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Alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna Sale Dom Pérignon, dal 15 novembre 2025 al 1 marzo 2026.
Alla Galleria Internazionale d’Arte Moderna Sale Dom Pérignon, dal 15 novembre 2025 al 1 marzo 2026.
La mostra di Ca’ Pesaro, prima personale che un’istituzione italiana dedica a Terry Atkinson (Thurnscoe, 1939) ripercorre oltre cinquant’anni di attività dell’artista inglese, mettendo in dialogo parola, immagine, storia e politica.
L’artista è un motore di significati è il titolo dell’esposizione, a cura di Elisabetta Barisoni e Elena Forin, che presenta un nucleo significativo di opere che attraversano le diverse fasi della ricerca dell’artista, recentemente entrato nelle collezioni della Tate Gallery di Londra.
Il percorso nelle Sale Dom Pérignon costruisce una riflessione profonda sul tema centrale della guerra e sul ruolo dell’arte come strumento di conoscenza e presa di posizione.
La mostra veneziana esplora proprio questa tensione tra pensiero e visione, tra concetto e immagine, che caratterizza l’intera opera di Atkinson. Le sue opere affrontano le dinamiche del potere e della rappresentazione, collegando i conflitti della storia – come le guerre e i loro linguaggi politici – alle forme espressive dell’arte. Ogni segno, parola o simbolo diventa per l’artista una lente attraverso cui indagare i meccanismi del sapere e della comunicazione.
Nella prima sala, dominata da una grande pittura su carta dedicata al conflitto del Vietnam, si apre il racconto sull’uso che Atkinson fa della pittura come forma di analisi politica e morale.
Le Goya Series e gli Enola Gay riflettono sulla rappresentazione dei conflitti e sul linguaggio modernista della memoria: Goya è per Atkinson un punto di riferimento critico più che stilistico, mentre i cieli colorati degli Enola Gay celano la sagoma del bombardiere di Hiroshima, evocando il fragile equilibrio tra silenzio e tragedia.
Il ciclo Russel sposta l’attenzione sulla parola come nucleo concettuale dell’opera: termini come I (io) e This (questo) diventano strumenti per interrogare il rapporto tra soggetto, esperienza e storia.
Completano l’esposizione numerosi disegni dagli anni ’60 ai 2020, che documentano l’evoluzione coerente dell’intreccio tra testo e immagine: dai lavori legati ad Art & Language – collettivo di cui è fondatore, nel 1968, insieme a David Bainbridge, Michael Baldwin e Harold Hurrell – fino alle serie più recenti dedicate ai conflitti irlandese e americano. Nel complesso, la mostra conduce lo spettatore al centro del pensiero di Atkinson: un’indagine sulla complessità della storia e sul potere dell’arte di restituire consapevolezza, oltre la superficie delle immagini.
Partendo dal lavoro del gruppo Art & Language, Atkinson ha contribuito a ridefinire il ruolo dell’artista come teorico e interprete critico dei sistemi dell’arte e della cultura. Ne esce nel 1974 per l’emergere di posizioni non coerenti col suo pensiero, che lo portano a percorrere nuovamente il proprio percorso in maniera individuale.
Da allora la sua pratica si orienta verso un’indagine più personale e riflessiva, in cui storia, linguaggio e immagine diventano strumenti per interrogare la società contemporanea. Se il lavoro che ho realizzato negli ultimi 40 anni – afferma infatti Atkinson – ha una caratteristica che lo attraversa, è la preoccupazione di fare una critica dell’arte piuttosto che una sua celebrazione.
Noto anche come Terry Actor, Terry Mirrors, Terry Dog e Terry Enola Gay, Atkinson ha esposto nei principali musei di tutto il mondo. Tra le occasioni più significative; Documenta 5 nel 1972 con Art&Language, come artista individuale alla Whitechapel Gallery nel 1983 e alla 41^ Biennale di Venezia nel 1984; nel 1985 è finalista del Turner Prize.
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