Grandi Giornalisti, Pino Aprile e il suo ultimo romanzo in difesa del Sud
"Io voglio un uomo solo. Voglio sceglierlo io. E dev’essere pieno di universi". È un’indimenticabile storia d’amore e libertà, con una giovanissima, magnetica protagonista, il primo romanzo storico del giornalista Pino Aprile, appena fresco di stampa per Libreria Pienogiorno.
di Pino Nano
Mercoledì 04 Ottobre 2023
Roma - 04 ott 2023 (Prima Pagina News)
"Io voglio un uomo solo. Voglio sceglierlo io. E dev’essere pieno di universi". È un’indimenticabile storia d’amore e libertà, con una giovanissima, magnetica protagonista, il primo romanzo storico del giornalista Pino Aprile, appena fresco di stampa per Libreria Pienogiorno.

Pino Aprile questa volta supera sé stesso, e da vecchio grande storico cronista del giornalismo italiano si trasforma in un efficacissimo romanziere.

La brigante bambina”, l’ultimo suo romanzo appena uscito in libreria narra la vicenda di Cerasella, costretta dagli eventi a farsi capobanda e a prendere la via del bosco, dove incontrerà altre formidabili combattenti, tutte alla testa di gruppi temibili. Una grande epopea, che restituisce – dice Pino Aprile- dignità a una storia troppo a lungo misconosciuta.

Ma alla base di tutto, e forse anche al centro di questo nuovo romanzo, rimane quella che in molti nel mondo della comunicazione italiana chiamano ormai da tempo “la filosofia Aprile”, e che Pino Aprile sul suo blog sintetizza in questo modo.

“Fa’ quel che devi, accada quel che può”, è la mia regola. Se ti fai condizionare dai rapporti di forza (ma “loro” hanno tutto: giornali, tv, soldi, potere…) o dalle conseguenze possibili (non otterrai nulla, in compenso ti schiacceranno) non troverai mai il momento giusto per agire. Mentre l’unica cosa che conti è la ragione di agire: se c’è, fallo. E basta. Come? Don Luigi Sturzo disse: chi sa scrivere scriva, chi sa cantare canti, chi ne è capace, faccia politica. Sono nato nel 1950, sono cresciuto in una casa popolare, ho avuto ottimi genitori. Quello che ho scritto mi ha caricato di responsabilità verso gli altri e il futuro (ho un nipote…) e ora devo risponderne. Sono qui per questo”.

Per il grande cronista, “Dolore e danni delle vicende narrate in questo nuovo romanzo condizionano ancor oggi, in modo quasi sempre inconsapevole, la vita degli italiani, non solo del Sud, e il destino del Paese”, che da quella guerra non fu unito, ma diviso.

“La brigante bambina- spiega l’autore- tratta in forma di romanzo del più controverso e mal raccontato periodo della storia d’Italia: il Risorgimento, ovvero l’invasione del Regno delle Due Sicilie per conquistarlo e annetterlo a quello sabaudo e così far nascere, a mano armata, lo Stato italiano. I libri di storia raccontano i fatti, ma quali e come, lo decide, al solito, il vincitore, all’interno di un sistema di potere nel quale trova più facilmente spazio e ascolto chi lo asseconda. Riuscite a immaginare uno storico turco che narri il genocidio degli armeni nelle università del suo Paese? Rispettando le proporzioni, non è diverso altrove, né lo è stato in Italia a riguardo di ciò che accadde al Sud per unificarla. Il che si traduce in educazione dei vinti all’accettazione della sconfitta, al ruolo gregario “sancito dalla Storia”.

Pino Aprile è una vera e propria macchia da guerra, professionista come pochi e di grande talento, e come tutti gli intellettuali che si occupano dei Sud del mondo, il grande cronista non ha nessuna esitazione a denunciare uno stato di cose di cui per decenni si è volutamente taciuto.

“Nel riferire i fatti, pur se orientati, e nel valutarli, i libri di storia trasmettono anche sentimenti, ma in modo non dichiarato, indiretto, spesso inconsapevole, perché da quei fatti si ostenta una distanza, ex cathedra, che dovrebbe garantire obiettività. Ma è un inganno, non sempre voluto. I romanzi, invece, in modo palese, schierato, trasmettono sentimenti nel riferire di vicende storiche reali o che di quelle hanno i colori, i suoni, persino i protagonisti, in alcuni casi, ma non necessariamente molto più di questo. Eppure, spesso nel lettore si radica come più vera “la storia appresa dal romanzo”, proprio perché veicolata da un sentimento (è noto che la memoria getta radici più profonde e stabili, se non è “fredda”), rispetto a quella ufficiale, peraltro spesso altrettanto artefatta. Avendo il vincitore il dominio della comunicazione, la versione dei vinti, ove non ugualmente soffocata da un potere oppressivo, viene dall’arte (vedi Guernica di Picasso), dalla musica (vedi Brigante se more, di Eugenio Bennato), dalla letteratura (vedi La masseria delle allodole di Antonia Arslan, sul genocidio degli armeni, o L’eredità della priora di Carlo Alianello) e, soprattutto, da quelle forme di racconto popolare in cui si cristallizzano sentimenti e risentimenti (cantastorie, nenie, filastrocche, teatro popolare, memorie familiari)”.

Chi l’avrebbe mai sospettato? E soprattutto, chi l’avrebbe mai scritto con i toni così accesi e appassionati con cui fa ancora una volta il padre spirituale dei “terroni meridionali”?

“Non intendo fare una troppo lunga premessa, ma questa – scrive Pino Aprile- mi pareva necessaria per dire delle mie ragioni, e che quasi niente di questo romanzo è inventato: sì, la coppia dei protagonisti e qualche altro personaggio, e i dettagli, i colloqui, ma tutto il resto si rifà a vicende reali, pur se adattate alle esigenze del racconto. La deformazione più evidente e grande è quella dei tempi: fatti accaduti in alcuni anni sono concentrati in pochi mesi, quindi non necessariamente li troverete”

Veniamo alla Storia.

Luisa ha sedici anni, è vivace, appassionata, gran conoscitrice dei poteri delle erbe, atavicamente allergica al sopruso. Capelli folti, lunghi sulle spalle, occhi grandi color della terra bagnata, profondi come due pozzi, e una bocca rosso ciliegia che fin dalla culla le ha dato in sorte il soprannome di Cerasella. Quando da ragazzina sta per sbocciare donna, l'invasione del Regno delle Due Sicilie da parte dell'esercito sabaudo per unificare l'Italia farà di lei una brigantessa, costretta dagli eventi a prendere le armi e la via del bosco, insieme al fratello e a un mite maestro, Antonio. Sarà la loro piccola banda a concepire il progetto di unire, sotto un unico comando e una sola strategia, tutte le formazioni sorte per contrastare l'occupazione militare. E sarà proprio lei, la più piccola di tutti, la Brigante Bambina, a guidare le peregrinazioni del gruppo in una terra devastata da un esercito invasore e da bande contrapposte, rivelando grandi doti di saggezza e di coraggio. Cosa non insolita, si vedrà, perché la guerra si farà tempo di emancipazione per molte donne: nella loro odissea fra formazioni di resistenti, i nostri incontreranno, alla testa di bande temibili, Michelina Di Cesare, la terribile Ciccilla e altre formidabili combattenti che la passione per i propri uomini e per la libertà ha portato ad unirsi alla lotta. Con indimenticabili protagonisti che attraversano gli accadimenti di una storia per molti versi ancora misconosciuta, Pino Aprile dà vita all'epopea di un popolo e a un emozionante romanzo d'amore e libertà.

Se fosse un giornale e non un libro, o meglio ancora un romanzo, diremmo che siamo di fronte all’ennesimo scoop di un grande giornalista italiano, che utilizza la prosa e la metrica del romanzo per ricostruire quello che lui chiama “un genocidio negato nei numeri e nelle intenzioni, che riemerge a distanza di un secolo e mezzo, nonostante le pur altissime denunce di tanti intellettuali e politici, sin dai primi momenti, inclusi Garibaldi, Nino Bixio in Parlamento, o il duca Proto di Maddaloni, il filosofo milanese Giuseppe Ferrari, e tanti altri, sino ad Antonio Gramsci, comunista, Angelo Manna, del Movimento sociale, Carlo Alianello, Giordano Bruno Guerri e Giuseppe Gangemi, per citare solo alcuni italiani, perché molto più facile è sapere della nostra vera storia leggendo autori e storici stranieri, da quelli contemporanei degli eventi, a quelli di oggi, fra cui John Anthony Davis e Denis Mack Smith”.

Un libro, insomma, da leggere dall’inizio fino alla fine.


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