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“Ossigeno, non olio santo- commenta nella sua analisi lo scrittore Mimmo Nunnari- per la città “bella e gentile” di Reggio Calabria” Una analisi impietosa sull’evolzione del Sud del Paese.
“Ossigeno, non olio santo- commenta nella sua analisi lo scrittore Mimmo Nunnari- per la città “bella e gentile” di Reggio Calabria” Una analisi impietosa sull’evolzione del Sud del Paese.
Verrebbe da dire, parafrasando un vecchio articolo di Mario Deaglio sul Sud, “chiamate il prete”, perché non c’è più nulla da fare per la Reggio “bella e gentile” che muore. Ma bisogna pensare - prima di ricorrere all’olio santo per l’estrema unzione - a come superare con l’aiuto “collettivo” di tutti la crisi infinita che sta vivendo la città più popolosa della regione, la più antica, la più ricca di storia, la bella, adagiata come una dea sul litorale dello Stretto. Serve ossigeno, una energica manovra di rianimazione, capace di fermare un declino che sembra inarrestabile. È dovere di tutti tentare: amministrazione, partiti, cittadini, istituzioni.
È tempo di stringere un patto nel momento in cui la crisi si avverte in maniera più evidente, plasticamente, anche per la coincidenza della sospensione (contemporanea) del sindaco, del rettore dell’Università, del presidente (arrestato) della Reggina calcio.
Va cercato il miracolo, bisogna scoprire (anche i laici) - come diceva in anni difficili e tormentati il padre gesuita Vincenzo Sibilio - “qual è il disegno di Dio per questa città”.
La situazione attuale è grave, forse la peggiore della storia recente della città, che pure ha vissuto momenti bui nel suo passato, come quando venne definita “città dolente” (titolo di un libro di Aldo Varano).
Poi però arrivò la ripresa, venne la “primavera”, con sindaco Italo Falcomatà. La città ritrovò l’orgoglio, ripartì, mantenne per un lungo periodo un buon trend di crescita, per poi di nuovo precipitare in un limbo (un orlo) che somiglia al dantesco “primo cerchio che l’abisso cigne”.
Rassegnarsi all’agonia di Reggio però sarebbe un peccato mortale. Per la città che lo scrittore Paul Louis Courier, ufficiale napoleonico al seguito delle truppe del generale Regnier, definì tra le più belle del mondo, un giardino mediterraneo, sarebbe un sacrilegio. Certo, le magie che incantarono Courier sembra abbiano subìto una specie di sortilegio. Lo specchio magico si è rotto, non riflette più splendori, bellezza, ma l’immagine triste di un corpo in decomposizione. E’ difficile dire, senza cadere nei luoghi comuni, quali possono essere le ragioni per cui tutto ciò è accaduto, fino a trasformare le meraviglie in un tormento che fa vivere i reggini dentro uno stagno bollente. Il rischio da evitare è imputare al governo della città la responsabilità di tutto, delle insufficienze, delle carenze, dello scenario desolante attuale. Oggi non c’è nessun esperto in condizioni di spiegare come si governi una città, tanto più se problematica come Reggio.
Ma alla realtà non si può sfuggire e di questo dobbiamo parlare. Reggio, ricostruita dopo il disastroso terremoto del 1908, ha dalla sua la storia e la bellezza: il lungomare più bello d’Italia, parola di Gabriele D’Annunzio, le mura greche, le terme romane, i palazzi Liberty, il museo archeologico più importante del Mediterraneo, due Università, “Mediterranea” e “Dante Alighieri”, un’Accademia di Belle Arti, un Conservatorio musicale e Licei che raggiungono ottimi risultati riconosciuti a livello nazionale, associazioni culturali di prestigio , una Biblioteca che è tra le più antiche del Mezzogiorno. La città custodisce nella sua pinacoteca due tavolette di Antonello da Messina raffiguranti “San Girolamo penitente” e “La visita dei tre angeli ad Abramo” e non si può escludere che il “San Michele Arcangelo che uccide il drago” ospitato nel Piccolo Museo San Paolo, non possa essere attribuito anch’esso al “grande messinese”.
Tre opere nella stessa città, di uno dei più importanti pittori del 400 italiano, sono un record, considerato che in tutto il mondo sono circa sessanta i dipinti di Antonello. Nonostante il suo notevole patrimonio storico, artistico e culturale, Reggio appare però come una città decaduta, tradita, dentro e fuori dalle sue mura. Le sue strade hanno più buchi del formaggio svizzero, cumuli di spazzatura la sommergono, solo nel quadrilatero dei palazzi istituzionali si spazzano piazze e vie tutto il resto del territorio è lasciato nella sporcizia, a cominciare dai borghi, dai balconi collinari che affacciano sulla grande bellezza del panorama dello Stretto. Luoghi dove i cumuli di immondizia sono “colline di spazzatura davanti ai portoni delle case” dice Angelina De Salvo, dirigente regionale del Mibact, ma soprattutto “volontaria”, promotrice di un gruppo di concittadini che in silenzio operoso si è rimboccato le maniche: ripulisce scale, piazze, giardini pubblici, siti archeologici.
Hanno cominciato scoprendo lo scempio che devastava la scalinata della Giudecca, l’hanno restituita alla sua bellezza, i ragazzi l’hanno vista per la prima volta. Recuperano, puliscono, mettono piante a dimora, dove c’è il degrado: “E’ il bello del volontariato” ha postato De Salvo sul suo profilo social.
Sono i piccoli gesti che a volte fanno svoltare. In sociologia si insegna la teoria del piccolo gruppo che diventa massa, e cambia le cose. Sono molte le cose che bisogna cambiare nella città in cui si è registrato un impetuoso e disordinato processo di espansione. Lungo è l’elenco dei disastri, delle ferite, delle incompiute con in testa il Palazzo di Giustizia che somiglia ormai ad una nave incagliata. Nell’elenco ci sono teatri mai completati, parcheggi rimasti sulla carta, impianti sportivi degradati, asili nido e in genere l’edilizia scolastica che è solo una targhetta sulla porta dell’assessore. Lo spettacolo del tapis roulant che dovrebbe collegare la città bassa con la città alta è osceno, è emblematico della situazione attuale delle città. Le forme architettoniche dell’impianto sono vagamente liberty, ma la struttura metallica è come un serpente morto, è il segno della inesistente politica di manutenzione, la fotografia del degrado raggiunto anche nel centro storico.
Sarebbe tuttavia ingiusto puntare il dito contro chi siede attualmente a Palazzo San Giorgio. Stanno lì, sono gli eredi del sindaco sospeso Giuseppe Falcomatà. Fanno quel che possono. Lo sfascio c’era già prima è c’è anche adesso. Falcomatà, sospeso per una condanna che ha fatto scattare per lui la ghigliottina della legge Severino, aveva la possibilità di passare il timone al vicesindaco Tonino Perna, sociologo ed economista di fama internazionale, notoriamente un uomo “del fare”, ma è scivolato nel tatticume politico e non l’ha fatto.
Ha “licenziato” il vicesindaco preferendogli un uomo di sua fiducia, senza dire grazie all’esterno che aveva accettato il ruolo per amore verso la sua città.
Sarebbe comunque superficiale giudicare o pensare di avere in mano la verità, che è variabile e cambia secondo i punti da dove si osserva. La situazione di Reggio non esclude responsabilità dei cittadini.
Su questo stesso giornale il professore universitario Isidoro Pennisi ha scritto nei giorni scorsi che Reggio, in ogni sua componente, “dovrebbe maggiormente riflettere sul ruolo che essa ha e ha avuto nel contesto descritto”. Il riferimento di Pennisi era rivolto ai fatti dell’Università “Mediterranea” ma la riflessione riguardava la città, in tutte le sue componenti. I cittadini, hanno un ruolo fondamentale, importante, decisivo. Non dimentichiamo che sindaco e amministrazioni sono eletti da cittadini elettori che si assumono la responsabilità delle loro scelte. Quando è possibile scegliere, naturalmente, poiché nelle passate elezioni la scelta era una strada obbligata.
Il Centrosinistra ha vinto perché il centrodestra, che avrebbe potuto mettere in campo figure di primo piano, ha fatto harakiri, subendo l’imposizione di un candidato voluto dal leader leghista Matteo Salvini. Esempio da manuale della politica coloniale centrale e della sudditanza locale.
Il risultato è che Reggio affonda. Come in altre terre nel mondo belle ma inquiete manca l’armonia operosa per accompagnare il progresso. Si tratta di luoghi complicati, che non hanno fatto il loro ingresso nella modernità, sono rimasti tagliati fuori dal futuro, nonostante la grande storia che è alle loro spalle. Reggio oggi ha bisogno di volare alto per poter fare un salto di qualità senza il quale non c’è futuro. Continuare così, come sembra voler fare l’amministrazione comunale in carica salda anche per via di un’opposizione che si oppone “senza proporre” sarebbe un errore fatale, perdere quel che resta della propria reputazione, dimostrare di non avere coscienza del proprio ruolo.