Informazione e web, la nuova frontiera passa per leggi nuove e accordi internazionali
Allargare i diritti dei cittadini, no alla dittatura dell’algoritmo.
di Mario Nanni
Giovedì 25 Febbraio 2021
Roma - 25 feb 2021 (Prima Pagina News)
Allargare i diritti dei cittadini, no alla dittatura dell’algoritmo.
‘’ Mentre la bugia fa il giro del mondo, la verità si sta ancora allacciando le scarpe’’, con queste parole attribuite a Mark Twain (o a Churchill), il presidente dell’Ordine dei giornalisti Carlo Verna si è riferito all’erba malsana delle fake news, che infesta il bosco dell’informazione. Il fenomeno dilagante delle fake news nell’universo dei social– cioè delle cosiddette bufale spacciate per notizie – incrocia molti e fondamentali problemi dell’informazione e del rapporto tra democrazia e web.

Questi problemi sono: rischio di dittatura degli algoritmi e di violazione dei diritti dei cittadini che chiedono una informazione corretta e completa; problemi deontologici; , la formazione di chi vuole fare informazione sul internet; i diritti e i doveri delle piattaforme web- Facebook, Google, Amazon, Twitter- verso i cittadini; la necessità di aprire un tavolo di confronto per impostare le linee di una riforma della legislazione sulla stampa, che includa anche nuovi soggetti e fruitori non ancora esistenti al tempo in cui quelle leggi furono fatte (nel 1948 e 1963).

Di questi problemi tra loro intrecciati si è parlato in un convegno on line, e parzialmente in presenza nella sala stampa della Camera dei deputati. Per iniziativa del presidente dell’Uspi Francesco Saverio Vetere, che ha invitato a parlarne il presidente dell’Ordine Carlo Verna, un giornalista – senatore, Primo Di Nicola ( Movimento 5 stelle), il rappresentante della public policy di Google Diego Ciulli, il prof. l’on. Massimilano Capitanio (Lega), che a lungo si è occupato di questi temi. Ha moderato il convegno con domande puntuali Carlo Parisi, direttore di Giornalistiitalia.it e consigliere dell’Inpgi.

In questo panorama dei problemi che – ha detto il presidente Vetere – travalica i confini nazionali e ha una dimensione planetaria, le leggi vigenti non sono più adeguate, occorre farne di nuove, occorrono nuove regole, che valgano almeno per i Paesi dove c’è una democrazia stabilizzata.

In Italia abbiamo un sistema istituzionale arcaico e non si affrontano i problemi nel momento in cui occorrerebbe risolverli; è arcaico anche il sistema organizzativo della stessa editoria. Finora sono arrivate risposte singole e scoordinate da parte dei singoli Stati, occorre invece, anche da parte dell’Unione europea, uno sguardo lungo e una strategia diversa.

Necessario poi è un confronto con le varie piattaforme del web sui temi dei diritti e dell’informazione: è apprezzabile la linea di Google, dialogante, ma non possiamo affidarci alla volontà per quanto lodevole di un singolo player, ci vuole un sistema di regole e di garanzie.

Il presidente Verna ha cominciato con una precisazione metodologica e anche di sostanza indicando la differenza che c’è tra lo statuto e la costituzione: il primo è una concessione, roba da sudditi, la seconda è il frutto di un libero confronto di idee per ricercare nuove regole. A questo proposito Verna ha lanciato l’idea di un ‘’tavolo di confronto’’ tra i vari soggetti coinvolti nei problemi della informazione, delle nuove tecnologie applicate, il potere politico e le piattaforme web. Se il giornalismo deve continuare a fare il cane da guardia della democrazia – ha aggiunto il presidente dell’Ordine – occorre una nuova legislazione per il giornalismo; la legge istitutiva del 1963 è superata, occorre proseguire la riforma degli accessi alla professione. Da quando quella legge fu approvata sono passati circa 60 anni e il panorama complessivo è completamente cambiato, con l’irrompere di altri mezzi di comunicazione e di altri luoghi dell’informazione; è in questo nuovo panorama che alligna l’erba cattiva delle fake news, una malattia, e i giornalisti debbono essere i medici per curare questo morbo.

Il sen. Di Nicola non ha esitato a parlare di una vera emergenza (democratica) nel campo dell’informazione: in Italia abbiamo un universo informativo in cui esistono commistioni terribili tra informazione e politica, tra informazione ed economia. C’è da risolvere il problema di configurare il sistema editoriale e proprietario. Bisogna rivisitare gli assetti organizzativi e istituzionali, che sono rimasti indietro rispetto alle esigenze dei nuovi tempi.

In questo discorso Di Nicola ha incluso i problemi dell’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, a cui ha rimproverato ‘’una cattiva gestione’’. Non parlerei di cattiva gestione, ha replicato Carlo Parisi: non bisogna dimenticare che l’Istituto ha dovuto affrontare i problemi degli ammortizzatori sociali caricandoseli sulle spalle senza intervento dello Stato.

Sulla responsabilizzazione delle piattaforme digitali che si configurano come veri e propri sistemi editoriali si è soffermato l’on. Massimiliano Capitanio. Occorre discuterne in varie sedi, ha detto; bisogna affrontare il tema della formazione di chi vuole fare informazione sul web; cambiare la legge del’63. Non si può lasciare agli algoritmi e all’intelligenza artificiale il modo di fare informazione, tanto più che la gente ormai per informarsi ricorre al web in misura doppia rispetto all’informazione cartacea. Il prof Marco Sciardone ha citato una sentenza della Cassazione del 2014 che riconosce a Facebook la identità dell’agorà virtuale, della piazza immateriale, la cui ratio impone di considerarla come spazio fisico. E quindi , chi decide chi deve entrare in questa piazza o deve uscire? Come ha fatto Twitter quando ha cacciato nientemeno il presidente degli Stati Uniti.

Ma in America – ha ricordato il professore -era stato affrontato il problema anche dal versante opposto, quando Trump bannava (cancellava) dal suo profilo chi non la pensava come lui o lo criticava aspramente. Una sentenza stabilì che non era giusto bannare. In Europa una legge, la digital service act, ha posto l’esigenza di un equilibrio tra i diritti delle piattaforme di comportarsi in un certo modo e i diritti dei cittadini che accedono a queste piattaforme.

A sua volta il rappresentante della public policy di Google Diego Ciulli ha formulato il problema in questi termini: bisogna conciliare l’interesse commerciale con l’interesse etico e l’interesse del cittadino a essere informato. Ciulli ha ringraziato per gli apprezzamenti emersi dal dibattito e diretti a Google proteso in uno sforzo di migliorare la qualità dell’informazione, annunciando investimenti di Google per un miliardo in favore dell’informazione. Poi ha fatto un esempio: Il cittadino che chiede la ricetta per la migliore ribollita deve poter avere davvero la migliore risposta; e se vuole notizie sulle vaccinazioni sarebbe sbagliato dargli solo le posizioni dei no vax.

La frontiera dell’informazione pluralista, su cui poi il cittadino possa farsi una opinione e maturare un suo giudizio, sembra dunque la strada da perseguire. Per ora siamo però alle iniziative individuali (Google). Perché questa strategia sia condivisa e praticata a livello internazionale, perlomeno nel mondo democratico stabilizzato ( frase citata di Vetere), occorre una concertazione di strategie e leggi condivise. Questo il messaggio e la speranza proiettata sull’avvenire ma che richiede risposte già oggi, emersa dall’importante convegno di oggi.

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