo di marmo, concepito come un’antica ara. Questo, un cilindro dalla forma a rocchetto, è decorato con festoni vegetali trattenuti da nastri e borchie sul fusto. Gli elementi decorativi sono scolpiti a basso e alto rilievo. Il disco superiore o bilico è variamente modanato e decorato da una fascia perlinata sormontata da una decorazione vegetale dal profilo convesso. La base del piedistallo si presenta variamente modanata e con una fascia concentrica decorata con foglie e bacche di alloro a profilo convesso di imposta al fusto. Il basamento cilindrico è ancora dotato del congegno originario che permetteva la rotazione della scultura, presente anche in altre opere scultoree di Canova, e in occasione del restauro è stato ripristinato e rimesso in funzione.
L'Apollo o Apollino deriva da una lunga riflessione dell'artista sul tema del nudo giovanile stante iniziata con l'Amorino Lubomirski (1786 - 88), conservato nel Castello Łańcut in Polonia, e proseguita con altre tre versioni idealizzate del medesimo tema: l’Amorino Campbell (1787 - 89) dell’Anglesey Abbey di Cambridge, l’Amorino La Touche (1789) della National Gallery of Ireland a Dublino e l’Amorino alato Jusupov (1793 - 97) all’Ermitage di San Pietroburgo.

La variante con Apollo colto dopo aver ucciso il serpente Pitone fu venduta da Canova al diplomatico francese Jean-François Juliot e pervenne nel 1808 alla collezione del politico lombardo Giovanni Battista Sommariva. Quest’ultimo riuscì ad acquistare altre tre statue dello scultore: la Maddalena Penitente, la Tersicore e il Palamede. Esposto nell’abitazione parigina del collezionista, l'Apollo venne messo all'asta con il resto delle opere della raccolta nel 1839. Da questo momento se ne persero le tracce e ne rimasero solo alcune descrizioni e un'immagine incisa, un'illustrazione del volume di Isabella Teotochi Albrizzi su Antonio Canova che così descrive l’opera: “la semplice e leggiadra sua mossa, la schietta aria del volto, il molle suo corpicciuolo, il modo grazioso, con cui sono aggruppati i suoi capelli, tutto ricorda l’Amorino, del quale si è altrove favellato: e bene ognuno si avvede che non molta correr dove va la diversità fra due Deiformi fanciulli, di Venere l’uno, l’altro figliuol di Latona”. Riapparso all'estero sul mercato antiquario negli anni Cinquanta dell'Ottocento, l'Apollino fu acquistato da Cincinnato Baruzzi che lo trasferì nella sua villa sulla collina bolognese, allestita come una casa museo e dedicata alla celebrazione della scultura moderna.

Esposta alle Collezioni Comunali d’Arte dagli anni Trenta del Novecento, la scultura, inizialmente attribuita a Canova, con il tempo finì per essere considerata una replica di Baruzzi stesso, suo ultimo proprietario, e progressivamente dimenticata. Restituito al catalogo del sommo scultore di Possagno nel 2013 da Antonella Mampieri, che ha ricostruito le vicende collezionistiche dell’opera attraverso la lettura di documenti originali conservati presso la Biblioteca Comunale dell'Archiginnasio, all'interno del ricco carteggio appartenuto a Cincinnato Baruzzi e alla moglie, Carolina Primodì, l’Apollino sta riscuotendo negli ambienti scientifici e presso il pubblico dei visitatori un largo consenso, come testimonia il prestito antecedente il restauro per la mostra Canova | Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna organizzata da Gallerie d’Italia a Milano nel 2019 che, sia per l’importanza e la bellezza delle opere esposte, sia per la grande rilevanza scientifica, ha rappresentato una straordinaria occasione di conoscenza della scultura tra Sette e Ottocento.


Antonio Canova (Possagno, 1757 - Venezia, 1822) attr.

Testa di vecchio, sec. XIX (1820 - 1830)

Terracotta, marmo broccatello, cm 51 x 52 x 24, altezza base cm 22

Bologna, Collezioni Comunali d’Arte, n. inv. S 20


Il busto in terracotta è posto su una base in marmo con epigrafe latina “Unicum Canovae Plasma” commissionata da Cincinnato Baruzzi. L'attendibilità dell’attribuzione dell’opera è stata messa in discussione da parte della critica e forse proprio grazie a questo restauro sarà possibile affrontare nuovamente il problema. Tuttavia va sottolineata l'alta qualità del ritratto particolarmente vivo, alla cui naturalezza contribuiscono la lieve rotazione su cui si dispone il personaggio e il torso nudo, altre volte presente nella produzione ritrattistica dello scultore.



Il restauro dell’Apollino eseguito dall’Opificio delle Pietre Dure


Nel 2021 il Settore Materiali lapidei dell’Opificio delle Pietre Dure ha redatto il progetto di restauro dell’Apollino la cui finalità ha riguardato la pulitura delle superfici e lo studio degli strati superficiali protettivi applicati in passato, per procedere all’eliminazione dei materiali dannosi e non più idonei per l’opera (materiale di deposizione, incrostazioni e collanti).


L’istituto è inoltre intervenuto in fase preliminare attuando una approfondita campagna diagnostica, le cui indagini hanno permesso di pianificare l’intervento che è stato condotto secondo i principi deontologici del restauro: gradualità, controllabilità, ritrattabilità e minimo intervento. I risultati delle indagini preliminari sono stati determinanti per la conoscenza dei materiali superficiali (patinature, protettivi, adesivi), osservati sul marmo e per la valutazione della loro conservazione o meno.


Le operazioni di restauro, definite dalle prove di pulitura, sono state diversificate tra la figura dell’Apollino e il piedistallo e hanno avuto l’obiettivo di recuperare l’equilibrio tra i vari valori che connotano la qualità artistica della scultura.


Particolare attenzione è stata rivolta, inoltre, al basamento in forma di ara cilindrica dotato di bilico, che consentiva all'Apollino di girare su se stesso a 360°. Lo smontaggio del disco superiore del piedistallo ha permesso lo studio di tale meccanismo e la ricostruzione di una delle due manopole di bronzo, andata perduta, ha consentito la ri-funzionalizzazione del sistema di rotazione. Lo studio della presa e la sua successiva ricostruzione sono stati realizzati in ambiente virtuale partendo dalla matematica della scansione 3D della manopola conservata. Le fasi di modellazione, prototipazione e sinterizzazione di una copia sono state eseguite dall’equipe dell’ing. Giuseppe Amoruso del Dipartimento di Design del Politecnico di Milano.


Il bilico è realizzato in lega di rame e ferro: ferro per la crociera e il pignone interno ai rulli; alligati della lega di rame (almeno rame, stagno e piombo) per il disco, i giunti di innesto e i rulli. Nel caso dell’Apollino il sistema è costituito da un elemento superiore, il disco del piedistallo, in cui sono inseriti tre rulli solidali, grazie al pignone centrale di ferro e a un elemento di forma a “U”, anch’esso in lega di rame, fissato a gesso in uno scasso realizzato nello spessore del disco di marmo. I tre rulli sono posti nella circonferenza a 120° l’uno dall’altro. Il bilico permette il movimento grazie all’uso di cuscinetti a rulli. Nell’elemento inferiore del piedistallo è fissato il sistema di tenuta a crociera di ferro, i giunti di innesto realizzati entrambi in lega di rame e l’anello di lega di rame su cui corrono i rulli. Giunti e rulli consentono il trasferimento del moto rotatorio calcolato sul carico assiale che insiste sul bilico stesso. Il sistema è nascosto, protetto all’interno del piedistallo. Il bilico di Canova non mostra tracce di olii o grassi usati come lubrificante, ma sulle superfici metalliche in lega di rame che permettono l’unione delle due parti, i giunti di innesto e l’anello metallico, si riscontrano incisioni profonde e graffi che testimoniano, forse, il serraggio e successivo grippaggio dei rulli. Per migliorare la funzionalità del bilico e ridurre gli attriti sono stati predisposti un anello e una lamina politetrafluoetilene o teflon PTFE sugli elementi metallici inseriti nel piedistallo, che permetteranno di restituire, in maniera occasionale, il movimento rotatorio dell’Apollino, conservando i materiali costituivi del bilico.



Il restauro della Testa di vecchio eseguito dal Laboratorio Ottorino Nonfarmale


Per la Testa di vecchio in terracotta le operazioni di restauro sono state finalizzate alla pulitura completa di tutta la superficie del busto e della base, alla rimozione di tutte le stuccature di giunzione tra i vari elementi e di ricostruzione, alla rifinitura della pulitura della superficie.


Prima dell’intervento conservativo si osservava sulla superficie la presenza di una “patinatura“ risultante da un intervento di restauro eseguito per riassemblare i vari frammenti fratturati, forse a causa di una caduta accidentale dell’opera. Tale “patinatura” risultava cromaticamente molto disomogenea con zone più scure come a ridosso delle stuccature, dove le integrazioni presentavano un fenomeno di alterazione, oltre che “granulosa” e inadeguata a una superficie come la terracotta. Alcune lacune nel volto, nel busto e sul retro non sono state integrate e con ogni probabilità sono riconducibili a problematiche riguardanti fenomeni di ritiro durante il processo di cottura dell’argilla che hanno inoltre provocato numerose fessurazioni e microfessure.


Un altro elemento molto evidente è il collante utilizzato per riassemblare i vari frammenti che ha determinato la fuoriuscita con abbondanti colature dalle fratture. La durezza della consistenza è tale da far ipotizzare una natura cementizia o di un bicomponente con un’alta densità e questa, forse, è una delle cause che non ha permesso di riallineare perfettamente nel riassemblaggio le fratture che in qualche punto risultavano non in aderenza e fuori asse.


Sul retro sono presenti due staffe metalliche di sostegno trattenute da un bullone che collegano il busto alla base in pietra.


All’interno della testa, la verifica eseguita con apparecchiatura elettronica ha segnalato un perno metallico molto consistente all’interno di un riempimento in gesso, una lima utilizzata a sostegno della testa che risultava completamente distaccata a causa di una frattura circolare sul collo. La bonifica e la pulitura ha riguardato tutto l’interno del capo e la parte retrostante dove, con piccoli vibroincisori è stato possibile rimuovere totalmente il collante fuoriuscito dalle fratture. Le fessurazioni e fratture nella parte retrostante del basamento sono state attentamente consolidate con iniezioni di resina bicomponente e infine stuccate con un impasto adeguato. La ricollocazione della testa è avvenuta inserendo dei piccoli perni in acciaio inox e collocandoli in zone con maggiore spessore, utilizzando resina bicomponente e riallineando perfettamente i bordi della frattura. È stato possibile riposizionare l’elemento correttamente e in perfetta adesione esercitando una pressione con una cinghia regolabile nel tensionamento.


Per altri elementi applicati non allineati si è ritenuto invasivo e troppo rischioso tentare di distaccarli, in quanto il collante utlizzato risulta molto rigido e ancora efficiente.


La rifinitura della pulitura infine è stata eseguita a tampone e acqua distillata per poi eseguire la sigillatura e l’integrazione delle lacune con stucco sintetico addizionato con carbonato di calcio perfettamente reversibile in acqua. Con alcol polivinilico (gelvatol) diluito al 15% è stato possibile effettuare il fissaggio superficiale della terracotta e delle stuccature.


Il restauro pittorico a integrazione delle lacune è stato eseguito con colori a vernice, mentre gli scompensi cromatici sono stati recuperati con velature ad acquerello.


Un ultimo elemento rilevato è la presenza nella parte retrostante di impronte digitali rimaste sull’argilla durante le fasi di plasmatura, che sono state analizzate e comparate dall’Università degli Studi di Padova con il dataset di impronte di Antonio Canova conservato alla Gipsoteca di Possagno, con l’acquisizione di ulteriori dati utili per quanto riguarda l’attribuzione dell’opera in oggetto.



La riproduzione 3D dell’Apollino realizzata dal Dipartimento di Design del Politecnico di Milano


La realizzazione dell’Apollino ha costituito una sfida personale per Antonio Canova, al limite del possibile, riuscendo finalmente a plasmare quella bellezza tanto ricercata nelle sue opere, verso la perfezione.


Il progetto nato da una collaborazione tra i Musei Civici di Bologna e il Dipartimento di Design del Politecnico di Milano con la direzione scientifica del prof. Giuseppe Amoruso, si è posto l’obiettivo di riprodurre l’opera con le più moderne tecnologie l’opera per proporne un nuovo allestimento interattivo ed esperienziale e favorirne una più ampia accessibilità multimediale.


Il team di ricerca è partito da alcune domande: cosa può giustificare la replica di un capolavoro artistico? Come è possibile, superando le difficoltà tecniche ed operative della riproduzione, trasmettere a coloro che la visiteranno quei valori tangibili ed intangibili che riflettono ed amplificano i concetti di materialità, fragilità e immaginazione tattile?


Nella prima fase di sviluppo è stata completata l’acquisizione tridimensionale dell’opera tramite la tecnica di scansione senza contatto, attualmente considerata il metodo più efficace per ricavare la morfologia della superficie di un oggetto di forma complessa e di difficile riproduzione fotografica a causa dei numerosi dettagli anatomici e decorativi. Il procedimento ha sperimentato l’utilizzo di uno scanner a luce strutturata, tecnologia che permette di ricostruire la geometria degli oggetti attraverso la proiezione di pattern di luce codificati, che vengono deformati quando si proiettano sul soggetto. I pattern di luce strutturata, solitamente bianca, sono costituiti da motivi geometrici codificati; la fotocamera acquisisce questi modelli di luce distorti, fotogramma dopo fotogramma, mentre il software di scansione analizza la griglia e ricostruisce accuratamente le superfici dell'oggetto. A seconda delle dimensioni dell'oggetto e della durata della scansione, in una sola sessione lo scanner 3D può acquisire decine, centinaia o addirittura migliaia di fotogrammi. La luce riflessa viene trasformata in un modello ad alta risoluzione tramite gli algoritmi di riconoscimento e ricostruzione. Con questo procedimento iterativo si determinano i punti sulla superficie che sono rispettivamente più vicini o più lontani dalla fotocamera


Dal modello geometrico, completato con la rappresentazione dello stato superficiale della scultura (la sua texture), sono state rappresentate le ortofoto (proiezioni ortografiche) a beneficio del successivo intervento di conservazione e il prototipo della maniglia presente sul bilico rotante su cui poggia la statua per poterne poi realizzare una copia e integrare quella mancante.


Infine è stata realizzata la replica tattile in scala 1:1 (tramite la stampa 3D) per poter portare il visitatore alla scoperta di quei dettagli che svelano il mito e la sua traduzione nella forma scolpita: i capelli raccolti in un nodo nella parte superiore del cranio, le lunghe ciocche che accarezzano il collo e le spalle del giovane Apollo, i lineamenti del viso che rappresentano la perfezione classica e il desiderio di purezza espressiva.


Direzione scientifica e replica 3D da scansione con Artec Eva: Giuseppe Amoruso (professore associato Dipartimento di Design - Politecnico di Milano). 
Elaborazioni 3D: Andrea Manti (ricercatore Dipartimento di Design - Politecnico di Milano).


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