Fondazione Murialdi: Roberto Taverniti, giornalista dell’Agenzia Stefani eroe calabrese della Grande Guerra.
“Martiri di carta. I giornalisti caduti nella grande guerra”, (448 pagine) il saggio di Pierluigi Roesler Franz ed Enrico Serventi Longhi, immaginato esattamente 10 anni fa e realizzato poi per conto della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi” alla fine del 2018, racconta la storia di 264 giornalisti italiani morti nel corso della Prima Guerra mondiale. Almeno cinque di questi erano calabresi ,Umberto Boccioni, Roberto Taverniti, Luca Labozzetta, Vincenzo Capua, Salvatore Barillaro.
di Pino Nano
Sabato 24 Aprile 2021
Roma - 24 apr 2021 (Prima Pagina News)
“Martiri di carta. I giornalisti caduti nella grande guerra”, (448 pagine) il saggio di Pierluigi Roesler Franz ed Enrico Serventi Longhi, immaginato esattamente 10 anni fa e realizzato poi per conto della Fondazione sul giornalismo “Paolo Murialdi” alla fine del 2018, racconta la storia di 264 giornalisti italiani morti nel corso della Prima Guerra mondiale. Almeno cinque di questi erano calabresi ,Umberto Boccioni, Roberto Taverniti, Luca Labozzetta, Vincenzo Capua, Salvatore Barillaro.
Roberto Taverniti, figlio del cavalier Rocco, nacque il 18 Febbraio 1888 (sulla Gazzetta Ufficiale è, invece, indicata la data del 20 febbraio 1888) a Pazzano (Reggio Calabria). Ebbe due fratelli Achille ed Anna sposata con il ragionier Pasquale Pisani.Pazzano é il paese più piccolo per numero di abitanti della Vallata dello Stilaro in provincia di Reggio Calabria.

Nel periodo borbonico fu importante per essere il principale centro minerario di estrazione del ferro di tutto il Mezzogiorno. Roberto Taverniti – racconta Pierluigi Franz- passerà alla storia per essere stato un grande giornalista italiano, redattore capo dell'Agenzia Stefani e fondatore di "Terra Nostra". Per una banale dimenticanza le – ci ricorda ancora Pierluigi Franz- 2 medaglie d’argento non sono indicate sulla lapide ritrovata casualmente a Roma nel maggio 2011, che era stata inaugurata in una cerimonia ufficiale da Benito Mussolini il 24 maggio 1934 nell'atrio del Circolo della Stampa di Roma, come riportato su molti giornali dell'epoca. La lapide é stata poi ricollocata all'ingresso della sede della Fondazione sul giornalismo "Paolo Murialdi" a Roma in via Valenziani 12/b. Taverniti iniziò gli studi nel Seminario Arcivescovile di Reggio Calabria, poi seguì gli studi classici presso i licei di Reggio Calabria e di Catanzaro.

E in quest'ultimo conseguì la maturità classica. Pubblicò il suo primo articolo sul giornale "La Luce" il 27 Ottobre 1904, a soli 16 anni. Si iscrisse poi alla facoltà di Giurisprudenza presso l'Università di Roma.

Da studente universitario proseguì la via del giornalismo, verso cui aveva sempre avuto una grande passione sin da studente presso il glorioso Liceo-Ginnasio T. Campanella. Per Pierluigi Roesler Franz non ci sono dubbi: “Taverniti fu un fervente e convinto meridionalista.

Per la sua intraprendenza, intelligenza e capacità giornalistica fu ammirato da molti studiosi e politici del tempo, fra cui molti calabresi. Scrisse anche su "Il Sindaco Operaio" il 1° Aprile 1906. Ma é piuttosto lungo l'elenco dei giornali con i quali collaborò. Ciò dimostra quanto fosse radicato nel suo animo il giornalismo”. A soli 23 anni divenne collaboratore e redattore capo per i servizi interni dell'Agenzia Stefani.

Svolse questo incarico con grande passione mettendo in luce le sue spiccate qualità di ottimo giornalista. Nel 1911 fondò in Roma il giornale "Terra Nostra" per mezzo del quale era riuscito a porre l'attenzione di tutti i veri problemi della sua Calabria, come fossero parte integrante, fondamentale dei problemi italiani. Nei 40 numeri di Terra Nostra, pubblicati dal 1913 al 1915, Roberto Taverniti curava la pubblicazione del suo giornale anche quando era al fronte, quando le pause del combattimento glielo consentivano) é racchiusa sintetizzata la vita di un giovane giornalista che si é battuto non solo per il Risorgimento socio-economico della sua Calabria, ma anche per la grandezza dell'Italia.

La sua intensa e feconda opera di pubblicista, nei suoi ultimi anni, é collegata con alcune questioni politiche, di carattere generale, sia calabresi che nazionali, da lui sollevata e sostenuta con convinzione dal suo grande amico Meuccio Ruini. Rientrano in questi dibattiti – ci spiega Pierluigi Franz- la costruzione dei laghi della Sila, che dovevano fornire l'energia elettrica per lo sviluppo industriale della Calabria, con al centro Crotone. Per la sua intraprendenza, intelligenza e capacità giornalistica destò l'ammirazione e la stima dei molti studiosi e politici del tempo, fra cui i calabresi De Nava, Anile, Ruini, Bianchi, Giuseppe Vito Galati ed altri.

La guerra scoppiò in un momento in cui Taverniti era tutto preso alla preparazione del Congresso di Crotone, che, secondo lui, doveva diventare la Genova del sud, con il quale rilanciare l'agricoltura calabrese, penalizzata da un ingiusto protezionismo imposto dagli agrari del nord collegati con quelli, senza scrupoli, del Meridione. Il Congresso non ebbe luogo e tutto fu rimandato a guerra finita. Pubblicista, era Socio dell'Associazione Stampa di Roma e dell'ASPI di Roma.

Scoppiata la guerra si arruolò come soldato semplice, però, dopo un breve corso di ufficiale, ottenne in meno di un anno una medaglia d'argento al valor militare (ma vi è indicato per errore come Tavernitti), per un atto eroico compito nel 1915. Gli venne conferita nel 1916 con questa motivazione: "In testa al suo plotone, si slanciava sulle trincee nemiche e, sotto intenso fuoco di fucileria e mitragliatrici, riusciva a rovesciare il fronte del tratto di trincea occupato e ad affermarvisi stabilmente.

Incaricato di proteggere la ritirata di una sezione mitragliatrici, adempiva con zelo, il suo mandato, rimanendo sulla posizione sino alle cinque del giorno seguente, ora in cui, avuto il cambio da altre due compagnie, rientrò in seconda linea con circa 40 prigionieri fatti durante la notte. Carso, 21-22 ottobre 1915". Ne parlò anche La Stampa del 3/9/1916 a pag. 2. Ottenne anche tre promozioni straordinarie per meriti di guerra: al grado di sottotenente il 10 settembre 1915, il 27 dicembre successivo a quello di tenente e infine il 25/5/1916 a capitano (vedere Gazzetta Ufficiale 5/6/1916 n. 131 pag. 2899). Durante la sua permanenza al fronte la vita gli fu difficile e dura.

La guerra lo logorò fisicamente, ma non spiritualmente. Egli non si arrese, però, allo sconforto, alle difficoltà e alla durezza del cimento, anzi con fierezza superò ogni indugio e turbamento. Si gettò nella mischia, con il cuore puro e sublime di un autentico combattente. Sognava un'Italia grande di fronte al mondo ed era disposto al sacrificio per far grande la Patria di fronte al mondo.

Le sue lettere dal fronte sono abbastanza eloquenti per mettere in luce il suo temperamento di autentico ed indomito guerriero, disposto al sacrificio per far grande la Patria. Dal fronte – ricorda ancora Pierluigi Franz- così scriveva al padre, il quale viveva momenti di angoscia e di tormento sapendo che lui si trovava a combattere in prima linea, cercando di rincuorarlo ed assicurarlo:. Così si legge in una delle sue lettere al padre, datata 21 Ottobre 1915: Morì il 16 settembre 1916 sul Carso a quota 144 sulle alture di Monfalcone nella 7^ Battaglia dell’Isonzo , che comportò gravi perdite umane quando alle ore 16 venne colpito alla testa da cinque palle di mitragliatrice austriaca. Una raffica micidiale che pose fine alla sua eroica vita

(QUINTA PARTE- Segue)

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