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Alberto Cosi, 62 anni, visitò per la prima volta la Thailandia nel lontano 1986 su invito di quella che sarebbe poi divenuta la prima moglie. Nativo della provincia di Ravenna ma emigrato giovanissimo con la famiglia in provincia di Brescia, ha trovato col tempo la sua strada professionale nella fotografia, che continua tutt’oggi a praticare lavorando per grandi gruppi turistico-ricettivi, prestigiose catene d’alberghi e conglomerati societari. Dallo scorso luglio riveste anche il ruolo di Console per la Thailandia del Nord.
“Sono felice di essere stato scelto come Console, onorato di poter servire lo Stato italiano nei modi e nelle possibilità che mi sono consentite in tale ambito”. Spirito giovanile, un occhio sempre attento alle cose del mondo, della realtà di tutti i giorni ma con un’angolazione particolare, com’è tipico del fotografo.
Molti, seguendo i più svariati percorsi, giungono in Thailandia con un patrimonio umano alle proprie spalle di varia natura. Qual è stato il suo personale iter, com’è giunto a decidere di vivere in Thailandia continuativamente ormai da 19 anni?
Quando mi trasferii per la prima volta a Chiang Mai (dal 1991 al 1996) la realtà che trovai qui era ovviamente molto differente da quella che avevo lasciato a Milano, dove ebbi un percorso di formazione culturale molto raffinato, lavorando come segretario di un affermato stilista prima e come direttore di una galleria d’arte poi ma comunque sempre nell’ottica inurbata e la rete di servizi che caratterizza lo stile di vita nella nostra Nazione.
Chiang Mai, allora, aveva ancora uno spirito improntato alla dimensione agricola, una qualità di vita molto più genuina, più semplice: poche automobili, frotte di bimbi in bicicletta all’uscita della scuola, il sorriso facile e spontaneo di tutti. Successivamente, negli anni, Chiang Mai, un po’ come una allegoria della intera Thailandia, è molto cambiata e ha perso quell’aspetto un po’ sornione e gaio per assumerne uno nuovo, quello più contemporaneo dedito al commercio, alle attività economiche più tipiche dei contesti urbani moderni. Oggi Chiang Mai è una città dal sapore decisamente più internazionale, è cambiata strutturalmente ma è cambiata anche nelle persone. Un tessuto urbano più motorizzato, più trafficato, si pensa maggiormente al guadagno, alla facciata delle cose, è teatro di grossi investimenti, sono cambiati i parametri di misurazione del valore delle cose.
Un cambiamento che potremmo dire, di tipo antropologico-culturale?
Assolutamente sì. Le molteplici etnie minori che popolano le valli e montagne circostanti hanno ormai abbandonato i loro magnifici costumi tradizionali per adeguarsi e livellarsi al piu’ cosmopolita jeans e camicia e persino la tradizionale lingua Lanna -con le nuove generazioni- sta ormai scomparendo. Tutto è confluito in una lingua più moderna ma che veicola un punto di vista sulle cose del mondo parecchio differente rispetto alla lingua originaria.
Quanto ha influito, più recentemente, su tutto questo processo evolutivo, il fattore della pandemia da Covid?
Ha svolto un impatto notevolissimo, possiamo dire che -anche in Thailandia- c’è un “prima” e un “dopo” l’ingresso del Covid sulla scena nazionale. L’Agricoltura, cioé l’Economia primaria, ha continuato il suo lavoro e la sua produzione e questo ha tenuto insieme la Nazione, ha coperto le sue necessità in un momento difficile qual è stato -ed ancora è- quello del Covid. Ma tutti gli altri settori economici, dai servizi al commercio, hanno risentito pesantemente delle restrizioni di spostamento e sono entrati in una fase di sospensione temporale, di stasi, in attesa dell’allentamento progressivo delle misure restrittive anti-Covid. L’emergenza pandemica ha avuto il suo macroscopico effetto in particolar modo sul Turismo, che per due anni è stato letteralmente annullato. Prima c’erano vere e proprie “orde” di turisti che arrivavano da ogni angolo del mondo ma quando il Covid è apparso sulla scena thailandese, improvvisamente, nell’arco di pochi giorni, il Turismo è stato letteralmente azzerato. E’ come quando prima avevi intorno la nebbia e non si vedeva nulla e tutt’a un tratto, con un refolo di vento, la nebbia sparisce ed appare la realtà. E la realtà che è apparsa è stata immediatamente difficile da affrontare. Ho assistito in prima persona a scene che non dimenticherò mai, nella mia vita, come le code di centinaia di metri, di persone in fila per ricevere del cibo gratuitamente, perché le proprie piccole attività economiche soprattutto familiari, il proprio negozio, il proprio locale, avevano chiuso e non c’era più alcuna fonte economica di approvvigionamento. Perché -a differenza che in Italia o altre Nazioni occidentali- qui in Thailandia non ci sono forme compensatorie di natura pubblica, non ci sono fondi governativi a sostegno delle imprese in stato di crisi, se non in minima parte, una parte davvero molto piccola. Insieme a quelle scene che potrei definire strazianti, però, ne ho viste anche altre che allietano il cuore: il solidarismo del popolo thailandese ha cercato di fare ogni sforzo per venire incontro alle classi disagiate e fragili della società thailandese, i cittadini si son sostenuti l’un l’altro, moltissimi spontaneamente portavano del cibo magari ad un vicino in difficoltà, senza che nessuno gli avesse chiesto alcunché, anche con dignità, nonostante le grandi difficoltà del momento. La visione buddhista, empatica e compassionevole, permea la Cultura Thai e questo aiuta a confidare nello sviluppo positivo degli eventi, senza cadere nel panico. Oggi, la situazione sta lentamente migliorando, le misure restrittive sono state via via allentate, i turisti cominciano a riaffacciarsi, il Governo nazionale cerca di sopperire incentivando il Turismo nazionale, di sfruttare le proprie vacanze in Thailandia mentre le catene ricettive stanno offrendo pacchetti turistici con prezzi molto competitivi, in alcuni casi, circa la metà dei prezzi precedenti al Covid.
Un’ultima domanda, come si evolverà tutto questo, dal suo punto di vista e -sperimentando quotidianamente nel suo ruolo di Console la tipologia di difficoltà che possono o debbono affrontare gli italiani in Thailandia- cosa sente di poter dire a riguardo, anche in termini di incoraggiamento?
Al momento è difficile riuscire a scrutare il tipo di evoluzione che avrà la situazione connessa al Covid o al post-Covid, se vogliamo definirla in questo modo. Ogni giorno, ci sono dati più o meno confortanti o più o meno sconfortanti sulla diffusione del Covid nel Paese, conseguentemente mutano anche le modalità per uscire ma soprattutto per entrare in Thailandia, si tratta di una materia complessa e che cambia praticamente giorno per giorno. Per quanto riguarda, invece, i potenziali investitori, posso prefigurare una situazione che non potrà che migliorare e che si può tornare ad immaginare di investire capitali e professionalità in Thailandia ma bisogna farlo con una programmazione matura e basata su una buona conoscenza della legislazione locale, del mercato thailandese e delle opportunità che offre nelle varie tipologie economiche e commerciali, in materia fiscale, della gestione del lavoro, delle regole relative alla permanenza sul territorio thailandese. Si tratta, cioè, di una scelta che va ben ponderata a monte.