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È esistita anche una “buona politica” e sono esistiti anche territori virtuosi, dove il rapporto tra partiti, società e istituzioni ha portato a crescita e sviluppo per tutti, o almeno per quasi tutti, compresa l’imprenditoria locale. È quello che ci ricorda il libro “Giunte rosse. Interviste sul buon governo”, curato da Andrea Ambrogetti, appena pubblicato da Gambini Editore, con introduzione di Fabio Martini.
Undici interviste a undici testimoni che sono tutti ex sindaci o ex assessori di quattro regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche del periodo tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Ottanta, quando la Prima Repubblica non era ancora stata messa in discussione. Ben radicati nell’ideologia del Partito Comunista, che all’epoca si presentava come una alternativa radicale al “regime” democristiano, questi amministratori hanno finito per essere protagonisti di una pagina della modernizzazione italiana sulla quale sarebbe utile che la storiografia ritornasse per approfondirne i caratteri di fondo e le peculiarità delle varie città, province e regioni.
Volendo indicare un punto comune che emerge dalle storie di chi ha amministrato Perugia, Amelia, Orvieto, Arezzo, Ancona, Pesaro, Urbania, Bologna e Imola si potrebbe indicare quello della mancata contrapposizione tra società e “palazzo”. Sarà anche vero che la frattura tra “paese reale” e “paese legale” è una costante della storia italiana ma l’impressione è che le giunte rosse abbiano fatto eccezione, una felice eccezione, con gli amministratori che hanno la stessa estrazione sociale dei cittadini (spesso famiglie operaie o mezzadrili) e, soprattutto, sia governati sia governanti sono molto impegnati in una intensa vita di partito e associativa.
Una volta terminata la lettura di queste interviste ci si pongono inevitabilmente altre domande: la cosiddetta “Terza Italia”, quella delle regioni centrali, è ancora oggi meglio attrezzata rispetto all’arretratezza di quelle meridionali, e al rischio di quelle settentrionali di essere troppo dipendenti dall’industria o da un settore terziario molto indebolito? Il capitale sociale già presente in città ricche di una identità civica e una storia comunale secolare come ha interagito con l’identità politica di sinistra della seconda metà del Novecento? Come è stato possibile che il Partito comunista italiano abbia governato per decenni comuni, province e regioni e non sia mai riuscito ad andare al governo nazionale? Ai posteri l’ardua sentenza. (Pino Nano)