Enzo De Maria & Il disastro ferroviario in Calabria del 1951, 9 morti e 41 feriti tra Mileto e Vibo Marina

Appena fresco di stampa “I ponti non dovrebbero crollare mai, racconti e documenti sul disastro ferroviario della Littorina Mediterranea-FCL nella Calabria del 1951”, 134 pagine, Editore Meligrana, lo ha scritto il medico-scrittore Enzo De Maria.

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Sabato 09 Novembre 2019
Roma - 09 nov 2019 (Prima Pagina News)

Appena fresco di stampa “I ponti non dovrebbero crollare mai, racconti e documenti sul disastro ferroviario della Littorina Mediterranea-FCL nella Calabria del 1951”, 134 pagine, Editore Meligrana, lo ha scritto il medico-scrittore Enzo De Maria.

Enzo De Maria & Il disastro ferroviario in Calabria del 1951, 9 morti e 41 feriti tra Mileto e Vibo Marina
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“Che tenerezza quel pezzetto di umanità in cammino, in una notte fredda, su un piccolo treno del Sud! L’automotrice “Emmina M1-36” della ferrovia Mediterranea-FCL, partita con il buio da Mileto quel sabato 17 novembre 1951, avanza lentamente su piccoli binari, nel fragore del suo motore diesel. Accoglie a bordo umili persone fermandosi in stazioncine e caselli.

Il suo compito è arrivare all’alba al porto di Vibo Marina, prima dell’apertura delle fabbriche, in tempo per la coincidenza con i più grandi treni elettrici delle Ferrovie dello Stato che collegano Vibo a Reggio o a Napoli.

Quel trenino, però, a Vibo Marina non vi giungerà mai!” Medico chirurgo, bravissimo epatologo, ma soprattutto intellettuale di grande tradizione familiare, a 67 anni compiuti Enzo De Maria veste i paramenti sacri dello storico, e ci propone un saggio di grande rilevanza sociale per la storia della Calabria, che ricostruisce e rimette finalmente fuoco i dettagli assolutamente inediti di una delle tragedie ferroviarie più drammatiche degli anni 50 in Calabria, era la mattina del 17 novembre 1951, e alla fine il bilancio fu pesante, 9 morti e 41 feriti.

“A settant’anni da quell’incidente ferroviario, avvenuto nel tratto tra Pizzo Calabro e Vibo Marina, a causa del crollo del ponte Ciliberto e che arrecò tanto dolore e laceranti ferite, ancora aperte -anticipa Enzo De Maria- oggi vorremo contribuire ad onorare le persone, le famiglie e le comunità di appartenenza, conservare la memoria dell’evento e fornire stimoli per eventuali approfondimenti e ricerche per una piena giustizia, per il dovere della verità.

Crediamo, inoltre, che questo piccolo lavoro possa inserirsi in quel processo di mantenimento dell’identità locale, in una prospettiva di crescita e di stimolo all’impegno civile per salvaguardare in ogni tempo il bene comune”. Per il vecchio chirurgo vibonese non devono esserci più dubbi: “Dobbiamo richiedere -dice con il suo piglio di sempre- che ogni opera d’ingegneria e, per quanto narriamo, in particolare i ponti – al Sud ed in tutta Italia – siano costruiti con cura, controllati di continuo, manutenzionati in tempo... perché da soli i ponti non dovrebbero crollare mai”.

Il crollo del ponte Morandi, che ha ferito Genova il 14 agosto 2018, ha riproposto il problema dei viadotti costruiti male, abbandonati totalmente, senza controllo strutturale e statico, senza manutenzione preventiva e senza alcuna valutazione della sicurezza fatta da tecnici esperti e con moderni mezzi elettronici; tutte mancanze che portano grandi risparmi alle società di gestione degli stessi ma che mettono a rischio la vita di tutti noi! Ha perfettamente ragione Enzo De Maria quando sostiene che “Forse perché i tempi sono cambiati o forse perché accaduto in un’altra parte d’Italia, il disastro del Morandi ha richiamato immediatamente l’attenzione dei mass media, della politica e del governo, dei tecnici e della magistratura ma anche una maggior consapevolezza del cittadino su rischi e prevenzione... mentre sono già iniziati i lavori di ricostruzione del nuovo ponte.

Sullo sfondo dell’incidente ferroviario della “Littorina” del 1951 si intravede il quadro di una Calabria da sempre isolata e sfruttata, le ragioni dei forti, portate avanti come sempre con non curanza, e la povertà della gente chinata nella quotidiana sussistenza a barcamenarsi tra carenze di strutture e di servizi e a guardare – con grandi sacrifici – alla scuola come unico elemento di riscatto per i figli”. La tesi dello scrittore è incontestabile: “Parliamo -dice- di un disastro ferroviario che fu tra i più gravi del dopoguerra, non imputato ad un errore umano o a un difetto tecnico del treno, ma al collasso strutturale del ponte Ciliberto, mentre le altre opere murarie della linea sembrano ancora resistere nel tempo. All’epoca, forse, non se ne parlò a sufficienza né in Parlamento né sulla stampa nazionale”.

E qui la ricostruzione storica, meticolosa, dettagliatissima, corredata di fotografie inedite, per più di mezzo secolo rimaste gelosamente custodite negli scaffali dall’Archivio di Stato di Vibo Valentia. Non a caso il grazie del medico-scrittore all’Archivio di Stato: “In particolare, mi preme ringraziare vivamente l’Archivio di Stato di Vibo Valentia, la direttrice, dott.ssa Maria Filomena Di Renzo, e tutto il personale, per avermi ben accolto e messo a disposizione tutti i documenti, fascicoli processuali e fotografie riguardanti la tragedia in questione, materiale, è bene ricordare, solo da poco tempo nella disponibilità dell’Archivio: un patrimonio da divulgare nell’interesse socio-culturale di tutti” Il procedimento giudiziario per il disastro ferroviario della “Littorina M1320” nella Calabria del 1951-scrive Enzo De Maria- “venne subito avviato dal Pretore di Pizzo, dott. Mario Zema, successivamente dal Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Gaetano Monteleone.

Furono ascoltati molti testimoni, vennero richieste diverse importanti perizie tra cui, nell’imminenza del disastro, quella tecnica dell’ingegnere Calogero Nucera e del geometra Domenico Teti, molto accurata e completa; quella richiesta al professore Franco Levi, docente di Scienze delle Costruzioni del Politecnico di Torino, che fornisce dati sconcertanti sulla proprietà chimiche-fisiche-meccaniche dei materiali; quella dei professori Pietro Pozzati e Bruno Bottai, dell’Istituto di Scienze delle costruzioni stradali e ferroviarie dell’Università di Bologna, chiamati dal P.M. ad esprimere un giudizio sull’esattezza o meno dei dati assunti dalla prima perizia; e, in ultimo, la Relazione della Società Mediterranea FCL. L’incarico di effettuare i primi rilievi fotografici venne dato dal Pretore Zema a Nunzio Barbagallo, fotografo di Pizzo; successivamente, nel marzo 1952, un altro incarico fotografico fu affidato al fotografo Demetrio Nicotra di Vibo Valentia, probabilmente su richiesta delle FCL. La vigilanza dei luoghi del disastro iniziò il 21 novembre 1951”.

Il procedimento penale della Littorina- ricorda Enzo De Maria - si aprì il 17 novembre 1951, subito dopo l’incidente, “a carico di ignoti imputati del delitto di cui all’art. 449 del Codice Penale per avere, per colpa, cagionato un disastro ferroviario” e si concluse il 7 ottobre 1954 con una sentenza della Corte di Appello di Catanzaro – presidente dott. Giuseppe Montalto – in cui si dichiara di: “Non doversi procedere per il delitto di cui all’art. 449 del C.P. per essere rimasti ignoti gli autori”. Nella stessa importante sentenza – che il saggio di Enzo De Maria ripropone integralmente insieme ad altri documenti affinché ognuno possa formarsi correttamente un’opinione – si legge testualmente che: “Pur non esistendo elementi sicuri per affermare che prima del crollo si siano manifestati dei segni premonitori, tuttavia per quanto emerso porrebbe senza dubbio in rilievo una responsabilità che, pur non essendo penalmente perseguibile per essere rimasti ignoti gli autori, non identificati allo stato, in relazione al tempo in cui si sono verificate, non scagiona peraltro la responsabilità civile della Società italiana Strade Ferrate del Mediterraneo-Ferrovie Calabro Lucane, per quegli elementi di imprudenza e negligenza che si colgono a piene mani attraverso quanto innanzi ricordato”. Per la parola “fine” - conclude il medico-scrittore “Bisognerà attendere dieci anni, un successivo disastro ferroviario, quello della Fiumarella di Catanzaro del 23 dicembre 1961 – che causò molte vittime – per scatenare un acceso dibattito in Parlamento che portò nel 1963 alla revocata della concessione alla Società Mediterranea-Ferrovie Calabro Lucane ed all’istituzione di una nuova gestione commissariale governativa delle Ferrovie Calabro Lucane”.

I passeggeri deceduti nel disastro ferroviario vennero accolti nella Chiesetta della “Madonnella” di Vibo Valentia. Enzo De Maria ne ricorda i nomi di ciascuno: CARBONE GIUSEPPE di anni 31 di Delianova carabiniere scelto alla stazione CC di Rombiolo, VERO BERARDO di anni 35 di Sorbo San Basile residente a Vibo Valentia insegnante, GRADIA CLEMENTINA di anni 45 di Vena Media, casalinga (accompagnava la figlia insegnante), MAZZITELLI FRANCESCO di anni 44 di Vena Media operaio del Cementificio, COMITO MICHELE di anni 39 di Vibo Valentia operaio del Cementificio, FRESCA GIUSEPPE di anni 36 di San Costantino Calabro operaio del Cementificio, MAMONE FRANCESCO di ani 31 di Vena Media, operaio del Cementificio, FRANCOLINO GIUSEPPE di anni 28 di Vibo Valentia insegnante deceduto durante il trasporto in Clinica Banna; CICHELLO ANTONIO di anni 34 di San Costantino Calabro, operaio del Cementificio, in gravi condizioni decedeva a S. Costantino dopo alcuni giorni.

CHIARELLA GREGORIO di anni 44 di Vena Media, operaio del Pastificio Gargiulo di Vibo Marina ricoverato in gravi condizioni per diversi mesi alla clinica Teti di Sant’Onofrio.

Il libro sarà ora presentato in forma ufficiale il prossimo 16 novembre a Vibo Marina dove la Pro Loco da anni ormai ricorda e onora i caduti di quella tragedia.

Come dire, un appuntamento da non perdere.


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