Fnopi: "In Italia ci sono circa 400 mila infermieri, ne servono almeno 65 mila"

Schillaci: "Con il progressivo invecchiamento della popolazione e l'incidenza esponenziale di malattie croniche, la domanda di salute è cambiata, gli infermieri possono svolgere un ruolo cruciale".

(Prima Pagina News)
Lunedì 12 Maggio 2025
Roma - 12 mag 2025 (Prima Pagina News)

Schillaci: "Con il progressivo invecchiamento della popolazione e l'incidenza esponenziale di malattie croniche, la domanda di salute è cambiata, gli infermieri possono svolgere un ruolo cruciale".

"Gli infermieri attualmente attivi in Italia sono circa 400.000, su 460.000 iscritti all'Ordine. Tra questi, ci sono 50.000 liberi professionisti, ma la maggior parte lavora nel sistema pubblico e in quello privato accreditato. Secondo la Ragioneria dello Stato, si stima una carenza di 65.000 unità in tutta Italia, di cui circa 30.000 previste dal PNRR per l'assistenza territoriale".

A questo, bisogna aggiungere l'andamento della cosiddetta "gobba pensionistica", cioè gli infermieri che andranno in pensione: "Abbiamo stimato, dal 2023 al 2033, circa 110.000 uscite".

Così la Presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi), Barbara Mangiacavalli, aprendo il convegno per la presentazione del primo rapporto sulla condizione della professione.

Per questo motivo, ha proseguito, "la questione infermieristica non è solo una questione di una singola professione, ma riguarda l'intera Italia, e va affrontata da una cabina di regia interministeriale, perché sempre più persone vivranno con patologie croniche già diagnosticate, per le quali la sfida non sarà solo clinica, ma soprattutto assistenziale. È un cambiamento epocale che chiama in causa il territorio come fulcro del sistema sanitario".

Il problema legato alla carenza di infermieri non può essere risolto soltanto con incentivi economici. "Preoccupano i tantissimi infermieri che lavorano all'estero dopo essersi formati qui, così come preoccupano - ha concluso Mangiacavalli - coloro che abbandonano gli studi perché non trovano soddisfacente il sistema lavorativo. I giovani cercano lavori con competenze specialistiche". E' necessario, dunque, "rendere attrattiva la professione, offrendo reali possibilità di carriera, percorsi di crescita e riconoscimento".

"Con il progressivo invecchiamento della popolazione e l'incidenza esponenziale di malattie croniche, la domanda di salute è cambiata. E deve cambiare anche il modello di offerta sanitaria". In questo, "l'Infermiere di Famiglia e di Comunità può svolgere un ruolo cruciale, che va valorizzato, nell'interesse dei pazienti e a salvaguardia della sanità pubblica". E' quanto dichiara il Ministro della Salute, Orazio Schillaci, nel suo messaggio di saluto in occasione della presentazione del Rapporto sulle Professioni Infermieristiche, organizzata dalla Fnopi.

La mancanza di infermieri, spiega Schillaci, "non è solo un problema di retribuzione economica. Bisogna prevedere percorsi che rendano possibili e agevoli prospettive di carriera per ridare attrattività alla professione".

Il governo, ricorda il Ministro, "ha messo in atto una serie di interventi per una valorizzazione economica degli infermieri: misure sulla libera professione per chi lavora nel servizio pubblico, indennità per chi è occupato nell'emergenza urgenza e detassazione degli straordinari".

In più, c'è l'impegno a riportare i giovani a scegliere questo corso di studi, investendo anche e in particolare sulla motivazione. "Come emerge dallo studio - aggiunge - c'è un crescente interesse per le lauree magistrali; i giovani che scelgono questa professione hanno voglia di ampliare le loro conoscenze e hanno legittime ambizioni di crescita".

Dal rapporto, infine, è emerso che la maggior parte degli intervistati preferisce lavorare nel settore pubblico, mostrando di essere fiduciosi verso il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). "Una preferenza che oggi assume un significato ancor più fondamentale, considerato il ruolo che gli infermieri sono chiamati a svolgere negli ospedali di comunità e come anelli di congiunzione tra ospedale e territorio", conclude Schillaci.

In occasione della Giornata Internazionale degli Infermieri (12 maggio 2025), l’Associazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI), l’Unione Medica Euromediterranea (UMEM), la Comunità del Mondo Arabo in Italia (Co-mai), Unione Sportiva Euro Mediterranea (USEM) e il Movimento Internazionale Uniti per Unire, in collaborazione con l’Agenzia Internazionale AISC “Informazione Senza Confini”, esprimono i loro più sinceri auguri a tutti gli infermieri del mondo, valorizzando in particolare il contributo fondamentale degli infermieri di origine straniera presenti nel nostro Paese e nel sistema sanitario globale.

Secondo l’ultima indagine coordinata dal Prof. Foad Aodi, medico, giornalista internazionale, esperto di salute globale, Direttore dell’AISC, membro del Registro Esperti Fnomceo, docente all’Università di Tor Vergata al corso di Laurea per infermieri e fisioterapisti e quattro volte consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma, al 30 aprile 2025 sono 43.600 gli infermieri stranieri presenti in Italia, di cui 26.600 iscritti regolarmente all’albo professionale. Un numero in costante crescita (+47,3% dal 2020), spinto anche dalle disposizioni del Decreto Cura Italia e del Decreto Ucraina, che hanno agevolato l’ingresso di oltre 17.000 professionisti sanitari stranieri.

Inoltre, ci sono altri 11.300 tra infermieri e fisioterapisti di origine straniera che non riescono ancora a esercitare, bloccati da lungaggini burocratiche, mancato riconoscimento dei titoli di studio, costi elevati delle pratiche, sfiducia e paura di rigetto. Una perdita ingiustificabile di capitale umano in un momento in cui il sistema sanitario nazionale soffre una carenza strutturale di circa 65.000 infermieri.

“Praticamente l’AMSI ha 14 commissioni che rappresentano la maggior parte dei professionisti della sanità, ogni professione ha una commissione coordinata a livello nazionale, in più l’AMSI fa parte come socio fondatore del Movimento Uniti per Unire e dell’UMEM, per questo collabora al polso della situazione in 120 Paesi. Noi difendiamo i diritti di tutti i professionisti della sanità, sia italiani sia di origine straniera. Ribadiamo per chiarire il messaggio che già dal 1998 chiediamo un censimento per quanto riguarda tutti i professionisti della sanità in Italia e quanti ne mancano, ed eventualmente studiare un ingresso regolare in base al fabbisogno reale.

C’è una grande preoccupazione per l’effetto di questo nuovo regolamento di accesso a Medicina, che provoca un vero e proprio ‘fuggi-fuggi’. Il fatto che non venga sostenuto un esame all’inizio del corso, ma che si debba aspettare sei mesi nel primo semestre, rischia di ridurre del 17% le iscrizioni alle facoltà di infermieristica e alle altre professioni sanitarie e mediche. Questo potrebbe compromettere ulteriormente il sistema sanitario, già fragile, alimentando un vuoto professionale difficile da colmare”, dichiara il Prof. Foad Aodi.

Secondo l’indagine AMSI–UMEM–Uniti per Unire–AISC, le principali comunità infermieristiche straniere in Italia provengono da Romania (12.000), Polonia, Albania, India e Perù, con una presenza significativa in Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Campania. A livello europeo, anche Francia, Germania e Regno Unito affrontano una crescente dipendenza dagli infermieri di origine straniera, specialmente provenienti da Asia, Africa e Europa dell’Est.

A livello globale, l’OMS segnala che 1 infermiere su 8 lavora in un Paese diverso da quello di nascita o formazione, con un’escalation della cosiddetta “migrazione sanitaria”. I flussi vanno regolati e accompagnati, non ostacolati, per garantire sicurezza e qualità della cura nei Paesi di destinazione e tutelare la dignità professionale dei migranti sanitari.

“Sicuramente la situazione è cambiata dal 2000 ad oggi: è peggiorata molto. Oggi la criticità maggiore in Italia è la carenza dei professionisti della sanità, specialmente infermieri e medici e fisioterapisti visto l’invecchiamento della società italiana. Inoltre, si sta verificando una fuga crescente verso l’estero: nei soli ultimi cinque mesi è aumentata del 32% la richiesta all’AMSI di partire per l’estero, soprattutto da parte degli infermieri, inclusi quelli di origine straniera. Anche loro vivono una situazione precaria, subiscono aggressioni, lavorano in medicina difensiva e non vedono soluzioni concrete”, sottolinea Aodi.

L’AMSI e le organizzazioni aderenti (più di 95 associazioni e unioni di professionisti della sanità di origine straniera) auspicano un’intensificazione della collaborazione con la FNOPI – Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche, guidata dalla Presidente Barbara Mangiacavalli, con cui negli ultimi anni sono già stati avviati numerosi confronti e incontri costruttivi. “Collaboriamo con la FNOPI da anni, come con tutti gli altri albi professionali. Io, personalmente, collaboro ufficialmente con la Fnomceo dal 2000 e sono stato quattro volte consigliere dell’Ordine dei Medici di Roma. Ribadiamo che bisogna regolarizzare tutti i professionisti della sanità entrati con i decreti emergenziali, rafforzare i corsi di lingua italiana, l’aggiornamento professionale con l’ECM, e favorire l’iscrizione all’Albo. Non si può restare precari per sempre, né immigrati per sempre”, afferma Aodi.

Secondo i dati raccolti, il 78% degli infermieri stranieri in Italia non ha la cittadinanza italiana, molti lavorano in regime di cooperativa o nel settore privato. Sono una risorsa concreta per il Paese, ma vengono frenati da ostacoli sistemici che vanno urgentemente rimossi con interventi normativi mirati.

La crisi della sanità italiana non può essere affrontata senza una strategia inclusiva e strutturata per il pieno inserimento degli infermieri stranieri. AMSI, UMEM, Uniti per Unire e AISC ribadiscono il proprio impegno, chiedendo con forza un patto nazionale per l’integrazione sanitaria, a tutela sia dei professionisti sia del diritto alla salute dei cittadini.

“Ci fa molto piacere la collaborazione con la Presidente Mangiacavalli e con i membri del Consiglio Direttivo FNOPI che abbiamo incontrato recentemente. Occorre intensificare la collaborazione tra Federazione, ordini professionali, realtà associative, sindacati. Noi continueremo a fare la nostra parte. È un segnale importante per i nostri infermieri iscritti, per rassicurarli che anche la Federazione, come ha sempre fatto, lavora a favore di chi vuole mettersi in regola nel pieno rispetto della legge italiana. Ringrazio e auspico di intensificare la collaborazione con la Presidente della FNOPI e con tutti gli albi professionali e le federazioni per tutelare i diritti di tutti. Al primo posto, sempre, la salute del cittadino", conclude Aodi.

Le criticità principali sono:

- Carenza strutturale di infermieri nel SSN: L’Italia registra una carenza stimata di circa 65.000 infermieri, aggravata dall’invecchiamento della popolazione, dalla scarsa attrattività del settore sanitario pubblico e dalla crescente emigrazione professionale, che coinvolge anche gli infermieri di origine straniera già integrati.
- Ostacoli al riconoscimento dei titoli esteri: Circa 11.300 tra infermieri e fisioterapisti stranieri presenti in Italia non esercitano la professione per via di: Rigetti formali (25%) soprattutto da Paesi come Ucraina, India, Polonia e Filippine; Scoraggiamento (75%) legato a burocrazia complessa, costi elevati, incertezza sui tempi e paura di rifiuto.
- Precarietà lavorativa e marginalizzazione: La maggioranza degli infermieri stranieri lavora nel settore privato tramite cooperative, spesso con condizioni precarie, turni prolungati, retribuzioni inferiori e scarse prospettive di crescita. Inoltre, molti sono ancora sprovvisti di cittadinanza italiana, pur lavorando in Italia da anni.
- Barriere linguistiche e culturali: La scarsa diffusione di corsi pubblici di lingua italiana e di aggiornamento professionale (ECM) ostacola l’integrazione effettiva e la sicurezza clinica, aumentando il rischio di discriminazioni e isolamento.
- Aggressioni e medicina difensiva: Gli infermieri stranieri sono spesso più esposti a episodi di aggressione fisica o verbale e risentono di un clima di medicina difensiva, che accentua il malessere lavorativo e incentiva la fuga verso l’estero.
- Stipendi tra i più bassi d’Europa: Gli stipendi degli infermieri italiani sono tra i più bassi d’Europa. Nel 2022, la retribuzione annua lorda di un infermiere italiano era di 48.931 dollari, ben 9.463 dollari in meno rispetto alla media OCSE di 58.394 dollari. Questa disparità retributiva rende la professione meno attrattiva per le nuove generazioni e contribuisce al fenomeno della fuga all’estero. Il gap salariale rispetto agli altri Paesi europei non è mai stato colmato, e oggi, con il mutato costo della vita, il divario è diventato insostenibile. Con stipendi che non sono al passo con l’inflazione e il carovita, gli infermieri si trovano ad affrontare una condizione economica che mette in discussione la loro stessa dignità professionale. Un fenomeno che non solo deprime il morale degli infermieri, ma che li spinge a cercare condizioni di lavoro migliori in altri Paesi, dove gli stipendi sono più alti e le condizioni di lavoro più favorevoli.

Le proposte operative di Amsi, Umem, Uniti per Unire, Co-Mai e Aisc_News sono:
- Piano straordinario di regolarizzazione per i professionisti già presenti: Predisporre una regolarizzazione tempestiva per i circa 17.000 infermieri di origine straniera presenti in Italia che lavorano in modo irregolare e che, nonostante il grande impegno, non riescono a trovare il giusto riconoscimento.
- Formazione linguistica e culturale: Promuovere corsi di lingua italiana e cultura professionale per tutti gli infermieri stranieri, in modo da facilitare il riconoscimento dei titoli e favorire l’integrazione nel sistema sanitario nazionale.
- Sostenere il diritto alla formazione continua: Garantire l’accesso all’ECM (Educazione Continua in Medicina) per tutti gli infermieri, italiani e di origine straniera, con la stessa modalità e dignità, per consentire loro di mantenere aggiornata la propria preparazione e competenza.
- Investire in una revisione della normativa sul lavoro sanitario: Occorre investire in politiche che favoriscano la stabilizzazione dei contratti, e che eliminino la precarietà che affligge un settore vitale come quello infermieristico.

La forza lavoro infermieristica globale è cresciuta da 27,9 milioni nel 2018 a 29,8 milioni nel 2023, ma permangono ampie disparità nella disponibilità di infermieri tra regioni e paesi, secondo il rapporto State of the World's Nursing 2025 , pubblicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), dall'International Council of Nurses (ICN) e dai partner.

Le disuguaglianze nella forza lavoro infermieristica globale lasciano gran parte della popolazione mondiale senza accesso ai servizi sanitari essenziali, il che potrebbe minacciare i progressi verso la copertura sanitaria universale (UHC), la sicurezza sanitaria globale e gli obiettivi di sviluppo correlati alla salute. Il nuovo rapporto, pubblicato in occasione della Giornata internazionale dell'infermiere, offre un'analisi completa e aggiornata della forza lavoro infermieristica a livello globale, regionale e nazionale.

Raccogliendo le informazioni provenienti dai 194 Stati membri dell'OMS, i dati indicano progressi globali nella riduzione della carenza di personale infermieristico da 6,2 milioni nel 2020 a 5,8 milioni nel 2023, con una previsione di riduzione a 4,1 milioni entro il 2030. Tuttavia, il progresso complessivo maschera ancora profonde disparità regionali: circa il 78% degli infermieri mondiali è concentrato in Paesi che rappresentano solo il 49% della popolazione globale.

I paesi a basso e medio reddito stanno affrontando difficoltà nel laureare, assumere e trattenere infermieri nel sistema sanitario e dovranno aumentare gli investimenti interni per creare e sostenere posti di lavoro. Parallelamente, i paesi ad alto reddito devono essere preparati a gestire elevati livelli di pensionamento degli infermieri e a rivedere la propria dipendenza da infermieri formati all'estero, rafforzando gli accordi bilaterali con i paesi da cui reclutano.

"Questo rapporto contiene notizie incoraggianti, per le quali ci congratuliamo con i Paesi che stanno compiendo progressi", ha dichiarato il Direttore Generale dell'OMS, Dott. Tedros Adhanom Ghebreyesus. "Tuttavia, non possiamo ignorare le disuguaglianze che caratterizzano il panorama infermieristico globale. In occasione della Giornata Internazionale dell'Infermiere, esorto i Paesi e i partner a utilizzare questo rapporto come indicatore, mostrandoci da dove veniamo, dove siamo ora e dove dobbiamo andare, il più rapidamente possibile".

Il rapporto State of the World's Nursing 2025 (SoWN) , basato sui dati comunicati da 194 paesi attraverso i National Health Workforce Accounts, mostra un aumento del 33% nel numero di paesi che hanno segnalato dati rispetto all'ultima edizione del 2020. Include profili dettagliati per paese, ora disponibili per l'accesso pubblico online.

Il rapporto rivela complesse disparità tra paesi, regioni e contesti socioeconomici. I dati e le evidenze sono intesi a supportare il dialogo condotto a livello nazionale per contestualizzare i risultati in politiche e azioni.

"Accogliamo con favore il rapporto SoWN 2025 come un'importante pietra miliare per monitorare i progressi nel rafforzamento e nel supporto della forza lavoro infermieristica verso gli obiettivi di salute globale", ha dichiarato Pam Cipriano, Presidente dell'International Council of Nurses. "Il rapporto evidenzia chiaramente le disuguaglianze che frenano la professione infermieristica e ostacolano il raggiungimento della copertura sanitaria universale (UHC). Il raggiungimento della UHC dipende dal reale riconoscimento del valore degli infermieri e dalla capacità di sfruttare il loro potere e la loro influenza per fungere da catalizzatori di un cambiamento positivo nei nostri sistemi sanitari".

Genere e parità rimangono preoccupazioni centrali per la forza lavoro infermieristica. Le donne continuano a dominare la professione, rappresentando l'85% della forza lavoro infermieristica globale. I risultati suggeriscono che 1 infermiere su 7 in tutto il mondo – e il 23% nei paesi ad alto reddito – è nato all'estero, evidenziando la dipendenza dalla migrazione internazionale. Al contrario, la percentuale è significativamente inferiore nei paesi a reddito medio-alto (8%), nei paesi a reddito medio-basso (1%) e nei paesi a basso reddito (3%).

I paesi a basso reddito stanno aumentando il numero di infermieri laureati a un ritmo più rapido rispetto ai paesi ad alto reddito. In molti paesi, i faticosi aumenti del tasso di laurea degli infermieri non si traducono in un aumento della densità di popolazione a causa del ritmo più rapido della crescita demografica e delle minori opportunità di occupazione.

Per affrontare questo problema, i paesi dovrebbero creare posti di lavoro per garantire che i laureati siano assunti e integrati nel sistema sanitario, migliorando al contempo le condizioni di lavoro. I dati demografici relativi all'età e le tendenze relative al pensionamento rivelano un quadro eterogeneo.

La forza lavoro infermieristica globale è relativamente giovane: il 33% degli infermieri ha meno di 35 anni, rispetto al 19% che dovrebbe andare in pensione nei prossimi 10 anni. Tuttavia, in 20 paesi, per lo più ad alto reddito, si prevede che i pensionamenti supereranno quelli dei nuovi assunti, sollevando preoccupazioni per la carenza di infermieri e per la riduzione del numero di infermieri esperti in grado di guidare gli infermieri all'inizio della carriera.

Circa due terzi (62%) dei Paesi hanno segnalato l'esistenza di ruoli infermieristici di pratica avanzata, segnando un progresso significativo rispetto al 2020 (quando solo il 53% segnalava ruoli infermieristici di pratica avanzata).

È stato dimostrato che queste tipologie di infermieri ampliano l'accesso e la qualità delle cure in molti contesti diversi. Il rapporto evidenzia anche miglioramenti nella leadership infermieristica: l'82% dei paesi ha dichiarato di avere un alto funzionario governativo per la gestione del personale infermieristico. Tuttavia, le opportunità di sviluppo della leadership rimangono disomogenee. Mentre il 66% dei paesi dichiara di aver implementato tali iniziative, solo il 25% dei paesi a basso reddito offre programmi di sviluppo strutturato della leadership.

La salute mentale e il benessere della forza lavoro rimangono aree di preoccupazione. Solo il 42% dei Paesi intervistati dispone di misure di supporto per la salute mentale degli infermieri, nonostante l'aumento dei carichi di lavoro e i traumi subiti durante e dopo la pandemia di COVID-19. Affrontare questo problema è essenziale per trattenere professionisti qualificati e garantire la qualità dell'assistenza .

Il rapporto introduce priorità politiche lungimiranti, invitando i paesi a:

- ampliare e distribuire equamente i posti di lavoro infermieristici, soprattutto nelle regioni meno servite;
- rafforzare i sistemi educativi nazionali e allineare le qualifiche ai ruoli definiti;
- migliorare le condizioni di lavoro, la parità retributiva e il sostegno al benessere mentale;
- sviluppare ulteriormente la regolamentazione infermieristica e i ruoli infermieristici avanzati;
- promuovere l'equità di genere e proteggere gli infermieri che lavorano in contesti fragili e colpiti da conflitti;
- sfruttare le tecnologie digitali e preparare gli infermieri a un'assistenza attenta al clima;
- promuovere la leadership infermieristica e garantire che le opportunità di sviluppo della leadership siano eque.

Le prove contenute nel rapporto forniscono uno stimolo per un allineamento continuo alle priorità politiche dell’OMS.


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