Garlasco, la verità sepolta nei conti: otto rapporti bancari e 43mila euro movimentano il caso Sempio-Lovati

L’inchiesta della Procura di Brescia smentisce la versione dell’ex difensore di Andrea Sempio, rivelando una fitta rete di conti e transazioni sospette.

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Giovedì 30 Ottobre 2025
Pavia - 30 ott 2025 (Prima Pagina News)

L’inchiesta della Procura di Brescia smentisce la versione dell’ex difensore di Andrea Sempio, rivelando una fitta rete di conti e transazioni sospette.

Il processo sull’omicidio di Garlasco continua a regalare colpi di scena. Nel mirino degli inquirenti questa volta ci sono gli intrecci finanziari che legano la famiglia Sempio all’avvocato Massimo Lovati, ex difensore di Andrea Sempio. Le approfondite verifiche bancarie effettuate dalla Procura di Brescia hanno infatti portato alla luce ben otto conti correnti riconducibili al legale, a fronte della sua nota dichiarazione di non possedere “neanche una lira”.

L’esame dei rapporti di credito evidenzia un panorama variegato: conti adottati per fideiussioni, rapporti cointestati, strumenti digitali internazionali, carte prepagate e persino movimenti legati a società finanziarie ancora da approfondire. Solo uno dei numerosi conti risulta inattivo, mentre gli altri delineano un quadro di attività ben lontano dal profilo del classico assistito ai margini.

A complicare il quadro spuntano anche le dichiarazioni di Daniela Ferrari, madre di Andrea Sempio, che con sarcasmo sottolinea la presunta facilità di “comprare” l’avvocato con due semplici cognacchini, mentre secondo lei la reputazione di Lovati sarebbe ormai distante dai soprannomi del passato. Queste testimonianze diventano parte integrante del dossier sotto la lente degli investigatori.

La questione centrale resta tuttavia quella del denaro: 43mila euro non tracciati, che sarebbero stati consegnati in contanti da Sempio a Lovati tra il 2016 e il 2017. Ammontare importante, oggetto di indagini serrate e di accertamenti sulle modalità di consegna e sulle eventuali fatture mai emesse. Davanti ai vertici disciplinari l’avvocato avrebbe liquidato ogni richiesta di chiarimenti con noncuranza, pungolando ulteriormente il sospetto di una gestione opaca dei fondi.

Gli sviluppi dell’inchiesta promettono di scavare ancora tra i documenti e nei flussi di denaro, alla ricerca di risposte su un caso che ormai va ben oltre la scena del delitto. Il mosaico finanziario svelato dalla Procura apre nuovi interrogativi sulla trasparenza, la verità processuale e il ruolo di chi, fino a ieri, si presentava come estraneo al sistema.


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